Settimana 3. Di episodi irrilevantemente strani
Quella che sta terminando è stata una settimana piena di accadimenti stravaganti e per questo mi è parso davvero appropriato incoronare come colonna sonora dei primi tempi di febbraio “Rebel, Rebel”, pezzo – tra i miei preferiti! – partito in sottofondo mentre cenavo a casa di una nuova amica.
Tra un raviolo gigante e un goccio di vino, David Bowie biascicava “you’ve got your transmission and your live wire” facendomi realizzare che se c’era un elemento comune agli ultimi giorni della mia vita era proprio quello della bizzarria, delle stranezze che è meglio possedere piuttosto che perdere per strada, dell’individualità di ciascuno che è il caso di mostrare fieramente.
Adorati lettori, a voi l’elenco, confusamente eccentrico, di ciò che mi è accaduto. Le picche del carattere, le vette sovversive delle mie giornate, le rivoltose e dissidenti reazioni di chi mi circonda in una lista il cui lungo titolo potrebbe essere “Rebel Rebel, your face is a mess / Rebel Rebel, how could they know?”
- Lo zio fiero. Mio zio è appena andato in pensione e si sta godendo un meritato riposo. Tra le tappe fondamentali delle sue giornate ci sono i bar. Da persone di quartiere, i miei famigliari hanno alle spalle una grande tradizione di frequentazione di circoli e, ora che queste amichevoli realtà stanno sparendo, mio zio ha deciso di andare alla ricerca di un posticino caldo e confortevole in cui il barista saluti con affetto e non ti guardi male perché occupi un tavolo all’ora di punta. Insomma, lo zio, carico di speranze, ha iniziato a frequentare il bar di un mio vecchio amico e lunedì, augurandosi di guadagnare punti, ha fatto presente la conoscenza, “Sono lo zio dell’Elisa!”. “E’ ancora così strana?!?” ha risposto il barista. Parbleu, in 4 parole, distrutti i miei tentativi di mimetizzarmi tra la folla!
- Ferramenta. Quando sono triste (e questa settimana mi è capitato) vado in ferramenta. Niente fiori o pupazzetti, solo bulloni e viti per consolarmi. Mi rincuora vedere che c’è tanto da costruire, infinite possibilità di assemblaggio… Così ho passato un’ora in ferramenta senza sapere cosa comprare ma con l’idea che a qualcosa d nuovo, certo, potrò dar vita.
- La vicina che saluta. L’arrivo dei nuovi vicini è un evento: abito in centro storico e una stretta via divide il mio palazzo da quello di fronte, sono l’uno in faccia all’altro. Aggiungete a questo il mio odio viscerale per le tende e capirete come i dirimpettai diventino, volenti o nolenti, i compagni della mia quotidianità. Prima dell’arrivo dei nuovi vicini avevo stretto un’amicizia tacita e silenziosa con una vecchina e il suo pechinese. A pranzo, dopo un’occhiata veloce, ci si salutava dalla finestra mettendo l’indice sulla guancia sinistra e facendolo ruotare. Durante le pulizie del bagno mi faceva il segno del “We can do”, lanciandomi un occhiolino di incoraggiamento. Ad ogni modo, guardare avanti e vedere qualcuno mi fa sentire meno sola, e quindi, in settimana, mi sono data moltissimo da fare per occhieggiare i nuovi vicini. Vicini che sembrano, però, meno socievoli della vecchina e il suo cane, quando ho provato a salutarli durante il pranzo sono rimasti immobili come gatti abbagliati dai fari, ectoplasmaticamente sgomenti del fatto che qualcuno potesse vederli. Le mie amiche dicono che dovrei smettere di cercare di fare amicizia con i dirimpettai e chiamarle quando ho voglia di socialità. Pare che circoli già una leggenda metropolitana sulla “pazza di via Chiaramonti”…
- La pancia bruciata. Mercoledì mi sono bruciata la pancia. Niente di tragico o pericoloso. Mi sono scottata con la borsa dell’acqua calda nel tentativo di non morire assiderata dopo aver abbassato il riscaldamento con coscienza ecologista e risparmiatrice. Ho cercato on line il nome di una crema da utilizzare e ho scoperto che quello che mi è capitato ha un nome e si chiama Sindrome del Tostapane… Beh, ora ho la pancia bruciata, con una macchia marrone che ad ogni movimento assume contorni differenti. Ho tentato di interpretarne il significato, come si trattasse di macchie di Rorschach, ma non ci ho visto nulla se non l’ennesimo tentativo di ribellione del mio corpo al gelo invernale.www.stormteacup.altervista.org