Settimana 30. Di sirene
Giovedì è il giorno della pizza.
Ogni giovedì, uscita dal Club del Fumetto, dopo aver fatto attività con i bambini, entro nella pizzeria al taglio sotto casa. Ordino tre pezzi a portar via e chiacchiero con la ragazza al banco.
Per lo più si discute del tempo, di come cambia, e parecchie volte si parla di musica. Le passo qualche nome e lei scrive gruppo e album sul blocchetto delle ordinazioni.
Ieri ha chiesto se mi piacevano i Pearl Jam. Mi spiegava che presto saranno in tour e che una data se la sarebbe “fatta” volentieri. “Sirens” è il nuovo singolo.
Bòn, penserete, ecco la colonna sonora… E invece no, perché con la “ragazza della pizza” si è cominciato a disquisire di traduzioni e fraintendimenti del testo di Eddie Vedder. “Mermaid” e “siren” non sono la stessa cosa… “Ah, ecco, infatti, mi sembrava che non tornasse”, conclude lei.
Ritirato il mio cartoccio, tornando a casa mi è venuta in mente una canzone di Vinicio Capossela – ecco la mia colonna sonora! – che parla delle sirene giuste.
In effetti, in settimana, ho ragionato più di una volta su quelle deviazioni che ci autoimponiamo e che, come il canto delle sirene, ci conducono lontano dai nostri obiettivi. Chiaramente sono sostenitrice accanita di qualche distrazione, soprattutto nei lunghi viaggi e nelle tratte noiose, ma continuo a chiedermi cosa udiamo quando impediamo a noi stessi di dispiegare il nostro potenziale…
Il timore di fallire e sbagliare, l’incertezza di non essere mai abbastanza per le persone che amo, che mi amano, per chi fa conto su di me, le mie sirene cantano queste canzoni… Terribile, è vero, me se c’è una cosa buona nel diventare grandi è che con gli anni si impara a turarsi le orecchie. Come Ulisse, si può ancora sentire in lontananza un ronzio salire con la bruma, ma l’esperienza dell’andar per mare ci suggerisce che è meglio schernirsi e che le sirene sono solo echi delle nostre più cupe fantasie.