Settimana 1. Di ricordi e domande
Adorati lettori, eccomi a voi con il numero 1 di tanti post che verranno.
Per questo primo episodio sognavo trionfanti overture, mirabolanti melodie e fuochi d’artificio. Pregustavo una colonna sonora sbalorditiva. Insomma, ammetto di essere stata tanto curiosa quanto voi circa il pezzo protagonista dei miei giorni…
Sì, perché in questo gioco di orecchie tese, di memorie di dischi sentiti qui e là e di attenzione a tutto ciò che passa per radio, mi sono resa conto che la nostra vita è davvero piena di musica. Coscienti o meno, ci accompagna ad ogni passo. E la questione della scelta del pezzo è molto semplice: quello che si è disposti ad ascoltare siamo solo noi a deciderlo; nella cacofonia percepiamo esattamente ciò che ci è utile. E’ proprio come per la maggior parte delle cose della nostra vita che riusciamo a cogliere solo quando siamo pronti a farlo. Con mia somma gioia, il meccanismo alla base della rubrica funziona: il suono che “viene a me” e posso restituirvi sono io, senza alcun dubbio, io.
Quanto alle regole della partita, ho avuto subito la certezza che non ci dovessero essere trucchi o inganni. “Beh, ma poi ci lavori, no?” mi è stato chiesto, “Metti mano a titoli e canzoni??!?!”. Per tutti i cinici ecco la mia dichiarazione di intenti: non desidero postare canzoni cooooool o di così bassa lega da fare il giro e sembrare “avanti”, non ho desiderio di apparire, ma solo di essere con voi, attraverso quello che mi capita e ciò che scrivo, augurandomi di avviare una chiacchierata lunga 52 settimane.
Questo preambolo per comunicarvi che è stata una settimana intensa, dominata da una richiesta e da molti pensieri. Mi è stato domandato di collaborare ad un progetto editoriale in uscita per maggio, una sorta di raccolta di scritti e disegni di quanti hanno partecipato al “Cantiere della Fantasia”, idea promossa da Panini Editore per animare i centri estivi allestiti nei campi delle zone emiliane colpite dal terremoto della scorsa primavera. Le radici saranno il tema di questo libro.
Pensarne e scriverne (di radici, intendo) mi ha fatto cercare con la mente una canzone che ha sempre rimandato all’idea che a salvarci e a trarci fuori di impaccio è l’amore o la speranza dell’amore, appunto. Spogliati di tutto, è vero, rimaniamo con poco più delle nostre mani ma non si è mai soli.
Sarà che in questa canzone si parla di amicizia ma è per me, come un vecchio cappotto, piena di ricordi. In settimana, poi, ha assunto il contorno di un sospiro lieve facendo attaccare alle sue note quei strani raggi di sole del mercoledì mattina. E per il tacito accordo per cui tra noi non ci saranno mai bugie, adorati lettori, vi comunico fino in fondo il mood dei miei pensieri.
Quando sono stata a Finale Emilia, a settembre, durante un laboratorio, mentre dicevo con atteggiamento circospetto “Facciamo attenzione! Questo è un disegno delicato!”, un bambino ha cominciato a scuotere il tavolo, mi ha fatto l’occhiolino, ha sorriso come chi sta per compiere una marachella e se ne è uscito con un “Veh… ma io sono peggio del terremoto!”
In quel momento ho capito che nonostante le tende e nonostante lo spavento si poteva giocare e lo si poteva fare perché le radici erano profonde, perché al suolo non ci si è attaccati con le case ma con ben altro. Perché si può rimanere saldi anche quando tutto intorno si muove.
Ho la testa piena di pensieri, colma di assenze e toni gravi, ma credo sia normale quando si scava a terra per trovare radici. Questo è il post numero 1, parla di amici e senso di comunanza. Non sarà un fuoco d’artificio ma è bello comunque, no?
E la vostra settimana? Da quale colonna sonora è stata accompagnata?
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