Settimana 2. Di amici e punti di vista
Questa settimana a dominare le mie giornate sono state soprattutto questioni di amicizia. Tra i gruppi di ragazzi di cui mi occupo ce ne è uno, composto da giovanissimi di età compresa tra 13 e 15 anni, nel quale da lunedì si sono susseguiti litigi, discussioni e pianti. Una serie di piccole schermaglie, la difficoltà a comunicare di una ragazza e l’incapacità di ascolto di un’altra, hanno portato ad una fase di stallo che ha richiesto l’intervento di un adulto, o di qualcuno che somigliasse ad un adulto, cioè la sottoscritta.
Adorati lettori, prendete pure in giro la mia visione pagana ma vi siete mai trovati, trentenni, in mezzo ad un litigio di adolescenti? E’ una faccenda piuttosto complicata che diviene terrificante e interminabile quando i contendenti sono due ragazze…
Scherzi a parte, l’età in cui un amico è tutto, o almeno tutto il mondo conosciuto, ciascuno l’ha vissuta e ne è uscito indenne, nonostante le mazzate e le ferite. Il punto della questione è un altro, sin da ragazzina ho avuto soprattutto amici maschi e certe logiche e rivalità femminili ancora oggi mi sfuggono o più esattamente, mi scivolano tra le mani, sabbia di discussioni inesauribili e ripicche velenose.
A 14 anni i miei amici erano il Bove, la Cozza (che nonostante il nome era un ragazzone alto), Spino, Teio, Ruccia e Bidla (maschi anche gli ultimi due)… da loro ho quasi sempre beccato quelle bordate assassine di cui si parlava sopra. Botte belle forti di una sincerità piuttosto spartana ma che tuttavia non lasciavano spazio ad alcun fraintendimento. Ricordo bene i miei pianti isterici quando dichiaravano che ero piatta come (e cito) una “tavola da surf” e ricordo anche bene che queste cose mi venivano dette con lo stesso ingenuo sadismo con cui urlavano alla Cozza che, al posto dei capelli, sembrava avere un parrucchino col riporto.
Insomma, non nego che come gran parte dei rapporti, anche l’amicizia richieda tatto e sensibilità, questo è indubbio, ma il fatto che i miei amici possedessero l’abitudine a non perdersi in sterili insinuazioni per andare subito al sodo, è una cosa che mi ha sempre affascinato. Forse, quel che si guadagna evitando musi lunghi e chiacchiere alle spalle è tempo per l’azione e per chiedere scusa una volta di più…
Invece, è tutt’altro che una questione di genere il fatto che non ci sia “tavola da surf” che tenga… gli amici, quelli veri, rimangono e in un qualche modo accompagnano la nostra vita. Da loro si impara il limite dell’orgoglio, la barriera della nostra presunzione o vanità. Si capisce più di quel che vogliamo dagli amici: cosa si è disposti a tollerare, quanto ad essere pecore e a seguire il gruppo e, alla fine, anche chi non vogliamo più al nostro fianco ci insegna qualcosa su di noi… In fondo, gli amici diventano lo specchio di ciò che siamo e quanto più ci sono cari tanto meglio scorgiamo in loro la nostra immagine.
Durante la mia “visione” pensavo proprio questo, del concetto di amicizia è fondamentale la necessità di valicare il limite di se stessi. In un certo senso, un amico è la nostra prima proiezione.
Sono certa che i miei ragazzi troveranno un modo e una via per ristabilire l’equilibrio, nel frattempo li aiuto e con James Taylor sussurro alle loro orecchie che tutto andrà per il meglio.
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