Minima n°8
La musica non è solo nel pentagramma o tra le dita di un musicista, la musica è ovunque: nel rumore di un altalena, nello scorrere di un rosario, nel suono di un pallone che, colpito con forza, rimbalza per terra o contro le mani avversarie.
Per quanto riguarda il calcio tengo all’Inter.
Cominciò tutto all’inizio degli anni ’60, quando avevo quattro anni e un mio zio decise che, come lui e tutta la parte torinese della famiglia, dovevo per forza tifare Juventus. Per convincermi mi fece vedere alcune foto della squadra e dei calciatori più in vista ma io rimasi sfavorevolmente colpito dai colori della maglia e tentennai non poco, spingendolo ad alzare il livello della scommessa: un bellissimo portafoglio azzurro con stampato il logo bianconero e con, nella tasca interna trasparente, la figurina di John Charles. Avrete certamente già sospettato, cari i miei 7 lettori, che la foto del pur bravo calciatore inglese fu un clamoroso autogol da parte di mio zio che determinò inesorabilmente l’esito della partita nel modo che già sapete. Se associata al marchio della società bianconera avessi trovato, invece, una foto di Sylvie Vartan, fin da allora idolo indiscusso vostro, mio e soprattutto di tutti gli dei, le cose sarebbero sicuramente andate diversamente visto che, come sapete dal mio precedente articolo dedicato e Neil Young (sono strano, lo so), fattori mistico religiosi sarebbero entrati prepotentemente in campo determinando giochi e risultato. Certo ora che sono adulto, consapevole e di molto, ma di molto istruito, capisco che a voi, a me e a tutti i singoli dei di ogni singola religione passata, presente e futura Sylvie Vartan piace proprio perchè siamo interisti e che quella di sopra è solo una sconclusionata speculazione, anche se non del tutto edilizia. Per farmi perdonare eccovi una video della immortale diva:
Giocando per strada (allora si poteva tranquillamente giocare per strada) trovai una busta di figurine che qualcuno aveva sfortunatamente per lui, ma non per me, perso, l’aprii tutto curioso e all’interno pescai il marchio di una società che mi piacque molto, colorato di nero e di azzurro, e la foto di un calciatore con la faccia tranquilla e simpatica che ne indossava la maglia . Chiesi a qualcuno di leggermi che cosa c’era scritto su quelle due meravigliose figurine e così scoprii finalmente l’eldorado: la squadra era l’Internazionale F.C. il giocatore addirittura Mariolino Corso. Nella tragedia messa in piedi da mio zio, come se niente fosse sostituii nel portafoglio la foto di Charles con quella di Corso e incollai lo scudetto dell’Inter (a quei tempi noi bambini chiamavamo così i logo delle società calcistiche) sopra quello della Juve, dando inizio a una simpatia che di questi tempi ha ormai accumulato molti lustri alle sue spalle. Inutile dire che quando scoprii qualcosa di più sulle caratteristiche tecniche di Mariolino Corso e cioè che era mancino come me, divenne uno dei miei idoli nerazzurri di sempre, uguagliato solo dal capitano per eccellenza, Javier Zanetti. E scusate se è poco.
Cosa succederebbe se l’Inter scomparisse, fallisse o venisse cancellata? mi sceglierei una altra squadra? da sempre ho una forte simpatia per la Sampdoria, simbolo dei portuali di Genova, e da sempre ne ho un’altra per il Livorno che, come si può facilmente dedurre dal suo nome, ha sede nella città più arguta d’Italia infine, come torinese, non posso non provare una certa solidarietà per il Torino, costretta a dividersi il territorio con la formazione più vincente del paese. Se dunque l’Inter scomparisse diventerei supporter a tempo pieno di Sampdoria, Livorno o Torino? Io credo di no, credo che rimarrei comunque tifoso di ciò per cui faccio il tifo da tempo immemorabile, anche se ormai assente per sempre dai campi di calcio. E’ semplicemente una questione di cuore, immagino sia piuttosto facile capire quello che voglio dire.
Quando la Pallavolo Femminile Matera (d’ora in poi PVF Matera) chiuse i battenti, io davvero adottai un’altra squadra? E’ stato veramente possibile?
Vi ho già narrato di come, durante i primi anni ’70, divenni tifoso della Panini di Modena, squadra che ho scolpita nel cuore insieme all’Inter e alla Ignis Varese, che mi conquistò grazie alle mirabolanti imprese dello spettacolare Manuel Raga, tuttavia non mi ero mai interessato di pallavolo femminile, considerandolo quasi uno sport minore, fino a un incerto giorno del 1985 durante il quale un collega, regolarmente munito di giornale stampato su carta rosa mi informò non solo che una squadra della mia regione era arrivata fino in A2 ma che si trattava addirittura di un team femminile. Questo costrinse una parte della mia anima pallavolista a volare fin laggiù, a Matera, per dare a quella società, a quel gruppo di ragazze, tutto il mio sostegno morale, che ne avevano bisogno operando in una provincia ai confini dell’impero, dimenticata dai potenti e anche da coloro che combattono i potenti, una delle città più antiche e belle del pianeta completamente abbandonata a se stessa e obbligata a tirare avanti contando esclusivamente sulle sue proprie forze. La PVF Matera, come tutti sappiamo, divenne da lì a poco la squadra più forte del mondo e, anche se per un tempo non troppo lungo, ci fece sognare davvero tutti noi che veniamo dal sud, ci fece credere che anche laggù si potessero creare realtà sportive alternative al calcio, trovare sponsor, ottenere risultati. La PVF Matera non scalzò certo dal mio cuore il Modena maschile, ma lo costrinse a rinchiudersi in un angolino, prendendosi quasi tutto lo spazio pallavolistico disponibile.
Molte gloriose società di questo bellissimo sport sono scomparse o ritornate in serie inferiori a occuparsi prevalentemente di giovani, ma quando capitò alla PVF Matera il dolore, se si può chiamare così, fu doppio, perchè non se ne andava via una normale compagine sportiva ma una specie di speranza, un grido di rabbia, una voce che obbligava il potere centrale a farsi un esame di coscienza a ogni scudetto conquistato, a ogni coppa vinta, lo costringeva a prendere in considerazione l’idea di far passare almeno una linea ferroviaria da quel centro urbano, di collegarlo decentemente con il resto del paese. Finita la PVF Matera, i potenti e anche i loro nemici si son tutti messi la coscienza a posto e hanno ripreso a occuparsi di quelle importantissime cose inutili delle quali riempiono il proprio tempo, lasciando Matera di nuovo a contare solo sulle proprie forze, senza ferrovia, senza aiuto, senza niente.
Nel 2000, quando le luci si spensero sulla PVF Matera, per me ritornare a essere tifoso soltanto del maschile era impossibile e quando un paio di anni dopo una agguerrita formazione femminile che giocava non lontano da casa mia conquistò la serie A2, decisi che quella sarebbe stata la mia nuova squadra. E’ possibile scegliersi una nuova squadra in età matura conservando quella vecchia nel cuore? se debbo essere sincero non lo so, ma debbo confessarvi che quando anche la mia seconda squadra è scomparsa non ho provato alcuna sofferenza, di certo non quella che mi diede la chiusura della PVF Matera, quindi presumo che il mio sia stato un tifo di testa, più che di cuore, oppure non lo so, forse sono semplicemente più maturo e non mi importa più delle sigle, dei nomi, ma sono semplicemente diventato un appassionato di pallavolo femminile, da qualunque parte venga e chiunque la giochi.
Si cresce, insomma, anche se quando mi chiedono a che squadra tifo istintivamente rispondo: “4 scudetti, 3 coppe italia, 2 coppe dei campioni, due coppe CEV, una supercoppa europea. Latte Rugiada Matera, naturalmente!”