Settimana 49. Di fratelli immaginari
Questa settimana è scomparsa la sorella del nonno. Non ho ricordi di lei, non riesco a metterla a fuoco. In una grande famiglia le facce diventano parte di un tutto di cui si avverte il senso generale ma del quale sfuggono sempre i dettagli.
Come si dice dalle mie parti, “erano 4”. Il nonno, più piccolo, l’ultimo arrivato. Ci ha lasciati la terza figlia e così lui si è dovuto spogliare definitivamente dell’abito di “fratello”.
La mente friabile del nonno lo sta rendendo molto più sensibile ai traumi di quanto non lo sia mai stato, come fosse diventato allergico alle brutte notizie. Abbiamo pensato fosse meglio non comunicargli il lutto. Ora è delicato come un giunco.
E sebbene ciascuno abbia fatto attenzione a non svelare il segreto, il nonno per tutta la giornata di sabato non ha voluto mangiare. Se ne è stato seduto, senza dire granchè, con occhi vuoti e lontani. Ad un certo punto ha sospirato e ha borbottato: “Sono triste”.
Io non ho fratelli e sorelle. Ho sempre pensato però che questo legame fosse qualcosa di speciale, una energia viola a tenere insieme i pezzi. Un sesto senso da fiaba gotica che rende meno maldestri e sprovveduti.
E visto che vi ho raccontato una cosa triste, ve ne dico un’altra – tanto vi sarete già immalinconiti se avete letto fino a qui…
Beh, a volte frigno e mi torco le dita al pensiero che, salutati i miei genitori, io possa rimanere con un palmo di naso, figlia di nessuno, nipote di alcuno al mondo. In quei momenti penso che mi piacerebbe avere un fratello. Si sarebbe chiamato Giacomo, perché mio babbo per un periodo si era fissato con Leopardi, ma io l’avrei soprannominato Jack dal momento che insieme avremmo giocato quasi sempre ai pirati. E “Jack” sarebbe rimasto anche cresciuto, quando, da adulto, mi avrebbe aiutato a capire come affrontare i malanni di una coppia di genitori che gli anni rendono tanto più cari quanto fragili.
Immagino sarei stata la sua testimone di nozze perché, anche se non credo mica tanto nel matrimonio, per il suo avrei fatto un’eccezione… Sarebbe stato un uomo sicuro delle sue scelte – al contrario di me – ma avrebbe avuto la cattiva abitudine di sbagliare tutti gli apostrofi.
Avremmo litigato solo per questioni futili mentre avremmo discusso per faccende importanti. Ci saremmo presi poco sul serio, capendo che questa comune attitudine di vita, alla fine, era la cosa migliore che potessimo ereditare dalla nostra famiglia. Avrebbe avuto gli occhi marroni di mamma, e sarebbe stato geloso dei miei verdi, maledicendo la mischia dei cromosomi ma contento che gli occhi del babbo da due fossero, in un qualche modo, diventati quattro.
Sarà per questo, sarà per via di Jack che oggi sono tornata a far visita al nonno, l’ho abbracciato e gli ho mostrato il mio naso, inconfondibile naso di famiglia…