Pick Punch
Se da una parte propugno l’uso del fingerstyle su tutti gli strumenti a corda esistenti nella parte di qua dell’universo, con la doverosa e pure un po’ scontata esclusione del mandolino, dall’altra parte sono un fervente collezionista di plettri.
Parliamoci chiaro, non sono uno di quelli fissati, la mia collezione è alquanto modesta, vanta circa 900 pezzi ed è belle e conclusa da diverso tempo: i plettri costano molto cari, continuano a sfornane di sempre nuovi e a starci dietro si perderebbero soldi e tempo che non posso permettermi di perdere quindi, una volta che il raccoglitore di monete adibito allo scopo si è riempito per bene, la raccolta si è chiusa. Debbo però confessarvi, cari i miei 7 lettori, che ne vado piuttosto fiero: alcuni esemplari sono davvero molto vecchi e rari, altri sono personalizzati e altri ancora sono fuori produzione da tempo e ogni tanto mi piace rituffarmi tra quelle pagine di plastica, guardare le forme, i colori, i marchi e cercare di ricordarmi dove e quando ho comprato quel Fender color limone, quel Jim Dunlop da 1 millimetro, quel Pro Grip tartarugato, che cosa suonavo a quei tempi, quale strumento.
E’ che i plettri mi hanno sempre affascinato e, credetemi sulla parola, questa cosa non ha niente a che vedere con la musica, è qualcosa che appartene alla sfera dell’inconscio o forse addirittura del metafisico: vedere quella che molti chiamano ancora pennetta consumarsi e diventare inservibile, o peggio ancora spezzarsi, mi fa male e forse è proprio per questo che suono solo con le dita e che anche durante il breve periodo in cui non lo feci, il mio “intervallo” chitarristico elettrico, per pizzicare le corde decisi di usare una moneta da 10 lire.
Non voglio tediarvi con discorsi autoreferenziali anche perchè, purtroppo, non c’è alcuna referenza che valga davvero la pena sbandierare, quindi vado direttamente all’oggetto di codesto articolo, oggetto che mi ha permesso di riprendere l’amata collezione, ma da un punto di vista abbastanza differente e, incredibile, questa volta a costo zero: il Pick Punch.
Il Pick Punch è sostanzialmente una fustella per ricavare plettri da pezzi di plastica di vario spessore, è massiccio, pesante e fabbricato con cura e precisione: è sufficiente inserire una carta di credito o una tessera scaduta, premere la leva che aziona il cilindro et voilà, magari dopo aver rifilato un po’ con una limetta l’oggettino ottenuto, si è pronti per suonare. Se siete utilizzatori o collezionisti di plettri il Pick Punch si ripaga da solo in breve tempo e questo piccolo dato economico non è da sottovalutare e neppure tanto piccolo, in questi tempi oscuri e densi di nebbia cerebrale così spessa che di uguale non se ne è mai vista, neppure dalle parti del Ticino.

L’inizio della nuova collezione!
Questo bell’accessorio dovrebbe essere disponibile presso tutti i negozi di musica, ma se non lo trovate e volete assolutamente averlo, potete ordinarlo direttamente dal sito del produttore (www.pickpunch.com) dove è disponibile in ben 8 modelli: “STANDARD 351” (la forma più diffusa), “JAZZ SHAPE” (leggermente più piccolo), “346” (triangolo arrotondato, più grande del 351), “Baby 346” (come il 346 ma di dimensioni simili al 351), “Teardrop” ( lungo come un 351 ma più affusolato), “Dorito Chip” (triangolo grande, alla Santana), “1″ Circle” (rotondo, per mandolino o per jazz stile manouche), “1″ SQUARE” (quadrato, per quelli a cui piace così).
Esiste anche un nono modello (Shirt Collar Stay) con il quale è possibile creare delle stecchette pensate per rinforzare il collo delle camice che potrebbero, secondo me, essere tranquillamente usate per suonare alcuni cordofoni orientali, ma potrei sbagliarmi, vedete un po’ voi. Sul sito potete anche acquistare fogli di plastica di vario spessore, limette per rifilare i plettri, inchiostri per stamparli, accessori e kit che offrono i vari prodotti in molteplici configurazioni.
Lasciatemelo dire, il Pick Punch è davvero una bella invenzione, siete d’accordo?