Settimana 24. Di ciò che è divino
Questa settimana il tempo è stato dilatato da impegni sovrapposti e ansie di ogni tipo. Tuttavia, proprio quando pensavo che non ci sarebbe stata colonna sonora alcuna per un “sette-giorni” di difficile definizione… è accaduto! Cosa? Il MOMENTO PERFETTO!
E’ successo di nuovo che orecchie e istinto si siano fatti ferini e capaci di ascoltare musica quando di musica non avevo desiderio o pensiero.
Negli ultimi 5 mesi, la mia anziana vicina ha adottato un gatto. La vivacità del cucciolo è stata da subito un bel problema di gestione per la signora 86enne che un giorno ha ben pensato di lasciare libero il micino nelle scale interne del palazzo, “tanto per farlo sfogare”. Beh, se è vero che i gatti sono abitudinari è anche vero che sono bravissimi nel perseverare nelle consuetudini conquistate per sfinimento del loro umano. Così, ora, Nanì scorazza liberamente nel palazzo, a tutte le ore del giorno, salendo scale e scendendo gradini. Ormai grande amico di tutti se ne sta un po’ in casa di uno e un po’ nell’appartamento dell’ altro. Arriva, si intrufola scaltro e divertito, guarda la tv, magari si nasconde sotto il divano per un gioco da tachicardia e poi se ne va. Questo implica che la vecchina passi gran parte del tempo con la porta del suo monolocale aperta, per lasciare modo al gatto di entrare e uscire a piacimento. I gatti viziati sono una dittatura piuttosto dura!
Ad ogni modo, Nanì e le circostanze, mi hanno portata a parlare di più con questa signora che fino a qualche tempo addietro salutavo di sfuggita. Camicione a fiori, capelli biondissimi e occhiali alla Sofia Loren per lei che teme le auto, ha spesso vertigini e vive con le forbicine legate ad una corda marrone appesa al collo perché ama ricamare.
Ieri ho portato alla signora qualche giocattolo per Nanì, palline che il mio attempato micione non considera più molto. E naturalmente sono stata invitata a sedermi e bere qualcosa di caldo. E’ accaduto in questo modo che abbia trascorso più di un’ora comoda-comoda su una poltrona decisamente retrò, con la signora che mi raccontava una vita incredibile.
Ho gioito della sua infanzia da “bambina ricca” e ho scosso la testa per un marito libertino che l’ha abbandonata con una bambina piccola e un’altra in arrivo. Ho riso quando mi raccontava del signore col piede più grosso che avesse mai visto incontrato quando faceva la commessa e ho sentito una morsa di ghiaccio alla gola mentre mi spiegava l’innaturalezza assoluta e il dolore senza fondo di sopravvivere alla propria figlia.
E di tutto il suo parlarmi la cosa che mi sbalordiva di più era il fatto che, nonostante difficoltà e guai, la nonnina dicesse che se tanto riesce a resistere deve dipendere da una volontà superiore, da un Dio che la protegge e sostiene. Perché si fatica così tanto ad ammettere la propria forza? Perché cerchiamo giustificazione di noi fuori da noi? So bene anche io di essere sempre un passo indietro rispetto alla consapevolezza del potenziale umano, ma se avessimo tutti quanti chiaro il fatto che trascendiamo la fisica delle cose – diventando divini – quando amiamo noi e ciò che ci circonda, il mondo non sarebbe un posto migliore?
E mentre me ne stavo in quella casa al profumo di lavanda, la radio nascosta chissà dove ha passato incredibilmente e inverosimilmente e assurdamente “Redemption song” facendo apparire alla sottoscritta corse e ansie molto sciocche e stupide.
La mia cara vicina dice che “non si può dare un calcio ad ogni sasso, altrimenti ci si graffia la punta dei piedi”, che bisogna trovare il tempo per “volere bene”. Nessuna verità udita mi è parsa più divina.
Che potevo fare? Ho respirato a fondo e le ho promesso che sarei tornata presto a trovarla.