Who I Am
Non so se ve ne siete mai accorti, cari i miei 7 lettori, ma io sono un fan accanito degli Who, sfegatato addirittura e, se vi sembra strano o sciocco per qualcuno della mia età, è solo perchè non avete mai ascoltato gli Who. Gli Who sono stati un fenomeno particolare all’interno della musica rock, molto più che una semplice band, nonostante i suoi componenti fossero la massima espressione tecnica relativamente agli strumenti che suonavano. Gli Who erano una manifestazione artistica trasversale e questo esclusivamente a causa del loro sommo leader, l’autore di quasi tutte le canzoni, il grande innovatore, il genio: Pete Townshend.
Pete Townshend era un artista a tutto tondo, capace di eccellere in qualunque branca dell’arte avesse scelto di cimentarsi, per nostra fortuna, e per sfortuna degli appassionati di pittura, scultura, fotografia, recitazione, letteratura, alpinismo, a un certo punto della sua vita decise di dedicarsi alla musica con i magnifici risultati davanti agli occhi di tutti: non solo ha scritto e registrato (con gli Who o da solo) decine di album tra i quali quattro opere rock (e mezza) ma, giacchè c’era, ha pensato bene di rivoluzionare il modo di suonare il suo strumento, inventando i power chord e introducendo il feedback, immaginando un nuovo sistema per amplificarlo e spingendo Jim Marshall a costruire su sue particolari specifiche quegli amplificatori diventati poi leggendari in tutto il mondo, architettando un inedito stile per le sue esibizioni e qui vi basta dare una occhiata a un qualunque filmato degli Who degli anni ’60 per capire di cosa stiamo parlando. Pete Townshend è stato anche un innovatore per quanto riguarda il lavoro in studio, costruendosene addirittura molti casalinghi e in seguito facendolo anche per i suoi colleghi, introducendo i sintetizzatori all’interno delle incisioni degli Who in una forma unica e talentuosa, diventando un esperto di computer quasi prima che si capisse quanto i computer potessero essere utili alla musica. Pete Townshend è stato un pioniere per tutto questo e per molte altre cose ancora.
Infine ha deciso di scriversi la sua propria autobiografia. Lo ha fatto da solo e non, come molti suoi colleghi, con “l’aiuto” di un giornalista, di uno scrittore o di un gosth writer, lo ha fatto in solitaria perchè, come abbiamo già detto, lui è un vero artista e avendo composto centinaia di canzoni, articoli, diari, lo scrivere un banalissimo libro non gli presentava difficoltà alcuna, ci mancherebbe. Ci ha impiegato un po’ di anni, anche perchè le mille e più pagine del manoscritto finale hanno richiesto un lungo lavoro di revisione che le ha portate alle quasi cinquecento attuali, ma il volume è qui, adesso, si intitola Who I Am e io l’ho letto per voi.
Qualcuno ha presentato Who I Am come la più esplosiva biografia rock di tutti i tempi ma, almeno secondo i parametri con i quali personalmente definisco le cose esplosive di varia natura, questa biografia e tutt’altra cosa. Who I Am è la storia della vita di Pete Townshend narrata da lui medesimo con la sua consueta schiettezza e senza peli sulla lingua ma, attenzione attenzione, è una storia narrata da un Pete Townshend maturo, conscio degli innumerevoli errori commessi in passato, degli handicap che lo hanno ostacolato e delle fortune che lo hanno accompagnato, un Pete Townshend più tollerante e conscio dell’importanza dei vari comprimari di quanto lo fosse in gioventù, un Pete Townshend anziano che, come tutti gli anziani, vorrebbe essere perdonato per tutto e pronto a perdonare tutto.
La prima parte del volume è dedicata all’infanzia, un periodo estremamente importante, considerando l’intensità e addirittura la “violenza” con cui ha condizionato la totalità delle scelte successive di Pete, artistiche e no, tutto raccontato con romanticissima crudezza, proprio nel modo in cui ce lo aspettiamo, quello tipico del personaggio.
Dall’infanzia si passa, in poche pagine, agli Who e al successo interplanetario, minimizzando tutta la parte relativa agli incontri e alla gavetta così come quasi sempre capita nelle autobiografie, anche nelle migliori, senza che io riesca a comprenderne la ragione, visto che è la parte che preferisco in assoluto e sicuramente la più appassionante. Comunque sia da questo punto in avanti al lettore viene presentata la storia dietro le quinte di un fenomeno di massa e gli vengono confidati alcuni segreti in realtà ben conosciuti da tutti i fan: il non essere appassionato di groupie del nostro eroe, una certa bisessualità latente e tutto il resto, quello che non vedevamo l’ora ci fosse confermato o smentito.
Insomma, attraversiamo la vita di Pete insieme a lui, e soffriamo con lui per un sacco di cose come il deteriorarsi del suo matrimonio, il fatto che per sentirsi vivo avesse bisogno di gettarsi anima e corpo nel lavoro alienandosi il resto dell’umanità, famiglia compresa. Ci domandiamo poi perchè sentisse la necessità di comprarsi tutte quelle case e perchè avesse l’urgenza di allestirsi così tanti studi personali. Seguiamo tutte le sue iniziative, i suoi innamoramenti, le sue discese negli inferi e le sue risalite se non in paradiso almeno in superficie e ci rendiamo conto che questa più che una autobiografia è, per Pete, una sorta di autoanalisi che probabilmente gli è stata utile per crescere e affrontare con relativa serenità un altro stadio della propria vita.
Per noi è una occasione per entrare, finalmente, nella testa di un genio della musica rock. Io l’ho fatto finendo d’un fiato Who I Am, cercando di rapportare quello che stavo leggendo a quanto avveniva nel mondo nelle varie epoche raccontate e a quello che io facevo in quel momento. Voi più giovani non potrete certo contestualizzare così questo libro, ma credo che vi piacerà molto ugualmente. Buona lettura.