Rebel Music (The Bob Marley Story)
Volete sapere, miei cari 7 lettori, perchè mi piace il Reggae? è un fatto talmente naturale, per me, che non credo sia così facile da spiegare, come che sia mi ci provo: il Reggae mi piace perchè ci insegna a essere liberi! il Reggae ci spiega che esiste un ritmo alternativo a quello che tutti danno per scontato/normale e ci invita a pensare che possono esistere opzioni anche più serie di un gruppo di segni posti su un pentagramma, scelte che riguardano la vita, la società, il potere, il lavoro e, naturalmente, la libertà. Il Reggae alimenta la fede, di qualunque fede si tratti, perchè ci spinge a credere in cose nelle quali a volte è davvero difficile credere. Mica per niente il Reggae è nato in Giamaica, guardate un po’ in quante cose credono i giamaicani, in quante cose credeva Bob Marley.
Il ritmo in levare, se ci pensate, è poi qualcosa di extraterritoriale, non è prerogativa di alcuno ed è applicabile a qualunque cosa: al blues, al folk, al country, alla tarantella, alla tammuriata. Certo poi magari esce fuori qualcosa di differente, ma solo se hai un atteggiamento mentale predisposto a percepire le cose in modo eccessivamente schematico, altrimenti è solo un’altra maniera di suonare la musica che ami usando un tempo meno banale del solito, un tempo che gli altri potrebbero non aspettarsi affatto, visto che loro sono così banali. Volete fare un esperimento, miei cari 7 lettori? mettete su Tammuriata Nera, del maestro Roberto de Simone ed eseguita dalla NCCP e suonateci sopra con la chitarra, ma in levare. Visto? rimane sempre una favolosa tammuriata, eppure differente, sicuramente arricchita di qualcosa che ha a che fare con la siritualità o forse con la materialità. Non lo so, non sono abbastanza intelligente per capirlo. E non sto parlando di Reggae, ma solo della sua anima: il ritmo in levare.
Anche Bob Marley non c’entra niente con il Reggae…se state cominciando a credere che mi sia bevuto il cervello e state per telefonare alla neurodeliri, lasciate che mi spieghi meglio: Bob Marley sarebbe stato un grande qualunque musica avesse voluto suonare, perchè oltre a essere un musicista di livello quasi inimmaginabile per noi comuni mortali, era anche una persona di carisma inaudito che avrebbe potuto avere successo in qualunque campo avesse mai voluto avventurarsi. Ha scelto la musica, buon per noi, ma il Reggae è stato un incidente, quello che ha trovato sulla sua strada nel paese dove è nato e che ha scelto di usare come mezzo di espressione, niente di più. Mettiamocelo bene in testa, lui era un artista assoluto, oltre il Reggae, oltre la Giamaica, oltre noi.
La Giamaica è un paese che grida vendetta per come è stato ridotto dai colonialisti e dai post colonialisti. Un posto poverissimo e violentissimo, un posto minuscolo che da solo produce più del 4% della musica registrata nel mondo e che riceve in cambio altra violenza, altra povertà e null’altro, men che mai i soldi che gli spetterebbero. Bob Marley odiava la violenza con ogni fibra del suo essere e trascorse la vita intera cercando, probabilmente invano, di portar pace tra la sua gente, o di avvicinare persone che troppo vicine non potevano proprio stare perchè avrebbero subito cercato di farsi del male l’una con l’altra. Pensateci un attimo: non è straordinario che il Reggae sia nato proprio in Giamaica e che Bob Marley ne sia diventato il simbolo?
Ma di cosa stiamo parlando?
Negli orribili tempi in cui viviamo, il rispetto dell’essere umano è andato a farsi benedire in favore di una bizzarra percentuale inventata da un economista psicopatico o di un punto di share, o anche solo in cambio di un conticino in Svizzera o di qualche vaga promessa relativa a un fantomatico scatto in avanti nella corsa al successo o di un posto nella conduzione di un TG, una poltrona da senatore, a vita o no. Questi sono tempi che Bob Marley avrebbe definito “figli di Babilonia” e in questi tempi i cosiddetti massmedia si sono inventati priorità e classifiche in base al latte con cui Babilonia li ha nutriti e cresciuti, e nel rivoltare la storia per indossarla come fosse ancora nuova, son finiti anche a rivoltar la musica e ci dicono delle cose, della discografia di Bob Marley, decise a tavolino, negli uffici di qualche major, non per la strada e nelle orecchie della gente. Ci dicono che l’album più importante di Marley fu Exodus e ci spiegano anche perchè, ma è una bugia, l’album che fece esplodere la bomba Marley uscì nel ’75 ed era Live! Anche se allora in Inghilterra e negli States, oltre che in patria, era già piuttosto noto, per il resto del mondo era un perfetto sconosciuto e Live! lo impose all’attenzione di tutti: la musica rarefatta, il ritmo che andava in controtempo col cuore, quella voce stupenda e “No Woman No Cry” che mando tutti in estasi e che produsse, l’anno seguente, una versione dei Boney M che scalò le classifiche pop/disco/rock e che contribuì ad allargare ulteriormente quella che già era divenuta la leggenda di Bob Marley. Eccovela qui:
La versione dei Boney M non si discostava molto da quella originale di Marley, ma quella contenuta nel disco Live! era un’altra cosa, evocativa, lenta…perfetta! ci furono paragoni con Bob Dylan, non del tutto campati in aria, e fu proprio da “No Woman No Cry“, contenuta in Live! che la fiamma del Reggae si accese con tutto il suo splendore nel mondo intero inondandolo di artisti eccellenti, pieni di idee e di musica. Io vidi dal vivo Peter Tosh che forse era solo l’ombra di Marley e fu tra i concerti più belli ai quali io abbia mai assistito. Il resto sono chiacchiere volte solo a generare confusione e falsi profeti, proprio come direbbe Bob.
Rebel Music è un bel film, capace di raccontarci, in modo gentile, chi era l’ambasciatore del Reggae nel mondo, quali erano le sue idee politiche e religiose e il suo rapporto con la moglie Rita e le donne in generale, cosa quest’ultima che ci poteva anche risparmiare tranquillamente, per dirla proprio tutta. La storia narrata, essendo compressa in 84 minuti, non è naturalmente molto approfondita, ma è sostanzialmente corretta e può servire a introdurre eventuali neofiti, nel mondo del Reggae e di Bob Marley. Per chi invece neofita non è, Rebel Music può essere un tuffo nel mito, con testimonianze di artisti ben conosciuti e con ottimi filmati d’epoca. E poi c’è la Giamaica, nel film, ed è proprio come la conosciamo, maledettamente povera e violenta, che non si capisce come, da tutta la sua disperazione, possa far nascere una musica così bella e tanti musicisti così validi. Il resto continua a essere solo un mucchio di chiacchiere inutili. Guardatevi il DVD, se riuscite a trovarlo.
Jah Bless You (and forgive all of us)
Grazie, secondo me anche tu potresti scrivere ottimi articoli, se ci provassi. Su stonehand.it, naturalmente.
grazie, proprio bello.
bello! (ho cercato di mettere un commento su stonehand, ma il codice quest’ora è proibitivo!)
Wikipedia spiega: “Una migliore resa del titolo nel creolo giamaicano potrebbe essere “No, woman, nuh cry”. Il “nuh”, che rende un suono vocale più contratto di “no”, è l’equivalente della contrazione “don’t”
Però, insomma, la canzone non è scritta nel creolo giamaicano e neppure in nessuno degli altri dialetti parlati in giamaica, è scritta in inglese ed il significato, in inglese, è completamente differente.
Secondo me quindi nel testo Bob Marley non si rivolge ad una donna, dicendole di non piangere, ma a qualcun altro, probabilmente a se’ stesso, ferito in qualche cosa, e consolandosi spiegandosi: “Niente donna, niente pianti”