Minima n°3
La musica non è solo nel pentagramma o tra le dita di un musicista, la musica è ovunque: nel rumore di un altalena, nello scorrere di un rosario, nel suono di un pallone che, colpito con forza, rimbalza per terra o contro le mani avversarie.
In televisione c’è Pesaro-Bergamo, con molti motivi di interesse per il sottoscritto, in primo luogo la presenza delle bravissime palleggiatrici Kathleen Weiss e Noemi Signorile, ex giocatrici della mia squadra del cuore, e poi perche in campo ci sono due giovanissime ragazze dal talento purissimo che a breve renderanno grande la nostra nazionale, una diciannovenne e l’altra diciottenne: Valentina Diouf e Cristina Chirichella, della quale abbiamo già parlato nella Minima n° 1. La partita sembra equilibrata e interessante e mentre mi sto domandando perchè c’è un’atleta chiamata dai telecronisti con ben tre nomi, Kenny Moreno Pino, che non corrispondono a quello che ha sulla maglietta, De Vecchi, ecco che scompaiono dal campo sia Valentina Diouf che Cristina Chirichella.
Io sono uno che vede lo sport in modo sentimentale, quando la tecnica e il ragionamento prendono il sopravvento sul cuore allora lo sport perde tutto il suo fascino e si riduce a essere un banale esercizio tattico-muscolare. La sostituzione delle due ragazze avrà avuto ragioni validissime ma per me non contano, e senza di loro la partita perde istantaneamente interesse e spengo la TV. Quando lo sport vuole il mio interesse deve impegnarsi per guadagnarselo.
In Italia la pallavolo attecchisce meglio in provincia. Le ragioni sono misteriose o probabilmete io non ho abbastanza mezzi intellettuali per agguantarle, comunque va così. Si sviluppa in piccole palestre scolastiche e cresce sempre su quei pavimenti, spostandosi se capita in qualche oratorio e infine sul parquet di palestroni più grandi, dotati di gradinate il più delle volte mobili. E può succedere che esploda, che diventi grande e conquisti la A2 e poi la A1 solo per scoprire che il palestrone con le gradinate mobili non è più sufficiente, non ha i requisiti per ospitare partite dei campionati maggiori e che serve un palasport. Quante cittadine di provincia o paesi sono dotati di palasport? non molti invero e le squadre di pallavolo che si affacciano alla massima serie a volte, per poter giocare, devono usare le strutture di altre cittadine, strutture che a volte non sono tanto meglio dei palestroni che conosciamo, ma che hanno un numero sufficiente di posti, magari sistemati in tribune metalliche, diritte e a strapiombo, con posti in alto a destra o in alto a sinistra dove nessuno vuole andare perchè assistendo alla partita da lassù il risultato finale passerebbe in secondo piano rispetto al torcicollo che, dopo pochi minuti dal fischio d’inizio, chiederà spavaldamente il massimo rispetto e la totalità dell’attenzione.
Tutto questo è un peccato, e non parlo solo del torcicollo.
Nella mia città invece abbondiamo per quel che riguarda i palazzetti dello sport. Ne abbiamo così tanti che tutto il campionato italiano di pallavolo si potrebbe giocare da noi anzi, a pensarci bene, lo suggerisco: non ci sarebbero più spese per le trasferte e gli atleti, anche se ceduti a differenti società, non avrebbero più bisogno di cambiare casa! Squadre di tutta Italia, maschili e femminili, venite a giocare da noi che qui i palasport crescono come funghi e non è escluso che dalla sera alla mattina non si possa vederne sbucare proprio uno davanti a casa nostra!
Noi abbiamo il mitico Palazzetto dello Sport della città di Torino, anche noto con il triste e moderno nome di Palaruffini. Lì si è giocata la grande pallavolo e il grande basket torinese, lì tutti quelli della mia età han visto decine e decine di concerti, dai Genesis a Guccini, dai Gentle Giant a Peter Tosh, da Santana a Maolucci. Il Palazzetto era la nostra seconda casa, ci ammassavamo al suo interno, stretti come acciughe sottosale, anche in 10000 e ci riempivamo di musica rock mentre fuori la canzonetta italiana era ancora regina e madre. Uscire alla fine del concerto con i nostri vestiti strani e i capelli lunghi, attraversando le facce sgomente di gente tenacemente ancorata alla ormai defunta e lontana società anteguerra era impagabile, a volte pericoloso perchè la paura del differente può fare scherzi strani. Ma eravamo tanti e nel giro di qualche anno sarebbero tutti diventati come noi, non c’era da aver paura. Il Palaruffini ha le tribune ad anello, proprio come il gemello piccolo di Roma, il che significa che lo spettatore guardando davanti a sé vede sempre il centro del campo di gioco, non altre tribune o pareti di cemento. Significa che è un vero palasport, non un capannone munito di alcune migliaia di posti e con del taraflex al centro. Recentemente in questo tempio dello sport sono state sistemate sulle gradinate delle scomodissime seggiole e la capienza è stata ridotta a 4500 posti. Non so se è un bene o un male. Da due anni ci gioca la mia squadra del cuore.
A Torino avevamo una strana costruzione chiamata Palazzo a Vela che in occasione delle olimpiadi è stato trasformato in modo da contenere oltre 8000 posti a sedere. E’ un ovale con una buona visibilità, ma ha le tribune centrali diritte, come di moda oggi. E’ usato per il ghiaccio, ma potrebbe anche cambiare in futuro e ospitare della pallavolo, chissà,
Poi abbiamo Lo Stadio del Ghiaccio, il Palasport Tazzoli, la cui capienza potrebbe anche superare i 3000 posti e che è utilizzato dalla squadra torinese di hockey maschile e femminile, oltre che per varie attività di pattinaggio. Assomiglia un po’ a quei palestroni dove giocano molte squadre di pallavolo italiane però ha dei punti di forza notevoli come una seconda pista e vari altri spazi utili. Una squadra di pallavolo potrebbe farne la sua casa definitiva, destinando la seconda pista a palestra. Certo, prima dovrebbe togliere il ghiaccio, cacciare via le squadre di hockey, tutta la gente che ci va a pattinare, quelli che ci fanno i vari sport invernali e dimenticando che forse è la struttura, tra quelle citate in questo articolo, meglio utilizzata.
Tre palazzetti non vi bastano? abbiamo l’Oval al Lingotto, 8500 posti non molto adatti per la pallavolo, perchè è stato progettato per la velocità sul ghiaccio. E’ utilizzato per manifestazioni sportive, fieristiche, musicali ma, considerando i famosi palestroni distributori di torcicolo di cui sopra, con un po’ di buona volontà può anche adattarsi alla pallavolo.
Il Palatorino, ex Mazda Palace, ha chiuso i battenti nel 2011 e francamente non conosco i progetti che lo riguardano, ma dovrebbe essere sempre al suo posto ed è qualcosa che può arrivare a ospitare anche 10000 spettatori, non dimentichiamolo.
E siccome tutti questi palazzetti dello sport non ci bastavano ce ne siamo andati a costruire un altro chiamato alternativamente Palasport Olimpico, Palaolimpico, Palaisozaki, dal nome dell’architetto che lo progettò in occasioni delle olimpiadi invernali. Si tratta di una costruzione modernissima, dotata anche di tribune mobili aggiuntive e capace di sfiorare i 20000 posti a sedere. Le tribune non sono ad anello, come nel Palaruffini, ma la visibilità è decisamente buona. Se una squadra di pallavolo arrivasse a giocarci sarebbe una squadra di pallavolo stellare, io sogno che un giorno lo farà la mia.
Che io sappia non ci sono altri palasport nella mia città, ma potrei sbagliare perchè, si sa, tutto è possibile. Tralasciando il Palatorino ne abbiamo ben cinque dei quali uno, il Palaruffini, ristrutturato in tempi relativamente recenti, un altro, il Palavela, praticamente costruito ex-novo all’interno di un qualcosa di preesistente e tre nuovi di zecca. La domanda è: cosa diavolo ce ne facciamo di cinque palazzetti? servivano per le olimpiadi, direte voi e io vi rispondo che è vero, ma non potevamo regalarli a qualche comune della cintura o della provincia, dove si pratica uno sport sano, dove nascono campioni e dove spesso hanno solo palestre e palestroni e non strutture moderne e funzionali? in fondo è stato costruito un impianto nuovo anche a Torre Pellice, in occasione delle olimpiadi, e ristrutturato quello di Pinerolo, edificare almeno tre dei cinque palazzi al di fuori del territorio comunale era una eventualità così assurda da non poter essere presa neppure in considerazione? Ci saranno sicuramente risposte e motivazioni ragionevoli, ma a me non interessano perchè la domanda credo sia molto più ragionevole
In queste minime pallavolistiche vorrei parlarvi delle giocatrici che più amo, e secondariamente affrontare anche il campionato, ma credo di avere già straparlato abbastanza per questa volta, quindi vi lascio, ma vi lascio con una squadra a cui tengo molto, anche se non è la mia squadra del cuore, perchè appartiene a una cittadina dove ho vissuto per un po’ e che mi è rimasta dentro, Giaveno, neopromossa e capace di vincere già due partite su cinque. Nel Giaveno, tra tante brave giocatrici ce n’è una che apprezzo moltissimo e che di nome fa Chiara Dall’Ora. Chiara non fa sfracelli di punti, in fondo poche centrali ne fanno, ma è una sorta di valchiria del taraflex: quando lei è sotto la rete le altre se la fanno addosso perchè a muro è un vero fenomeno, talmente brava che a volte le statistiche non la premiano come meriterebbe perchè non contano gli errori che le avversarie fanno per non incappare nelle sue mani. Chiara è per le avversarie quello che un cartello di senso vietato è per un automobilista, provare a passare è possibile, ma non si sa cosa può succedere, quindi è meglio non provarci. Chiara Dall’Ora è una centrale fantastica a volte inspiegabilmente sottovalutata e sono contento che proprio Giaveno abbia avuto fiducia in lei. Forza Chiara e fermale tutte, prenditi solo una piccola vacanza quando giochi contro la mia squadra, OK?