Walk the Line
E’ finalmente giunto il momento di dirvelo, miei cari 7 lettori, e davvero spero che quel che vado a dirvi non vi sconvolga al punto da togliere questo sito dai preferiti del vostro web browser. Insomma, a me piace Johnny Cash.
Mi piace pure Hank Williams, è ovvio, e tutti quegli altri artisti che anche voi amate alla follia: Pete Seeger, Woody Guthrie, Jimmie Rodgers, Peter LaFarge, Dave Van Ronk e così via, ma Johnny Cash mi piace di più, non posso farci nulla. Mi piace al punto da rivaleggiare quasi con la Carter Family e vi assicuro che non è cosa da poco, credetemi, è una situazione vicina al miracolo o all’incredulità che si ha trovandosi di fronte alla maestosità delle piramidi. Perchè vi dico questo? Ve lo dico per assicurarvi sull’estrema imparzialità del mio giudizio sul film che vi voglio presentare, e anche sulla sua totale parzialità, dipende un po’ da qual è il vostro punto di vista e dalla prospettiva che usate per dipingervi e spennellarvi imbarazzanti situazioni come questa.
Quando fu annunciata l’uscita di “Walk the Line”, nel 2005, ebbi non poche perplessità, alcune mi furono fugate quasi subito nell’apprendere che il regista era James Mangold, sinonimo cioè di competenza e professionalità, altre perplessità rimasero, la più grande delle quali era la scelta degli attori principali Joaquin Phoenix e Reese Witherspoon e mi tocca confessare che le perplessità in questo senso sono rimaste anche dopo la visione del film e della magnifica interpretazione dei due attori. Il fatto è, miei cari 7 lettori, che Joaquin e Reese sono troppo belli e perfettini, mentre Johnny & June, nonostante fossero due star, avevano facce normali e un po’ irregolari, e soprattutto fondamentali nella loro storia perchè quelle facce lasciavano trasparire una semplicità e una innocenza che non si trova nel film, principalmente nella figura di John: lui era una icona, ma lo era suo malgrado, nonostante una certa goffaggine e quella faccia tagliata un po’ così. Johnny Cash era diventato un’icona lentamente, lo era diventato per via delle sue idee, del suo amore per i reietti e i più sfortunati, per la sua vicenda personale e quella voce splendida. In “Walk the Line” invece è una icona fin dalla prima inquadratura, prima ancora che dica una sola parola. E’ una star “istantanea” e questo, secondo me, toglie qualcosa, e forse più di qualcosa, alla comprensione dell’uomo/artista Johnny Cash.
Un’altra cosa occorre specificarla, a scanso di equivoci: la figura di Vivian, la prima moglie (italiana) di Johnny Cash, meravigliosamente interpretata da Ginnifer Goodwin, è descritta in modo superficiale e approssimativo. Si ha la sensazione che fosse una donna lunatica che non apprezzasse nulla di quel che faceva il marito, il racconto che si svolge sullo schermo ci fa anche credere che tra i due non ci fosse un vero amore ma che si fossero sposati così, perchè non avevano niente altro di meglio da fare. Invece pare proprio che si amassero parecchio, per esempio quando Johnny andò in Germania con l’esercito, per un paio di anni, si inviarono per posta qualcosa come diecimila (10000) pagine a testa. Vivian diede quattro figlie a John e lo supportò meglio che potè nella sua carriera e tutto sarebbe sicuramente andato bene, non fosse stato per i tempi che si muovevano troppo velocemente, per la droga e per la vita in tournè che, come tutti ben sappiamo, non è certo sinonimo di sani principi religiosi e morali. In poche parole a porre fine al loro matrimonio non fu l’insensatezza di lei e nemmeno June Carter, fu la vita selvaggia e dissennata di John, la droga e la follia che la droga porta con se’. Le figlie di Viv e John hanno protestato molto per come è stata presentata la loro madre al punto che Johnny Carter Cash, unico figlio di John e June, nonchè loro fratellastro, ha in qualche modo chiesto scusa per l’intera faccenda.
Nel film si vede anche che John viene sbattuto in prigione per qualche tempo (ore o giorni, non è chiaro), in realtà cio’ non avvenne mai. Anche nei momenti peggiori e in presenza di evidenti reati fu sempre trattato con riguardo e favore. Le prigioni le vide solo come visitatore.
A parte tutto quel che avete letto finora e che potrebbe darvi una impressione differente, si tratta di uno splendido film incentrato più che sulla vita di Johnny Cash sulla sua storia d’amore con June Carter. Vi sono molte
“licenze poetiche” ma tutto sommato la storia è probabile che andò proprio così, se davvero ci importa di questo dettaglio. Nel film c’è molto di quel country che John amava, quello che ne fece un “outlaw” e lo consegnò alla storia e questo country è cantato splendidamente da Joaquin Phoenix, pur se con mezzi vocali di certo non vicini a quelli dell’originale. Non c’è molto gospel, che John amava tantissimo, e un po’ dispiace, ma non si può pretendere troppo dalla vita. L’interpretazione di Joaquin è vibrante e anche un po’ eroica, tesa a creare un Johnny Cash ideale, una sorta di Jimi Hendrix in cerca di redenzione, più che a descrivere quello vero e l’operazione è tutto sommato piacevole.
Reese Witherspoon, nonostante il consueto mestiere e l’innegabile bravura, non riesce a rendere l’argentovivo del quale era fatta June Carter a quei tempi lì, ne’ a replicare i maliziosi sguardi e le sue facce furbe, non dimentichiamo che, quando si esibiva con le sorelle e Mother Maybelle, lei era la favorita del pubblico, nonostante non fosse di certo la più dotata vocalmente.
Il film scorre via veloce, mentre si incontrano personaggi famosi, non molto ben delineati, mentre scorrono via episodi consegnati al mito, la domanda di matrimonio “on stage”, le migliaia di anfetamine nascoste nella chitarra, il concerto al carcere di Folsom, la “follia” al Grand Ole Opry, e nonostante si capisca subito che ci toviamo davanti a un “Sid & Nancy” retrodatato e con il lieto fine, non ci importa nulla, perchè se vediamo questo film è chiaro che siamo estimatori di Johnny Cash e tutto ciò che ne parla, che ne diffonde il ricordo, la musica, la vita, non può che piacerci e appassionarci.
Quindi grazie a coloro che ci hanno regalato questo film e a voi, cari 7 lettori, consiglio caldamente di vederlo in Blue Ray, perchè lo merita.
MI piace davvero molto.