Tango in the Night
Vi chiedo d’avere un po’ di pazienza, miei cari 7 lettori, nel mentre che andate a leggere questo articolo perchè io non sono un grande estimatore dei Fleetwood Mac e quel che sto per scrivere risentirà inevitabilmente di questo. Ciononostante (o ciò nonostante, se siete maestrini dalla penna rossa) vi assicuro che io sono, o sono stato, un grande fan dei Fleetwood Mac e quel che sto per scrivere risentirà inevitabilmente di questo.
Mettetevi nei miei panni, ragazzi, come si può non stravedere per i primi Fleetwood Mac, quelli fuoriusciti dai Bluesbreakers di John Mayall e capitanati dall’immenso Peter Green? Solo un pazzo non li amerebbe alla follia e io non sono (poi così tanto) pazzo. Peter Green era un virtuoso della chitarra, un genio forse, ed era anche un grandissimo cantante. Non fosse stato per la sfortuna che si accanì con ferocia contro di lui tenendolo completamente lontano dalla musica per molti lustri, il suo nome verrebbe ora citato insieme a quello di Hendrix e Clapton anche dai più squallidi tra i membri dei media televisivi e non solo dagli esperti. Ora è fortunatamente tornato a calcare le scene ma ovviamente non molti lo conoscono e nessuno gli restituirà più gli anni di buio che ha perso per nulla.
Dall’altra parte si può amare un gruppo che ha avuto il coraggio di rimpiazzare (non importa con chi) una icona come Peter Green, che ha messo due graziose ragazze a distrarre i vecchi supporter e che, dopo aver cominciato a badare più ai vestiti che alla musica, ha piazzato in classifica una serie di hit easy listening da fare paura? forse sì, forse si può amare, io però non credo di poterci riuscire.
E come se non bastasse c’è una parte nascosta nel cervello anche dei più oltranzisti tra noi che vede, magari in modo un po’ strabico, Stevie Nicks esattamente come Grace Slick: una icona ben al di là di quello che è il suo lavoro o il suo ruolo nel gruppo, una classica immagine rock, una bandiera che non si può non sventolare anche se intimamente si detestano i Fleetwod Mac. D’accordo, io preferisco la ragazza dei Jefferson Airplane, non c’è ombra di dubbio, però Stevie Nicks è Stevie Nicks.
Una bella confusione, diciamocelo pure.
Nell’aprile del 1987 la banda fece uscire un album intitolato Tango In The Night che ottenne un grande e fulmineo successo a livello internazionale, immediatamente dopo perse il chitarrista Lindsey Buckingham, desideroso di dedicarsi alla carriera solista scoprendosi in grossi guai perchè il tour che avrebbe portato il nome del disco era ormai prossimo alla partenza. Lindsey Buckingham non era un guitar hero come Peter Green ma un raffinato cesellatore abile negli arpeggi e nel fingerstyle così vennero reclutati per provare a sostituirlo non uno bensì due chitarristi: Billy Brunette e Rick Vito. Il DVD in esame oggi è il documento che rimane di quella tournée, venne registrato al The Cow Palace di S. Francisco il 12 e 13 dicembre 1987 e ci mostra nel gruppo, oltre ai due chitarristi appena citati, Mick Fleetwood alla batteria, John McVie al basso, Christine McVie alle tastiere e voce, Stevie Nicks alla voce. Scopriamo inoltre che, pur avendo i Fleetwood Mac la bellezza di quattro cantanti, si facevano accompagnare anche da tre coriste: Sharon Celani, Lori Perry ed Eliscia Wright. Concludeva la line-up Asante alle percussioni.
Le canzoni presenti nell’album originale sono, ricordiamolo: Big Love, Seven Wonders, Everywhere, Caroline, Tango in the Night, Mystified, Little Lies, Family Man, Welcome to the Room…Sara, Little Lies, When I See You Again, You and I Part II, ma soltanto Seven Wonders, Everywhere, Little Lies, Little Lies sono presenti nel video. A integrare la scaletta troviamo quindi The Chain, World Turning, Oh Well, Gold dust Woman, Another Woman, Standback, Songbird, Don’t Stop.
La prima domanda che mi faccio, da non seguace della banda e quindi probabilmente ingenuamente, è questa: ma a che cosa diavolo gli serviva una cantante solista se poi le facevano cantare soltanto quattro canzoni su tredici (più una condivisa con tutti gli altri)? Da soli, o in duetto, Billy Brunette ne canta tre, Rick Vito una e Christine McVie, certamente non vocalmente superiore a Stevie, addirittura sette! Si capisce perfettamente la ragione per la quale, da lì a poco, Stevie Nicks avrebbe abbandonato il gruppo per mettersi in proprio con ottimi risultati!
Nel video vediamo una Nicks purtroppo non nella migliore forma fisica (il tour fu addirittura interrotto a causa di alcuni suoi problemi di salute e ripreso in seguito), i due McVie barcamenarsi in un anonimato disarmante (anche se Christine come sappiamo canta la maggior parte delle canzoni) e il solo Mike Fletwood tra quelli della vecchia guardia a cercare di metterci spirito e vigore, anche se il suo drumming, pur essendo sempre preciso, non esce mai da schemi piuttosto semplici. I due nuovi entrati sono quelli decisamente più vivaci sul palco, nonostante Billy Brunette si presenti apparecchiato con il classico impermeabile chitarristico in voga negli anni ’80 e Rick Vito, almeno all’inizio, sfoggi una Telecaster equipaggiata con humbucker che, per quanto mi riguarda, equivale alla peggiore delle bestemmie. Il concerto è integrato da alcune scene riprese nel backstage e durante il soundcheck.
Insomma, eccettuati i gloriosi esordi, i Fleetwood Mac non si sono certo distinti negli anni per innovazione o furore creativo, tecnicamente il più dotato è sempre stato John McVie, capace di suonare a plettro o con le dita ed esecutore di linee di basso sempre di livello piuttosto alto, insieme a lui, paradossalmente, proprio il principale sostituto di Peter Green, Lindsey Buckingham, è stato quello che più si è distinto, con il suo efficace fingerpicking e licks sempre venati di una certa classe ma, forse per i problemi della Nicks, forse perchè in una formazione non ben rodata, qui in una situazione live ove è permesso, se non addirittura esplicitamente richiesto, di strafare tutta la banda sembra invece limitarsi a eseguire il compitino senza osare mai nulla di più. Solo in World Turning cantato da Billy e Christine il gruppo sembra scuotersi e provare a spingere un po’, non a caso il brano contiene anche un assolo di batteria/percussioni che, pur se non memorabile, dà una sterzata al concerto facendolo ritornare l’atmosfera generale a epoche molto più eroiche.
L’impressione è che ai tempi del tour i due chitarristi siano stati presi e compressi nel ruolo di Lindsey Buckingham, ruolo che chiaramente non era il loro, mentre se lasciati liberi avrebbero potuto creare qualcosa di veramente buono e dare molto di più, non a caso il momento più alto del concerto è la classicissima I Loved Another Woman, scritta da Peter Green e cantata dal solo Vito che, oltre a una voce magnifica (infatti canta solo questa canzone) sfoggia una bella tecnica blues riportando il gruppo, per un momento ai fasti del passato.
In conclusione, se siete amanti dei Fleetwood Mac più leggeri, in questo DVD li potete vedere in un momento di grande difficoltà, anche se di straordinario successo. Se non li conoscete e vi piacerebbe rimediare, bè è un punto d’inizio come un altro per cominciare a farlo.