Signor Censore
In questo piccolo scritto, cari i miei 7 lettori, chiariremo una volta per tutte quali sono i miei rapporti con il blues, rendendo acqua passata tutti i miti, gli equivoci e i qui pro quo (ma anche i qui quo qua) di varia natura che fino a oggi hanno caratterizzato questo argomento di vitale importanza per il paese, per le zone limitrofe e probabilmente per la totalità del genere umano non provvisto di basette anni ’70.
E’ meglio chiarirlo subito, così tagliamo la testa al toro e possiamo occuparci d’altro: a me il blues non piace.
Come tutti quelli della mia generazione sono cresciuto ascoltando il beat italiano e, tramite adiacenti juke-box, un po’ di quello inglese,
poi da adolescente ho incontrato il rock internazionale e quindi il punk a diciotto anni.
A tutto ciò bisogna aggiungere il contesto famigliare che nel mio caso si traduce in canzoni melodiche/leggere da una parte ma soprattutto in Elvis Presley dall’altra, per via di alcuni dischi che ebbi la fortuna di ascoltare fin da piccolo e di molti bellissimi film nei quali lo ammirai come protagonista/cantante.
La storia finisce qui e per quel che mi riguarda tutta la musica che ho scoperto dopo non vale un grammo di quella che ho scoperto prima, non perchè sia peggiore ma perchè non fa parte del mio background culturale. All’interno di questo stesso background quello che è venuto prima vale assai di più di quel che è venuto dopo: amo i Clash ma darei via tutta la loro discografia per un singolo brano dei Giganti, Bob Dylan è il mio idolo, ma la sua canzone più visionaria non mi dà i brividi come La Bambola cantata da Patty Pravo. E voi non potete sapere che cos’era il Festival della Canzone Napoletana, a metà degli anni ’60, non potete immaginare come si può imprimere nel cuore di un bambino. E poi uno della mia età può innamorarsi dei Nirvana, dei Soundgarden o dei Pearl Jam ma tutti questi artisti insieme non gli procureranno mai la medesima sensazione che provò nel vedere Adriano Celentano, a Sanremo, cantare Chi non lavora non fa l’amore.
Quando ho trovato sulla mia strada Carl Perkins e Jerry Lee Lewis è stato facile riconoscerli, perchè già amavo Elvis, ma quando mi sono imbattuto in Robert Johnson la cosa non è stata così semplice. Avvenne nel 1991 tramite il libro di Peter Guralnick edito da Arcana e la lettura mi spinse ad acquistare la raccolta delle sue canzoni, appena uscita in un bel cofanetto. Conoscevo già B.B. King, Muddy Waters e Jorma Kaukonen, è vero, ma per quel che riguarda i primi due bisogna dire che il blues elettrico sta a quello del delta come la psichedelia sta al beat mentre Jorma suonava, e suona ancora, un blues acustico molto raffinato piuttosto lontano da quello delle origini che è più semplice e forse più incisivo. L’ascolto di Robert Johnson ebbe soltanto il risultato di farmi apprezzare di più Edoardo Bennato, che era un po’ il bluesman di noialtri e il successivo incontro con Gary Smith, Mississippi John Hurt e compagnia cantante mi ha solo fatto capire che preferisco il blues acustico a quello elettrico, ma questo al massimo fa di me un lontano conoscente del blues di certo non un vero amante.
Poi però è successa una cosa strana e anche un nel po’ misteriosa: ho deciso di imparare al suonare la chitarra acustica in fingerstyle e gli unici brani che mi piaceva studiare erano quelli blues. Vi sembrerà bizzarro ma dalle dita non veniva fuori altro, tentai il flamenco e la musica classica ma non mi diedero alcuna soddisfazione, tutto quel che riuscivo a suonare era il blues, anche se non mi piaceva ascoltarlo. E purtroppo è ancora così. Forse dipende dal fatto che alcuni straordinari chitarristi hanno scritto meravigliosi arrangiamenti per chitarra acustica di brani blues che è impossibile non fare propri, o forse non lo so. E’ un bel problema, credetemi, io vorrei seriamente eseguire le composizioni di Django ma se prendo in mano la chitarra e mi metto a strimpellare, tempo dieci secondi e son lì a rifare Elizabeth Cotton…
Quindi se qualche volta, per sbaglio, mi ascoltate accennare un pezzo blues, vi prego, non prendetemi sul serio e soprattutto non prendetemi per un bluesman che facendolo offendete sia me che i veri bluesman. Prendetemi per quello che sono: un tizio per cui il blues si ferma a Signor Censore di Edoardo Bennato (ma quanto è bello questo pezzo?) e se continuo a suonarlo è solo perchè non so fare altro. Anche se mi piacerebbe tantissimo.
Edoardo Bennato è molto più che po’ il bluesman di no’altri!!! 🙂