Minima n°5
La musica non è solo nel pentagramma o tra le dita di un musicista, la musica è ovunque: nel rumore di un altalena, nello scorrere di un rosario, nel suono di un pallone che, colpito con forza, rimbalza per terra o contro le mani avversarie.
Mi rendo conto di non avervi mai detto qual è la mia squadra del cuore, carissimi appassionati di pallavolo o semplici curiosi, ma credo che, mettendoci dentro un poco d’attenzione e astuzia, non vi è stato difficile scoprirlo. Avete anche capito che prima ero un sostenitore della mitica PFM che non vuol dire Premiata Forneria Marconi bensì Pallavolo Femminile Matera (che però non si chiamava PFM ma PVF Matera, sia ben chiaro), scomparsa nel 2000, e che da sempre, per quel che riguarda il maschile, tengo al Modena a causa dell’indimenticabile Giuseppe Panini. Avete sicuramente compreso che non amo il termine “volley” al quale preferisco, di gran lunga, la versione italiana e di conseguenza avete anche sospettato che per me la squadra comincia e finisce con le ragazze che entrano in campo alle quali possiamo aggiungere, al massimo, l’allenatore. Il resto, società, sponsor, arbitri, federazioni e tutto quel che ci gira intorno, per quel che mi riguarda è estraneo, diverso, una conseguenza trascurabile e, perchè no? correggibile ed eliminabile. La pallavolo mi ricorda Scarlett Johansson, una donna talmente bella che niente la può migliorare ma qualunque cosa può contribuire peggiorarla. Quindi ogni volta che qualcuno di noi non atleta compie un atto nei confronti di questo sport, lo corrompre, rendendolo meno bello, anche io che sto scrivendo queste sciocchezze: la pallavolo dovrebbe essere una rete e dodici atleti, con nulla intorno, che giocano per sempre in un tempo e in un luogo ideale, una Neverland lontana da tutto e da tutti. Purtroppo noi esseri umani siamo perfettibili, nel senso che gli ideali di Campanella non solo son ben lungi dall’essere realizzati, ma non sono neppure mai stati capiti. D’altra parte, se ben ricordate, un nostro leggendario capo di governo affermava di adorare l’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam e dava spiegazioni che dimostravano chiaramente che aveva compreso al contrario gli intenti dell’autore. Sia chiaro, la colpa non è di chi non capisce ma di chi non sa farsi capire, Erasmo infatti, si dedicò all’interpretazione meticolosa del ruolo della follia, fornendole plausibili giustificazioni soggettive e supponendo che i lettori avrebbero compreso l’ironia di quel che andava raccontando. Si fidava troppo dei lettori e se quell’ironia l’avesse anche resa maggiormente intelligibile non ci sarebbero oggi nel mondo milioni di lettori, come il nostro leggendario ex capo di governo, che leggono l’Elogio e lo interpretano a capocchia. Non è nemmeno colpa di Erasmo, a ben pensarci, che l’arte a volte e troppo forte per poterla controllare e fa un po’ quello che vuole, possiamo citare anche Riccardo Bacchelli, a sostegno di questa tesi, e il suo Diavolo al Pontelungo nel quale era sua intenzione dimostrare la superiorità dell’ideale socialista a quello anarchico mentre, sempre a causa di quell’arte superiore e incontrollabile, dipinse Michail Bakunin e i suoi amici con tratti talmente umani che non poterono fare altro che ispirare simpatia e solidarietà e conseguentemente simpatia e solidarietà per l’ideale che, nelle intenzioni, si voleva combattere. L’arte e la cultura sono anche questo, cari amici pallavolistici, la possibilità di una scelta, di una interpretazione differente, sarà per questo che tendono a venire cancellati dai nostri media, e sostituiti da sciocchezze senza capo né coda, per non darci la possibilità di scegliere. La pallavolo noi ce la teniamo così com’è, anche se potrebbe essere molto meglio.
Terminata tutta questa parte pseudoculturale veniamo alle pillole pallavolistiche: nelle primissime posizioni di classifica ci sono Bergamo e Conegliano sulle quali, all’inizio di campionato, non puntava proprio nessuno e questa è una cosa piuttosto bella, mentre Giaveno, che vinca o che perda, gioca sempre al massimo riempiendo d’orgoglio i propri tifosi. La mia squadra invece le ha buscate in quattro set, senza portare a casa neppure un punto, e negli spalti son girate osservazioni tecniche piuttosto critiche, pungenti e abbastanza coerenti, perchè il pubblico della pallavolo, differentemente da quello di altri sport di più grande massa, è piuttosto competente. C’è da dire che col senno di poi siam tutti grandi tecnici, ma che ci volete fare? non fosse così saremmo svizzeri o finlandesi, invece siamo italiani e quindi dotati di patentino da allenatore fin dalla nascita. Io, lo sapete, seguo con la massima attenzione tutti gli scambi e mi faccio prendere dall’entusiasmo o dallo sconforto, ma a partita finita rientro nella normalità e, in caso di sconfitta, assolvo tutte le ragazze, perchè mica lo fanno apposta a perdere, si perde per tante ragioni, non ultima quella che le avversarie son più forti o, semplicemente, giocano meglio.
Vi dicevo che la mia squadra le ha buscate, in casa, e il conteggio dei punti fatti in totale è stato di 93 a 84 per le avversarie. Se però andiamo a sommare i punti marcati dalle singole giocatrici scopriamo che la mia squadra ne collezionati globalmente 71, mentre l’altra 64. La differenza sono gli errori: le nostre rivali hanno sbagliato solo 13 palloni mentre noi 29. Ventinove palloni, capite? più di un intero set! è chiaro che non potevamo vincere con questa media di sbagli e quindi volevo semplicemente dire, bonariamente, ai signori arbitri, decisamente bravi e attenti e che hanno assegnato all’altra squadra tre o quattro punti dubbi sui quali quattromila spettatori, dotati di ottomila occhi, non erano d’accordo, che noi siamo capacissimi di perdere da soli, davvero, non ci serve alcun aiuto per questo.