Settimana 28. Di anestesie e rimedi
Lunedì mattina mi sono svegliata mentre una pioggia fortissima batteva sui lucernari di casa. Abito in una specie di sottotetto e questo mi permette di percepire ogni goccia, il suono violento degli acquazzoni e quello mellifluo della pioggerella. Adoro vivere così in alto…
… … …
Ok, dopo l’ultima frase potrei chiudere il post. Ho raggiunto il mio scopo! Tre etti di sproloqui zuccherosi e vi ho già ucciso tutto lo scetticismo con cui avreste affrontato la giornata 😉
Scherzi a parte, non desidero parlarvi di pioggia, bensì di una costante che accompagna le mie giornate. Sarò anche pallosa e bizzarra e stramboide ma, come molti amici dicono, a volte sembra che sia appena venuta al mondo, che “mi stupisco di cose ovvie” e mi sorprendo di ciò che non sorprende affatto. “Nessuna meraviglia dura più di tre giorni”, mi rammentano, “attenta a te!”.
Cosa intendo?
E’ fine ottobre, senza ragion di dubbio ci avviamo verso l’inverno, ho visto 33 primavere, eppure, mentre lunedì mi rigiravo nel letto, mi sono resa conto di provare un fortissimo senso di meraviglia e stupore per quella pioggia che batteva su me. Cadeva con un’eco probabilmente millenaria e la strada, altrettanto probabilmente, insinuava nella stanza lo stesso odore dell’ultima tempesta. Tuttavia, il rombo di quel tuono mi sembrava nuovo di zecca e mi lasciava di stucco, pensierosa e assonnata tra cuscini e coperte.
Insomma, immagino che a volte io possa sembrare presente a me stessa solo a metà, tutta fascio di emozioni come sono, ma in fondo cercare di vivere con un “OHHHHH” nell’angolo della bocca non è poi così male. Wislawa Szymborska scriveva, rammaricata, a proposito di un giorno vissuto con poca attenzione: “il mondo oggi avrebbe potuto essere preso per un mondo folle / e io l’ho preso solo per uso ordinario”. Beh, magari mi stupisco di tutto, mi spavento ed emoziono per niente, mi agito e scuoto per meno di niente, ma pochissimo di ciò che vedo e sento mi pare noioso.
Non bisognerebbe sforzarsi almeno un po’ per evitare nelle nostre vite meccanismi automatici e uggia?
Pecco di ingenuità, lo so, forse l’acqua che filtra dai lucernari e piove dentro casa ha diluito fermezza e senso pratico.
Quell’espressione allampanata che mi porto sempre dietro non è il massimo della vita, ma quando la ragione ci conduce fino ai piedi di un muro e lì ci lascia, le ultime risorse per guardare oltre non potrebbero essere proprio lo stupore e lo sbalordimento? Ciò che ci spinge a gioire o indignarci, ma sempre a scavalcare quel muro, vale pure qualche battutina degli amici e certe rughe sulla fronte, no?