The Who
Quando uscì il film di Tommy un mio amico riuscì a ottenere gli inviti per l’anteprima che si sarebbe svolta in un famoso cinema del centro. Quando arrivammo lì, nella hall del cinema, la piccola folla di abiti lunghi e cravatte, si aprì come le acque del Mar Rosso, con in un piccolo moto di paura. Non per le facce, che eravamo due bei ragazzini, nemmeno per i capelli, che lunghi non scandalizzavano più. Erano i jeans logori, gli stivaletti e soprattutto il mio giubbotto con dietro scritto, con delle borchie metalliche, la parola “Who“.
Quella gente si preparava a visionare un film basato su un album degli Who e neppure ne era a conoscenza si spaventava, inoltre, nel vedere quello che era solo uno dei legittimi fan di quel fenomenale gruppo.
Io adoravo gli Who. Rappresentavano la ribellione, la “terra devastata adolescenziale”. Adoravo Pete Townshend, l’autore di tutte le loro canzoni.
A differenza dei Beatles e dei Rolling Stones, che mi accompagnavano fin dall’infanzia, gli Who li conobbi più tardi, forse da Who’s Next, forse da quando fu pubblicato Quadrophenia. Mi ascoltai voracemente le cose precedenti e ne rimasi conquistato. Gli Who erano diversi da tutti gli altri e suonavano anche meglio di tutti gli altri.
Come sia stato possibile che nascessero, nella stessa zona di Londra e nello stesso momento “storico”, tre musicisti del calibro di John Entwistle, Keith Moon e Pete Townshend, è davvero inspiegabile, che si incontrassero e si mettessero a suonare insieme probabilmente è stato inevitabile. In fondo erano vicini di casa[superemotions file=”icon_biggrin.gif” title=”{#superemotions_dlg.biggrin}”]
John Entwistle è stato sicuramente il miglior bassista del mondo. Ancora oggi mi meravigliano le dita della sua mano destra sul basso. John non faceva parte della “sezione ritmica“, non si limitava ad andare atempo. John Entwistle era un magnifico musicista che da solo copriva tutte le parti di un brano: se si isola il suo basso dal resto di una canzone degli Who, si rimane meravigliati dalla complessità del suo suono, e si rimane ancor di più meravigliati che un suono così complesso si amalgamasse perfettamente col suono del resto della band, e che fosse così difficile, raffinato, eppure al totale servizio della canzone. Se qualcuno vi parla di questo o quel bassista, decantandone la straordinarietà, fategli ascoltare John Entwistle e mettetelo a tacere…
Keith Moon dicono che fosse pazzo. Non so se sia vero ma era, come avrebbe detto lui stesso, il miglior dannato batterista del mondo. Abbiamo avuto decine di migliori batteristi del mondo, tutti bravi, tutti con un curriculuum infinito e invidiabile. Nessuno, dico nessuno può essere, anche solo lontanamente, paragonato a Keith Moon. Al pari di John Entwistle neppure lui faceva parte della sezione ritmica. Lui suonava il brano così come un cantante l’avrebbe cantato, interpretandone ogni momento, quasi sempre a velocità folle e riempiendo i vari passaggi di grandi e piccole spettacolari rullate. Non so se avete mai visto vecchi filmati degli Who. la batteria di Keith è sempre al centro e molto spesso davanti, nel posto che di solito è del cantante, capitava anche che gli altri suonassero proprio dietro di lui. Perchè oltre a essere bravo Keith Moon era anche uno showmen…era lui la vera attrazione, quello per il quale il pubblico pagava il biglietto…
Anche Pete Townshend era uno spettacolo…si dimenava, saltava, sfasciava gli amplificatori, le chitarre…la differenza che c’era tra lui e altri che lo imitarono, anche molto famosi, era che i gesti di Pete, pur essendo ripetuti nel tempo e quindi chiaramente studiati e parte dello spettacolo, quando erano eseguiti sembrava che lo liberassero da qualcosa che aveva dentro, mentre per gli altri era solo una parte dello spettacolo. Pete aveva delle ragioni, artistiche, culturali e sociali, gli altri lo imitavano e basta.
Pete Townshend non so se fosse il miglior chitarrista del mondo, di certo non se ne è visti tanti come lui, neppure quel nome che vi è venuto in mente proprio ora, neppure lui! Ne ha copiato, è vero, tutti i gesti esteriori, le chitarre distrutte, lo sfregamento contro l’asta del microfono o le casse ma, pur avendo interpretato moltissimi brani altrui, non ha mai nemmeno provato a suonare gli Who…e dire che incideva per la loro stessa casa discografica!!! Pete Townshend non cercava di imporre la propria chitarra nel gruppo, nè gli interessava, semplicemente usava la chitarra per amalgamare il sound degli Who, la aggiungeva a quel basso fenomenale e a quella batteria spettacolare per creare qualcosa di inimitabile.
Pete Townshend era un grande autore. Ma proprio grande. Intendiamoci, credo che Lennon/McCartney fossero più grandi di lui, e anche e anche Jagger/Richards. Probabilmente e semplicemente avevano un talento superiore al suo o forse erano fortemente stimolati dalla agguerrita concorrenza interna, concorrenza che Townshend non aveva. Ma Townsend aveva delle armi in più di loro, aveva una rabbia interiore che non voleva e non riusciva a nascondere e possedeva una natura artistica cristallina e di dimensioni sconfinate. I suoi testi descrivevano perfettamente lo stato d’animo dei giovani dei ’60, e poi anche quello degli uomini delle decadi successive, le problematiche, i malesseri. Non avevano autocensure ideologiche o morali. Chiunque poteva riconoscere se’ stesso o il mondo in cui viveva, in quei brani.
Pete Townshend vedeva il concetto stesso di canzone come un limite e da subito cercò di ampliarlo già nel ’66, introducendo il concetto di Opera Rock nell’album “A Quick One” per poi realizzarlo appieno negli album “Tommy” e “Quadrophenia” con gli Who e con “Iron Man” da solista. Occorre anche ricordare che nel ’71 Pete Townsend cercò di portare avanti “Lifehouse“, una Opera Rock Multimediale il cui progetto venne abbandonato perchè fuori dalla capacità di comprensione da parte degli altri membri della band. Di Lifehouse rimane solo Who’s Next che è, credo di potelo dire tranquillamente, l’album migliore degli Who.
Cosa c’è dopo? Ah, c’è Roger Daltrey!
Be’, Roger Daltrey è un ottimo cantante. Ha una voce che, a ogni tonalità, mantiene la stessa forza e potenza ma…vicino a compagni di tale statura solo un John Lennon avrebbe potuto non soffrire di un qualche complesso d’inferiorità, o magari un Mick Jagger. Nei primi album, infatti, pur avendo a disposizione ottime canzoni, l’interpretazione di Roger Daltrey è alquanto anonima, qualunque buon cantante avrebbe potuto ottenere i medesimi risultati…a un certo punto, però, successe qualcosa di speciale: Roger Daltrey decise di volersi liberare e di volere raggiungere i suoi compagni a qualunque altezza volassero. L’album della svolta fu Tommy, ma le migliori interpretazioni si possono trovare in altri dischi, c’è un brano, per esempio, che a me mette i brividi, si trova in Who’s Next e si intitola Baba O’Really. Lì potete ascoltare gli Who al meglio delle loro possibilità, ogni strumento è perfetto e Roger Daltrey fornisce una interpretazione vocale densa di forza e tecnicamente superba. Fuori dalla portata di ogni altro cantante…ascoltatela e ditemi qualcosa.
Che dire ancora degli Who? sono tra gruppi che amo di più e quando li ascolterete entreranno, son certo, anche tra i vostri preferiti.