Settimana 44. Di immaginazione
La mia colonna sonora questa volta è una canzone che mi è rimpallata in testa per diversi giorni. Non è stata una brutta settimana, avevo necessità di prendermi un po’ di tempo per scrivere e ho cercato di chiamarmi fuori dal mondo.
Una cosa su cui i liberi professionisti tacciono, è che quando passi gran parte del tempo sola, in silenzio (perché hai bisogno di ascoltarti), si comincia a “zavagliare”. Che vuol dire? Vuol dire che troppo pensare mi rende poco oggettiva. La mia bussola dell’equanimità impazzisce, vittima di quei mega magneti che altro non sono le mie idee, emozioni.
Le inevitabili incursioni della realtà nel mio spazio “tutto concentrazione” mi hanno stranita, pizzicandomi una guancia e facendomi immaginare finali diversi per vicende giudiziarie di ex Presidenti, oppure, visto l’improvviso calo delle temperature, un doppio sole spuntare all’orizzonte. I miei gerani sarebbero bruciati ma io avrei avuto mani calde…
Fatto sta che la realtà dei giorni passati l’ho cambiata e resa diversa, immaginando scene e azioni come una regista antipatica a cui non va mai bene un recitato.
Quando il gatto dei vicini è rimasto intrappolato in cantina non ho chiamato subito i pompieri, piuttosto ho colto l’occasione per una sessione di matematica di gruppo: discussione sul paradosso del gatto di Schrödinger. Pronti, via, un’assemblea di condominio in cui, seduti al solito tavolo, invece di discutere delle fioriere o del rifacimento dell’intonaco, si sono fatte supposizioni su dove fosse in verità il povero Nanì. Vivo o morto…
Il giorno dopo ho composto un sonetto per mandarlo, tramite bardo in calzamaglia, di là, in cucina, dove il pasticcere aveva creato la mitica pastarella yogurt e mele.
Dal momento che mi sono tagliata i capelli e sembro un maschio, mi sono cresciuti i peli sul petto e sulla schiena. Solo a notte fonda ho scoperto che mi stavo trasformando in un uomo-shitzu a cui è impossibile negare ogni sorta di carineria e soprannome buffo.
Martedì mi sono trovata in mezzo ad una discussione tra un ragazzo e una anziana maestra, sono volate parole pesanti come “delinquente” e “teppista”. Ad un certo punto, però, io e il giovanotto ci siamo resi conto che dalla bocca della maestra non uscivano più accuse ma piccole lucciole dorate.
Più lei si arrabbiava, più lucciole riempivano la stanza e più luminoso sembrava il pomeriggio. Il ragazzo, allora, se ne è uscito con una battuta: “Oh, fanno luce dal culo!”. Abbiamo riso tutti insieme, e mentre si cercava di acchiappare lucciole si spegnevano livore e cattiverie.
Ok, quello che ho scritto non è reale, forse ho un po’ aggiustato il tiro, magari ho lavorato di fantasia, ma se le cose fossero andate così come le ho immaginate, quel ragazzino, dopo il rimprovero, non avrebbe pianto…