Sarzana 2012 ed altre avvincenti avventure
Io non sono pazzo!
(Bob Brozman, sabato 26 maggio 2012, Sarzana, durante il concerto serale)
A Genova Brignole il capotreno ci avvisa che, a causa di uno sciopero che durerà per ben 24 ore, verremo abbandonati tutti quanti in una stazione intermedia e alle proteste dei passeggeri, miste alle richieste di ulteriori informazioni, risponde che lui non sa niente. Non trovate che questa sia una cosa squisitamente italiana? colpo basso e scaricabarile contemporanei, quasi in stereofonia! Un altoparlante ci consiglia di chiamare un numero verde o di consultare un sito web e qualcuno, estremamente fiducioso, lo fa davvero: come risultato ottiene solo di arrabbiarsi ancora di più. Un signore, che qualcuno molto più importante di me definirebbe “abbronzato” domanda se alla stazione intermedia troveremo ad aspettarci degli autobus che ci riporteranno a casa oppure qualche altra forma di assistenza e ottenendo una risposta evasiva ma, in fin dei conti negativa e accompagnata da una risatina supponente, sbotta che neanche nel terzo mondo succedono cose così e questo lui lo sa abbastanza bene perchè proviene proprio da un paese del terzo mondo. In tarda serata, infine, siamo scaricati nella famosa stazione intermedia dove, naturalmente, non c’è ombra di assistenza e non c’è neppure il bar aperto. In compenso i servizi igienici sono chiusi a chiave e per andare in bagno bisogna spingersi fuori della stazione, cercare un esercizio aperto e (ma lo si è trovato davvero?) pregare l’esercente di farci usare la toilette. Gli stranieri sono molti e la figura che, come paese, facciamo non è delle migliori. Tutto questo, voglio ricordarlo, avviene nel laborioso ed efficiente nord, mica nel sud disorganizzato o in qualche paese da dove vengono quelli lì, quelli che la stessa persona più importante di me di cui sopra aveva definito appartenenti a una civiltà inferiore alla nostra. Io sono un povero svanito e non ci capisco niente di queste cose, ma sono abbastanza sicuro che con questi giochi di superiorità o inferiorità noi non abbiamo nulla a che vedere: la civiltà proprio non sappiamo cosa sia.
Ma in fondo come paese abbiamo fatto e continuiamo a fare figure molto peggiori di questa che, alla fin fine, è quasi una gag alla Totò, una barzelletta, una cosa da scompisciarsi dalle risate, a patto di non trovarsici dentro. Noi non pretendevamo di trovare spumante e biscottini ad attenderci, ma forse i bagni aperti li avremmo graditi, sì, e non dò la colpa a nessuno di questo schifo, che tutti han cose più importanti da fare che occuparsi di codeste piccolezze. So infatti che in parlamento gli iPad, gentilmente forniti dal popolo italiano, sono andati a ruba e chiedo scusa ai parlamentari che preferiscono chiamarci “pubblico” o, in misura minore, “consumatori”, io credo ancora che la parola “popolo” sia quella che andrebbe sempre usata, se non vi dispiace.
Vedete, cari i miei 7 lettori, i media a volte scindono il sindacalismo dalla politica, o come spesso amano dire “l’ideologia dalle relazioni sindacali” e ci spiegano che a volte l’uno può inquinare l’altro, o parlano di tecnici prestati all’amministrazione pubblica, o delirano addirittura di antipolitica. Sono tutte balle che usano per confonderci le idee: ogni cosa è politica e noi, oltre ai magici tecnici capaci di soluzioni brillanti e inusuali come l’aumentarci le tasse o i sindacalisti che difendendo i padroni pensano che, per estensione, stanno difendendo anche i lavoratori, abbiamo sul groppone mille politici che si occupano della guida di questo paese, aiutati da altrettanti segretari e un numero imprecisato di portaborse, autisti, aiutanti, portavoce, rappresentanti, sarti, parrucchieri e soubrette. Sono migliaia e non riescono a far funzionare niente in questa povera Italia, se non le cose che li riguardano personalmente e direttamente. Dovrebbero avere il buon gusto di levarsi dagli zebedei e di lasciar fare a chi è capace, che loro hanno ampiamente dimostrato di non esserlo.
Questo episodio spiacevole ha in parte guastato un bellissimo Week End cominciato male. Cominciato male perchè io, come la maggior parte dei visitatori dell’Acoustic Guitar Meeting, ho potuto recarmi a Sarzana solo a partire dal primo pomeriggio di sabato e Don Ross aveva suonato il giovedì. Se non sapete chi è Don Ross vi prego di abbandonare la lettura di questo articolo e di correre in confessionale, perchè siete poco meno che volgari peccatori. Don Ross era il migliore amico di quello che è stato certamente il più grande chitarrista acustico di tutti i tempi, Michael Hedges, ed è ancora l’unico che può suonarne i brani senza fare brutta figura. Don Ross è probabilmente il chitarrista acustico tecnicamente più dotato del mondo e io, insieme a tutti gli avventori del sabato, come sapete non l’ho visto perchè lui suonava di giovedì. Il giovedì a Torino suonava Jorma Kaukonen e io non sono riuscito ad assistere al suo concerto perchè i biglietti sono andati esauriti praticamente prima ancora che fossero stampati, e l’ho mancato anche a Sarzana perchè lì si esibiva di venerdì. Sapete chi è Jorma Kaukonen, vero? se Don Ross è il chitarrista tecnicamente più completo Jorma Kaukonen è, secondo me, semplicemente il migliore chitarrista acustico vivente, e se non siete d’accordo non me ne può fregare di meno perchè in ogni caso è uno dei miei idoli. Suonò con Janis Joplin prima che lei entrasse nei Big Brother & The Holding Company e dopo divenne il leggendario chitarrista dei Jefferson Airplane mentre, contemporaneamente, teneva su praticamente da solo la memoria del blues con gli Hot Tuna, in attesa che altri artisti si decidessero a riscoprire il genere. Adesso che il blues lo suonano cani e porci (con tutto il rispetto per i cani e per i porci) pochi gli rendono i giusti riconoscimenti e questo, credetemi, mi fa davvero incazzare. Io sognavo una infuocata jam session tra Don e Jorma, al sabato, insieme a Bob Brozman e invece è rimasta solo un sogno. Lo capite adesso perchè il week end era cominciato male? perchè il meglio era passato e io me l’ero perso.
Il concerto del sabato ha visto l’esibizione di Paul Moore, accompagnato da Remco Houtman-Janssen (Ukulele Zaza), Lorenzo Vignando (Ukulollo), Icaro Gatti e un anziano ma spettacolare sassofonista del quale non ricordo il nome e che fa parte dalla Jazz Band di Moore. Da qualche anno l’ukulele è presente in forze a Sarzana e gli artisti che lo rappresentano spesso sono sul palco principale a fare bella figura, proprio come questa volta. A seguire c’è stato Joel Rafael, un cantautore americano sulla scia di Bob Dylan e subito dopo una strepitosa performance di Bob Brozman. Bob Brozman, come vi è ben noto, non è solo un grandissimo musicista, ma anche un intrattenitore di prim’ordine e il suo spettacolo fatto di resofoniche maltrattate, strane chitarre indiane, ukulele e charango si è rivelato appassionante e divertente anche per i non-musicisti presenti, gli “accompagnatori” per intenderci.
La pausa dedicata al premio “Corde & Voci per Dialogo & Diritti” è stata il consueto momento di confronto tra organizzatori e amministrazione comunale mentre il premio in se’ è stato assegnato a Francesco Guccini.
Juan Carlos Biondini (Flaco) ha suonato subito dopo e il suo concerto è stato piuttosto bello con quei ritmi in levare, le melodie del tango argentino e una toccante versione de Il Vecchio e il Bambino, argentinizzata anch’essa. In chiusura è stata la volta di Francesco Loccisano che, dopo avere eseguito alcuni brani in insieme a un percussionista (del quale ahimè ho scordato il nome), si è unito a Bob Brozman in una Jam piuttosto inusuale ma comunque interessante. Francesco Loccisano suona uno strumento del quale sono profondamente innamorato, la chitarra battente, non in maniera tradizionale, cioè ritmica e percussiva, ma usando una sua propria via fatta anche di tecniche mutuate dalla chitarra classica e flamenca. Si tratta in pratica di una evoluzione dello strumento, evoluzione probabilmente naturale, verso zone culturalmente più alte.
Sarzana è stata anche teatro di molti piccoli concerti collaterali, nel palco piccolo all’interno della fortezza, in quello dell’ukulele village e nello spazio esterno, vicino al bar. Io ho potuto assistere a una bella esibizione bluegrass di Max De Bernardi e Veronica Sbergia, coaudiuvati da Icaro Gatti al contrabbasso e da Massimo Gatti al mandolino, e a una strepitosa performance, sempre in territorio bluegrass, dei due Gatti ancora con Max De Bernardi insieme a Davide Facchini e Danilo Cartia, questa volta all’interno dell’Ukulele Village. Sempre nell’Ukulele Village c’è stata poi una elettrizzante prova di Bob Brozman che, abbandonate temporaneamente le chitarre, si è scatenato all’ukulele resofonico e, occasionalmente, al charango, suscitando entusiasmo e allegria contagiosa in chiunque si trovasse a passare da quelle parti. Nel breve tempo a mia disposizione non ho potuto seguire nessun altro concerto.
Gli stand sono stati, come sempre, tanti, affollati e parecchio attraenti, io sono anche riuscito a trovare un particolare metodo che, forse, mi farà riavvicinare alla chitarra. Lo spazio dedicato all’ukulele, quest’anno è stato un po’ ridotto visto che il fossato era temporaneamente inagibile, ma comunque molto frequentato. Ne ho approfittato per provare molti ukulele interessanti e sono stato particolarmente colpito da un Islander tenore dal prezzo collocabile in una fascia medio bassa e dalle prestazioni di fascia alta. Davvero interessante e da considerare come prima scelta, o in ogni caso da valutare attentamente, da chiunque fosse interessato all’aquisto di uno strumento di questo tipo e cercasse prestazioni eccellenti a un prezzo davvero basso.
Va bene, lo capisco da me, state tranquilli: questa non è proprio la migliore recensione di un evento che abbiate mai letto. Come ogni volta vi invito a leggere i lavori dei professionisti se avete bisogno di una cronaca fatta con professionismo. Io, come direbbe il povero Steve Jobs, penso differentemente, e mi sono convinto che la definizione di cronista venga usata, da coloro che lavorano nei media, come un ombrello, un parabrezza, una scusa per giustificare la pochezza dei contenuti che propongono. “Non ve la prendete con noi” sembrano dire quando usano quella parola “noi non vi portiamo mica nel mondo delle idee, siam cronisti, quindi ci limitamo a descrivervi i fatti nudi e crudi, o magari cotti e vestiti di qualche facezia o di azzardate e complicate metafore dense di nulla. Tutto quello che dovrebbe esserci e che invece manca lo sostituiamo con l’interpretazione“. Lo capite che non si può essere d’accordo con questo corso del giornalismo italiano, vero? La cronaca fa anche parte del mestiere del giornalista, è vero, ma questo mestiere è molto di più, è lo scudo che deve proteggere il popolo dagli inganni dei malintenzionati, è la conoscenza, l’informazione corretta e indipendente che viene elargita a chi non se la può procurare da solo. Il baluardo contro la prepotenza del potere. In Italia tutto questo non esiste, non è mai esistito, ed è solo per questa piccola, stupida ragione, che si è potuta creare e consolidare la Casta: i politici hanno avuto carta bianca e hanno potuto dilagare nel mondo di Creso perchè nessuno ne ha mai denunciato davvero, con convinzione, le malefatte. E’ più colpevole il ladro o il tutore della legge corrotto che finge di non vedere e gode di una parte dei benefici? Io penso il secondo, perchè oltre a essere complice, inganna chi si è affidato a lui. Come conseguenza di tutto ciò a me il solo sentir parlare di cronaca fa drizzare tutti i capelli della testa, e mi fa anche incazzare un po’, e voi, cari i miei sette lettori, siete quelli che ne pagano lo scotto: niente più cronache, dal sottoscritto, solo considerazioni personali, filosofia da osteria e sociologia da supermarket. Forse non un granchè, ma è comunque meglio di quello che vi donano i media della nostra epoca.
Voglio, a questo punto, rivelarvi il perchè dei miei annuali viaggi al Meeting di Sarzana. Quelli come me sono nati in una casa di qualche sperduto paese di montagna, con la levatrice che imprecava e di là in cucina la pasta a bollire sul fuoco. Quelli come me sono stati allattati al seno dalla propria madre e da qualche zia o vicina che aveva un momento per farlo, sono cresciuti sbucciandosi le ginocchia nei prati o in qualche asfalto di periferia che ancora era campagna, anche se si fregiava giá del titolo di città, si sono divertiti con “Il Guardiano del Faro” e “Il Giornalino di Gian Burrasca” alla TV dei Ragazzi, appena rientrati da qualche avventura pomeridiana e giusto per fare anche una piccola merenda, per poi ritornare ancora un po’ per la strada, al termine del telefilm. Quelli come me alla sera andavano a letto dopo Carosello che, anche a volere restare alzati, in televisione non c’era quasi mai, nei due canali a disposizione, qualcosa che fosse più interessante del libro di Salgari o di Dumas che ci aspettava sul comodino per darci la buonanotte.
Quelli come me non sono stati mica migliori di quelli che sono venuti dopo, sono solo stati più fortunati. Quando il virus del “grande intrattenimento” è arrivato noi avevamo già in corpo e nel cervello tutte le difese immunitarie necessarie per proteggerci, a differenza di chi è venuto dopo di noi, tutti quei poveri bambini che, invece che quello materno o di zia, hanno mandato giù latte artificiale e poi pappette e omogeneizzati. Bambini che invece di crescere correndo e giocando nei prati, sono stati affidati ai cartoni animati del pomeriggio e poi alle ballerine e soubrettes della prima serata che hanno creato nei maschi aspettative irrealizzabili e nelle femmine complessi invincibili. A questo disastro aggiungiamo i telefonini cellulari che, anche se usano onde di tipo differente sfruttano comunque le medesime frequenze dei forni a microonde e ho la vaga sensazione che non sia una cosa del tutto positiva, soprattutto considerando che questi apparecchi debbono essere usati pericolosamente vicino al cervello. Che cosa abbiamo ottenuto, facendo i conti finali? abbiamo ottenuto persone che vivono in una bolla di autismo sociale, una bolla che racchiude tutto il loro mondo e che portano questo mondo sempre con se’, pieno di opinioni non necessarie, di bisogni imposti, di inutili necessità. Persone che ormai accettano tranquillamente di farsi chiamare “consumatori” oppure “pubblico”, anzichè popolo (o magari cittadini) e che, ogni tanto, quando a volte per un puro caso incrociano i tuoi occhi e vi scorgono qualcosa di differente, per un attimo lasciano cadere la maledetta bolla e sembrano vedere il mondo per la prima volta. Ma non c’è più niente da fare per questi infelici, sono solo degli zombi e per loro ormai non esiste cura: la bolla torna ad avvolgerli in un attimo e se li porta via.
A Sarzana tutto questo non succede, li la gente, giovane o vecchia, ha negli occhi una luce che quelli cosidetti normali non hanno, una luce creata dagli anticorpi a questa società di merda che la musica ha fornito loro. No, non ci sono bolle autistiche protettive e il Grande Fratello non ha cittadinanza alcuna, tutto quello che vi si può trovare è musica, creatività, voglia di divertirsi. Sarzana è una piccola oasi in questa società disastrata che, speriamo, possa rimanere viva per sempre: nella vita di tutti i giorni viviamo assediati da morti viventi dai quali dobbiamo continuamente difenderci, ma dentro la Fortezza Firmafede no, perchè siamo tantissimi, carichi e irrimediabilmente invincibili.
Viva Sarzana! Anche se non mi ha regalato Don Ross e Jorma Kaukonen al sabato sera…