Settimana 22. Della creatività
E’ incredibile come i giorni successivi al rientro di un lungo viaggio siano strani e confusi. Ieri, in auto, mentre facevo inversione, a distanza di una settimana dal mio ritorno, ero tentata di procedere nella corsia di sinistra, così come insegnano nel Regno Unito.
Devo ammettere che quest’ultima avventura in Scozia mi ha fatto capire una volta per tutte la differenza tra vacanza e viaggio. Il mio è stato indiscutibilmente un viaggio: faticoso, impegnativo, con sveglie all’alba ma pieno di scoperte che alimentavano, giorno dopo giorno, la voglia di andare (nonostante raffreddore e piedi bagnati).
Si badi bene, non sto dando alcun giudizio di valore… cavolo, ci fossero più villeggiature per tutti!! Sto solo dicendo che quello appena concluso è stato un viaggio a tutti gli effetti. Ammetto però che ad avere avuto una forza impattante sulla mia vita sia stata soprattutto l’ultima parte dell’allontanamento da casa. L’incontro con Edimburgo e il Fringe (uno spettacolare, gigantesco e improbabile festival delle arti che fagocita la città per tutto il mese di agosto) mi ha dato materiale su cui riflettere a lungo. Piccoli palchi in cui sei così vicino all’attore che ti pare di vedergli tremare le mani, chitarristi che suonano con la grazia di un allevatore di farfalle, performing centre pieni di giovanissimi che vogliono “to say something”, voci che fanno fremere ogni persona nella sala nello stesso esatto momento “suonando” il pubblico come una corda di violino… insomma, sicuramente la gioia di essere altrove fa sembrare tutto più bello, ma Edimburgo, ne son certa, mi ha sorriso.
E quindi? Cosa voglio dire con questo post?
Non so, credo di voler parlare di creatività. In un momento in cui mi chiedevo quanto la mia, di creatività, potesse avere un senso e un ruolo, ho intrapreso un viaggio che mi ha ricordato una cosa. L’atto creativo è estremamente umano, fisico. Non so perché mi fosse passato di mente, le prigioni dei nostri automatismi culturali hanno meccaniche stravaganti. Voglio dire, mettendo una certa distanza tecnica (cd, schermi…) o virtuale tra l’interprete e la sottoscritta mi ero scordata il gesto, l’idea, la scintilla, e davo per scontata la vampa da cui dirompe l’incendio del più grande spettacolo di tutti i tempi. In un certo senso, necessitavo di una rassicurazione: dalla nostra miserabile umanità può nascere una bellezza sorprendente e assoluta.
E questa canzone? Beh, mi è risuonata in mente a lungo. Non fa parte di un concerto o di una rappresentazione a cui ho partecipato. Quando la radio l’ha passata ero in auto, direzione Nord, attraverso i Granpiani. Guardavo fuori dal finestrino e, per associazione, pensavo ad una cosa che avevo letto prima di partire. Lo scrittore di fantascienza Brian Aldiss in un lungo articolo asseriva che la capacità di immaginare, creare, è sempre parte nella soluzione di un problema. Edimburgo era ancora lontana, pioveva, ma le nuvole all’orizzonte già non mi spaventano più.