On the road with Bob Dylan
I fatti sono questi: ho appena terminato la lettura di On the road with Bob Dylan che già avrei voglia di leggerlo di nuovo. E questo perchè si tratta di un libro che parla di Bob Dylan di cui, ben lo sapete, sono grande estimatore, che parla di Joan Baez che stimo come e più di Bob Dylan e che parla del Rolling Thunder Revue, il più grande tour nella storia della musica rock, tour che abbiamo già incontrato parlando del libro di Sam Shepard, The Rolling Thunder Revue Longbook. Vorrei rileggerlo anche perchè nel libro ci sono personaggi ormai entrati nella mitologia del rock, da Bob Neuwirth a Joni Mitchell, da Roger McGuinn a Phil Ochs e perchè l’autore Larry “Ratso” Sloman, è uno scrittore di grande talento e l’impressione che mi ha dato, già dalle prime pagine, è stata quella di trovarmi davanti a una storia di Jack Kerouack, un Kerouack immerso nella nostalgia del Greenwich Village insieme a una strampalata banda di rockstar quasi del tutto sciroccate. La storia di Ratso ci racconta la verità su molte altre storie sulle quali avevamo fatto ipotesi e congetture avendone letto qua e lá su altre pagine incoerenti e superficiali, un esempio su tutti il reclutamento della violinista Scarlet Rivera: diversamente da come recitano le varie biografie, venne abbordata per la strada dall’amica Sheena e non da Dylan stesso che, per timidezza, se ne stava rintanato in macchina. La storia di Ratso ci racconta quindi la verità, o comunque il suo punto di vista, che qualcuno di voi potrebbe giudicare poco attendibile perchè, procedendo con la lettura, pian piano ci si rende conto che a quei tempi, come e più dei suoi amici musicisti, era seriamente sciroccato anche lui. Dobbiamo quindi credere alla descrizione dell’incontro del menestrello del Minnesota con Patti Smith? Dobbiamo credere che Romance in Durango, venne scritta da qualche parte nello stato di New York insieme a Jaques Levy e non in Messico durante la lavorazione del film Pat Garrett e Billy the Kid? Sì, io credo che dobbiamo credere a Ratso perchè, in qualunque stato psicofisico si trovasse in quei giorni, viaggiava con il registratore sempre acceso e prendeva appunti in continuazione come una macchinetta: il giornalista aveva sempre il sopravvento su di lui, nonostante le sue stesse intenzioni.
Nell’idea originale di Bob Dylan il Rolling Thunder Revue doveva essere un tour permanente al quale qualunque artista si sarebbe facilmente potuto aggregare quando gli fosse venuta la voglia e che altrettanto facilmente avrebbe pututo abbandonare in vista di altri impegni o per questioni di riposo. L’idea fu clamorosamente bocciata dalle case discografiche che si rifiutarono di fornire i necessari capitali iniziali e quindi Dylan decise di finanziare in proprio il tour che tutti conosciamo e che poi, riprendendo l’idea iniziale ma con lui unico artista in ballo, si trasformò nel Never Ending Tour, che è in giro ancora ai nostri giorni. A Larry all’inizio non fu permesso di fraternizzare con in musicisti (pure essendo loro intimo amico), fu costretto anche ad alloggiare in alberghi differenti, in seguito gli venne consentito di avvicinarsi di più, ma rimase comunque ai margini e soprattutto fu usato come una sorta di zimbello da tutta la troupe e questo lo costrinse a cercare notizie e ispirazioni al margini del carrozzone, in incursioni all’interno, in situazioni a volte strambe o paradossali. Ratso era un reporter giovane e aggressivo, nulla avrebbe mai potuto fermarlo, nemmeno gli amici di Bob, nominati manager dell’evento che in realtà facevano mestieri completamente diversi e che imposero bizzarre regole, come l’allontanamento di fotografi e giornalisti, che raggiunsero lo strano risultato di fare del più grande tour della storia quello meno documentato, fotograficamente e giornalisticamente parlando.
On the road with Bob Dylan ci racconta quindi di Sloman che, come una murena dal nascondiglio nel quale è stato cacciato, caparbiamente è pronto ad aggredire chiunque con la sua penna e il suo registratore, incurante del freddo, dei pericoli, della macchina misteriosamente manomessa più volte, è pronto a ricevere i deliri di artisti e fan, a trasformarsi in giullare, servitore e tormento pur di riuscire a scrivere le 550 pagine di quello che Dylan stesso ha definito “il Guerra e Pace del rock”. Il libro è narrato in prima persona per un po’ per passare improvvisamente alla terza quando Joan Baez affibbia al giornalista il soprannome di Ratso rendendolo così un personaggio della storia che egli stesso racconta, e permettendogli anche di parlare, con notevole autironia, delle proprie condizioni psicofisiche, delle sue manie, dei suoi vestiti e di trasformare quella che avrebbe potuto e dovuto essere l’asettica cronaca di una tournè in un’opera di narrativa americana moderna piena di polvere, asfalto, copertoni logori, spinterogeni fuori uso. Una storia dove Ratso è un tizio carico di anfetamine che si muove tra prostitute, papponi, caporedattori incompetenti, baristi loquaci, musicisti pazzi e manager più pazzi ancora, una storia che avrebbe fatto rizzare le orecchie, appunto, a Jack Kerouack.
Il resto dovete scoprirlo da soli: il concerto inaugurale descritto così dettagliatamente che vi parà di essere lì, la vicenda Rubin “Hurricane” Carter vista dalla parte di Dylan e la genesi della canzone relativa, l’ottima intervista a Mike Bloomfield, la figura quasi mistica di Leonard Cohen che porta da tre anni lo stesso vestito, i fan che conoscono intimamente ogni dettaglio della vita di Dylan e analizzano ogni singola parola di ogni singola canzone, i fan che sono semplicemente e completamente fuori di testa, il concerto al Madison Square Garden, con Joan e Bob vestiti e truccati in modo identico, le chiacchiere pseudointellettuali senza capo né coda di Joni Mitchell, l’energia di Joan Baez e molto, molto altro ancora.
Un giorno a Bob Dylan venne in mente di inventare il tour più grande della storia del rock ma in quei tempi, parliamo del 1975, non era ancora ben chiaro quale importanza avessero i media che, di conseguenza, furono tenuti a distanza, così del Rolling Thunder Revue rimane Renaldo & Clara, uno sconclusionato film girato dai protagonisti stessi, ormai fuori catalogo praticamente ovunque, il citato libro di Sam Shepard, pervaso di lirismo e piuttosto “artistico”, pochissime foto e quest’opera di Larry Sloman, detto “Ratso”, dal nome del personaggio interpretato da Dustin Hoffman ne Un uomo da marciapiede, un opera divertente, frenetica, maestosa e corposa, a tratti delirante e, in realtà, l’unico vero resoconto abbastanza filologico, di quell’impresa, di quel momento nella storia dell’uomo così importante. Credo.