Dont’t Say I’m Liar: Articolo ed Intervista a Paolo Ganz
Dio creò un bellissimo suono per far ridere gli angeli. Gli angeli, in seguito, provarono a riprodurre quel suono, causando non pochi problemi. Alcuni ottennero risultati talmente disastrosi che furono precipitati giù dal paradiso, fino a un posto parecchio più caldo, altri crearono delle trombette nelle quali spernacchiarono durante tutti i secoli successivi.
Quel suono fu però catturato da un tizio, un tedesco mi pare, e racchiuso in un bellissimo, piccolissimo, strumento dotato di un numero variabile di fori. Da quel giorno gli angeli spernacchiarono un po’ meno nelle loro trombette e ricominciarono a ridere.
Verso la fine degli anni ’80 Paolo Ganz aveva una rubrica su Guitar Club. A quei tempi ero concentrato sulla chitarra elettrica e non ero molto interessato ad altri strumenti. Ma leggevo con piacere quel che scriveva Paolo. Era una bella rubrica e fui molto colpito dalla facilità con la quale Paolo trasmetteva il suo pensiero, qualcosa che andava ben oltre la capacità di divulgare le proprie conoscenze tecniche. Quando l’anno scorso è uscito il suo primo libro (Nel Nome del Blues, Agorà Factory) non mi sono stupito più di tanto…l’abilità narrativa è un dono e quella di Paolo traspariva dai suoi articoli, addirittura dai molti metodi scritti nel corso degli anni e divenuti strumenti di studio “istituzionali”, per molti giovani bluesmen italiani.
È talmente ovvio che non l’ho neppure scritto ma, per tutti gli extraterrestri che si stanno intrattenendo leggendo queste righe, ricorderò che Paolo Ganz è un bluesman. Mica uno qualsiasi, no, è un bluesman di quelli tosti, di quelli che han macinato chilometri per raggiungere palchi grandi pochi metri quadrati, che han letteralmente sputato sangue, suonando, che hanno attraversato crocicchi sperduti e inseguito sogni a occhi aperti chiudendoli solo per riposare un po’, in mezzo a qualche campagna sconosciuta. È tra i pochi bianchi che non ha imparato il blues. Lui è nato blues.
Se penso agli anni trascorsi da quando ho sentito nominare per la prima volta Paolo Ganz mi viene paura. Quanto tempo, quante cose sono cambiate irrimediabilmente, ma Paolo è rimasto sempre in giro, con il suo blues, divenendo uno dei più importanti artisti italiani, anche se purtroppo non abbastanza conosciuto dal grande pubblico. A dire il vero non capisco perchè non sia più famoso di quel che è, se però penso che per molti italiani anche Miles Davis è uno sconosciuto la cosa non mi preoccupa, ne’ sorprende, poi così tanto.
Paolo Ganz è un maestro di quello strumentino usato per catturare il suono che Dio creò per far ridere gli angeli. E Paolo Ganz lo suona da Dio.
L’armonica è uno strumento meraviglioso… mi piacerebbe davvero saperla suonare. Certo lo faccio, ma la suono anche peggio di quanto suoni la chitarra. Sono uno zufolatore, niente di più, ma esistono veri incantatori, virtuosi che ne sanno trarre ogni sorta di suono, prodigi d’aria e ottone, ance modellate come creta dal soffio dell’istrionico mago. Vedete? anche il solo pensarci migliora il mio stile narrativo… qualche settimana fa ho sentito in radio un brano, un blues, ignoro, e continuo a ignorare, chi lo suonasse, proprio a metà c’era un bellissimo assolo di chitarra, con tanto di wha-wha e passaggi pieni di saturazione e poi pull off, hammer on, legati, strisciati. C’era tutto il campionario delle tecniche chitarristiche. Solo alla fine ho capito che l’assolo non era suonato con una chitarra ma con un’armonica. Non so chi fosse, lo ripeto, ma poteva tranquillamente essere Paolo Ganz. Lui è uno di quegli incantatori capaci di far magie con una armonica.
Vi siete accorti che la sto prendendo da molto lontano, vero? è che mi viene difficile parlare di Paolo Ganz, è un po’ come cercare di spiegare perchè l’acqua è buona… è una cosa così ovvia. Se non conoscete Paolo troverete molte informazioni sul suo sito: www.paologanz.it e anche su http://www.myspace.com/paologanz maggiori informazioni le otterrete però ascoltando la sua musica o leggendo i suoi libri, datevi quindi un po’ da fare per procurarveli….e poichè, udite udite, un nuovo disco e un nuovo libro di Paolo stanno per essere pubblicati, mi pare naturale cogliere la palla al balzo e approfittarne per farci quattro chiacchiere.
Manodipietra intervista Paolo Ganz
(Manodipietra) Paolo, ma quand’è che trovi il tempo per scrivere libri e metodi?
(Paolo) Il tempo è sempre poco, o non è tanto quanto si vorrebbe, ma se c’è una passione grande è necessario ritagliarsi degli spazi per sé stessi. Comunque tieni conto che i metodi che ho pubblicato li ho scritti in un arco di vent’anni.
(Manodipietra) I lettori di stonehand.it vogliono sapere tutto del tuo nuovo libro. Come si intitola? quando uscirà? sarà ancora legato al blues o avrà temi differenti?
(Paolo) Dopo l’uscita di ‘Nel nome del Blues’ l’editore, lusingato dal relativo successo del libro, ha voluto spingermi a scrivere qualcosa di svincolato dalla musica in generale e dal Blues in particolare; così ha valutato alcune cose che avevo già scritto e tenevo, come si dice, nel cassetto. Tra i racconti di vario genere c’era l’abbozzo di una storia ambientata a Venezia negli anni sessanta. In parole povere la storia della mia famiglia. E’ un lungo racconto di quartiere (ambientato in una Venezia ormai scomparsa) in cui convivono ricordi di famiglia e considerazioni ironiche su quel particolare momento storico nel quale molti italiani uscivano dalla durezza del primo dopoguerra per andare incontro a una vita un tantino più agiata. Il libro – che probabilmente sarà intitolato ‘Calle dei Bombardieri’ – uscirà ai primi di febbraio.
(Manodipietra) “Nel nome del blues” è piuttosto difficile da reperire, perfino su Internet. Cosa deve fare chi volesse procurarselo?
(Paolo) In questi casi la distribuzione è sempre lenta: chi cerca il libro può chiederlo direttamente a me. La mia mail è paologanz@yahoo.it
(Manodipietra) Hai anche un nuovo disco 1 in uscita…quale sarà il titolo? puoi parlarci un po’ dei brani che contiene?
(Paolo) Il CD si intitolerà ‘Don’t say I’m a Liar’ e, come non succedeva più da molto tempo, conterrà tutte mie composizioni più un unico brano ‘standard’. Di questo lavoro ho curato personalmente tutti gli arrangiamenti e diretto le esecuzioni.
(Manodipietra) Quali musicisti ti hanno aiutato nella realizzazione dell’album?2
(Paolo) Oltre ad Ale Voltolina alle chitarre, che è con me da quasi sei anni ed è anche co-produttore del cd – ci sono Stefano Casaro al Basso e Marco Carlesso alla batteria, più alcuni interventi di Claudio Zaggia al piano e Danilo Scaggiante ai sax.
(Manodipietra) Con quali armoniche hai suonato?
(Paolo) Come sempre solo con le mie ‘Marine Band’!
(Manodipietra) Toglimi una curiosità, qual’è il tuo approccio in sala di registrazione? ne esci solo quando hai finito o è più rilassato? registri tutto live o ti piace sovraincidere le parti?
(Paolo) Per questo lavoro ho registrato le parti di basso, batteria e le chitarre ritmiche in diretta, per non perdere il feeling dell’esecuzione live. A quel punto sono iniziate le sovraincisioni dei vari strumenti, le sezioni dei sax, le tastiere, le voci e alla fine le armoniche che lascio per abitudine per ultime.
(Manodipietra) John Lennon diceva che agli inizi per lui l’armonica era un “diversivo” che poi ha abbandonato completamente in favore della chitarra. Per te la chitarra era un diversivo che hai abbandonato in favore dell’armonica? La suoni ancora?
(Paolo) Io nasco come chitarrista, anche se l’armonica l’ho suonata praticamente sin da bambino. Ora però non suono più la chitarra, nemmeno per comporre: non c’è un motivo preciso, è una questione di feeling. Per comporre lavoro prima di tutto sui testi e poi semplicemente compongo le musiche ‘in mente’ senza strumenti o altro. A quel punto trasformo le idee e le emozioni in note da ‘passare’ ai musicisti. Spesso fisso il brano cantandolo semplicemente sul registratore del cellulare, così come viene. L’armonica viene dopo perché, forse questo ti stupirà, è molto accessoria alla mia musica: dopo avere registrato tantissima musica per armonica (per me e per altri artisti) metto davanti a tutto la voce e il testo e lascio al mio strumento delle finiture, dei colori o – in qualche caso – l’esposizione del tema. E poi l’armonica, a lungo andare, diventa noiosa mentre usata con parsimonia rappresenta una spezia quasi indispensabile!
(Manodipietra) Anch’io sono, anzi lo ero finchè ho capito che era meglio lasciarlo fare a quelli capaci, un (pessimo) compositore e una simile via potevo usarla fino intorno ai vent’anni. Dopo ho sempre avuto bisogno dello strumento, di molti fogli di carta e di un bel po’ di tempo. Complimenti quindi per aver mantenuto intatta la creatività di un ventenne! Ti è mai capitato, nei tuoi viaggi in macchina, di fermarti su una strada sconosciuta, sederti sul ciglio della strada e metterti a suonare, da solo?
(Paolo) Bah, sono cose che si fanno quando si è molto giovani e molto presi dall’atmosfera del Blues! Si leggono le storie dei grandi e ci si illude un po’ di essere come loro…E qualcosa che serve per crescere, ma poi bisogna prendere un po’ le distanze da certi folklorismi e pensare alla musica. Diventare un musicista a tutto tondo e non solo un suonatore di armonica!
(Manodipietra) La domanda mi era venuta per via della visione romantica che ho della musica e delle molte storie di Alan Lomax dove persone stanche e malconce spesso si fermano e, semplicemente, suonano. I tuoi viaggi in macchina sono diventati ormai un mito del blues italiano, con che macchina ti muovi, ora?
(Paolo) Ti dirò, ne ho consumate parecchie girando a far concerti e adesso – questo è molto poco Blues – ho una comodissima Volkswagen Polo.
(Manodipietra) Dopo tanti anni, dove trovi l’entusiasmo per suonare ancora, dal vivo, un brano che hai già suonato 500 volte? dove trovi l’entusiasmo per rimetterti in macchina, con l’attrezzatura dietro, e ripartire?
(Paolo) Questa è una bella domanda! L’entusiasmo è nella musica stessa, nel pubblico, ma le misure si sono spostate! Prima di tutto cerco di evitare i brani ultra classici: annoiano chi li suona e chi li ascolta, poi – bisogna ammetterlo – suono meno di un tempo, in maniera più calibrata e con trasferte più pensate. Gli anni passano e non sono più un bambino. Poi tengo conto delle situazioni: una volta suonavo comunque e dovunque, da solo, in duo, in trio o con la band; come titolare o come accompagnatore. Oggi vedo se vale la pena. L’entusiasmo c’è sempre, ma lo esprimo in maniera diversa, mi preparo all’incontro con il pubblico (anche quello di un piccolo club) in maniera maniacale, curo l’abbigliamento, cerco che ogni particolare sia a posto e rendo il tutto più accattivante possibile. Sorrido, ballo, intrattengo chi mi sta a sentire…Tutto come se stessi corteggiando una signora!
(Manodipietra) Da quanti anni suoni l’armonica, ormai? Lo so che è una domanda che potrebbe non avere una risposta così immediata, così ti do un piccolo aiuto: io mi sono innamorato dell’armonica ascoltando Dylan prima, poi John Hammond ma anche Bennato e i primi Beatles. A te come è successo?
(Paolo) In modo curioso: ero piccolissimo che mia madre me ne mise una nella calza della Befana, ma il vero inizio doveva attendere ancora parecchi anni! Quando iniziai a interessarmi di Blues, come chitarrista, suonavo qualche pezzo all’armonica e, fatalmente, rimasi affascinato dai grandi armonicisti degli anni 50 che trascinavano la band con il sound della loro venti ance.
(Manodipietra) Hai dei modelli di riferimento? Musicisti che consideri tuoi padri?
(Paolo) Mi sono lasciato influenzare da moltissimi artisti e tuttora possiedo una discoteca blues enorme, ma se dovessi citare un unico mito, non posso non parlare di Rice Miller, Sonny Boy Williamson 2!
(Manodipietra) Ho suonato l’armonica, per secoli, in un “contesto” folk. Era una cosa che, almeno una nella vita, mi riusciva bene. Ho deciso di trasportare l’armonica nel mio “blues” e sono cominciati i problemi…sai cosa intendo vero? è quell’accordo di tonica aspirato, invece che soffiato, è il suonare praticamente al contrario di come ero abituato. È un po’ come se ti dicessero di girare la chitarra e suonarla da mancino, ce la puoi fare ma devi affrontare difficoltà psicologiche e addirittura problemi di equilibrio. Puoi dare qualche consiglio agli armonicisti folk (e cromatici) che si vogliono buttare nel blues? non potrebbe essere il soggetto del tuo prossimo metodo?
(Paolo) Gli armonicisti folk sono abituati a suonare l’armonica in prima posizione, in un modo piuttosto lontano dal Blues, quelli cromatici hanno una tecnica spesso formidabile, ma talvolta mancano di feeling. Il consiglio per tutti è ASCOLTARE i grandi maestri e dimenticare per quanto possibile quello che si è appreso in altri contesti.
(Manodipietra) Io ne ho ascoltati parecchi, di grandi maestri, ma suono ugualmente in modo pietoso, se dimenticassi anche la prima posizione sarei rovinato!!! [superemotions file=”icon_biggrin.gif” title=”Big Grin”] Paolo! so che ami la musica celtica e che per un po’ l’hai anche suonata. Conosco molte persone che amano la musica caltica e che la suonano. Sono splendide persone e ottimi musicisti. A me piace il Blues, e il Country, e il Folk, e il Rock’n’Roll, e il Punk. Ma non solo…mi piace il Flamenco, la Tarantella…mi piace praticamente tutto. Qualunque schifezza mi proponi sotto sotto rieco a trovarci qualcosa di bello. Ho qualche difficoltà con la musica celtica. Dammi una mano, Paolo, cosa c’è di così bello nella musica celtica?
(Paolo) Bisogna fare un doveroso distinguo tra musica irlandese e musica celtica, perché sotto quest’ultimo termine si sono raccolte un sacco di correnti che vanno dall’irlandese tradizionale a un certo tipo di New Age e non sempre è facile districarsi. La musica irlandese propriamente detta è quella tradizionale, quindi Jigs, Reels e qualche altra danza più le immancabili ballate. Se le ballate hanno un flavour che noi italiani possiamo ben capire, per quanto riguarda i tunes strumentali questi sono abbastanza lontani dal nostro feeling, questo per velocità di esecuzione, ripetitività dei motivi e altri aspetti non facilmente districabili. Per quanto mi riguarda considero quella irlandese una parentesi nella mia carriera; una parentesi che non rinnego ma non avrà nemmeno un seguito.
(Manodipietra) Parliamo un po’ di armoniche. So che il tuo set è composto principalmente da Marine Band. Cosa ti piace di questa armonica?
(Paolo) La Marine Band è l’armonica per antonomasia, per il mio gusto, quella che i maestri hanno sempre usato, quella più sincera e spartana. Però i tempi cambiano e al piccolo strumento vengono chieste prestazioni sempre più esasperate. Le mie MB sono customizzate appositamente per me da Claudio De Simone. In sostanza uso dei comb in bosso o olivo che sono praticamente indeformabili e quasi eterni su cui vengono fissate la ance di una normale MB. In più tutti i chiodini vengono sostituiti da viti e dadi per una maggior tenuta dell’aria. Poi le ance regolate su un gap che si confà al mio modo di soffiare piuttosto…vigoroso.
(Manodipietra) So che possiedi anche delle Hering Vintage. Io trovo che siano bellissime, forse le più belle, a te che impressione hanno fatto?
(Paolo) Le ho provate, ma sinceramente non ne ho ricavato un gran che. Le armoniche sono come le persone: non si può andare d’accordo con tutti!
(Manodipietra) Le Vintage hanno le ance più vicine ai fori rispetto alle Marine Band, Forse non sono l’deale per il tuo modo di suonare “energico”. A me piacciono molto le Suzuki. So che a molti non sono gradite, ma io trovo che già il modello che potremmo definire “base” la folkmaster, suoni in modo ottimo, quasi una Marine Band. I modelli superiori li trovo addirittura divini al punto che la Hammond mi manda letteralmente in trance. Tu cosa ne pensi?
(Paolo) Confesso che a parte le modifiche di cui ti ho parlato sono un po’ tradizionalista per quanto riguarda le armoniche , quindi non saprei dare un giudizio attento su questi altri modelli.
(Manodipietra) Ormai i combs vengono costruiti nei materiali più diversi, con risultati, devo dire, spesso molto apprezzabili. Tu preferisci sempre e comunque il legno o sei aperto ai materiali alternativi?
(Paolo) Assolutamente il legno (con un eccezione per la plastica delle Lee Oskar che uso in qualche occasione). Il legno è caldo e regala un suono rotondo e pieno.
(Manodipietra) Molti armonicisti ritengono che per suonare blues in un contesto live ci vogliano amplificatori dedicati, studiati appositamente per l’armonica. Io sono un po’ più naive e penso che ci voglia solo l’armonica e uno che sappia suonarla, il resto è accessorio. Tu mi sembri a metà strada, usi un Bassman che è un amplificatore nato per i bassisti ma usato da una moltitudine infinita di chitarristi. A cosa si deve questa scelta? cme vedi, in generale, il “problema” amplificatori?
(Paolo) Prima di tutto devo dire che personalmente ritengo che sia sempre il musicista che fa il suono e mai la strumentazione: questa è una credenza da principianti! Il Bassman che è l’amplificatore per armonica per antonomasia lo uso molto, molto poco, dal momento che preferisco usare un buon microfono vocale collegato all’impianto e lavorarlo con il mixer. Trovo che per me sia la situazione più congegnale e dinamica.
(Manodipietra) Sono contento di sapere che anche tu la pensi come me… Concludiamo in modo spudoratamente classico questa intervista…sei un maestro e un insegnante, dai qualche consiglio pratico a chi si vuole avvicinare all’armonica, che non siano quelli ovvi, cioè studiare, esercitarsi e ascoltare altri armonicisti.
(Paolo) Questi consigli ‘ovvi’ sono intramontabili e non possono essere aggirati, ma possiamo aggiungere di stare tanto con il proprio strumento: suonatelo il più possibile, nelle pause di lavoro, a scuola, in casa; scovatevi un posticino tranquillo per esercitarvi, portatevelo sempre dietro, dormite con l’armonica sotto al cuscino e sognate di Sonny Boy!
Così, cari lettori, siete stati testimoni di un evento epocale: il peggiore armonicista del mondo ha incontrato e intervistato uno dei migliori… avrei mille domande ancora che potrei fare a Paolo: sullo spessore dei combs, sui cover, sui microfoni, sull’ambiente musicale Veneziano, sul perchè nessun gondoliere suona l’armonica… mi terrò queste domande per la prossima occasione. Per ora ringrazio Paolo Ganz per la disponibilità e per tutto quello che ha fatto, e farà, per quel meraviglioso strumento che è l’armonica.
Grazie Paolo!