Minima n° 12
La musica non è solo nel pentagramma o tra le dita di un musicista, la musica è ovunque: nel rumore di un altalena, nello scorrere di un rosario, nel suono di un pallone che, colpito con forza, rimbalza per terra o contro le mani avversarie.
Come forse saprete, e ci mancherebbe solo che non ne siate a conoscenza, sono in corso i mondiali di pallavolo femminile, in Italia, e io son qui apposta per parlarvene, cari i miei 7 lettori, anche se non so bene cosa dirvi se non che mi sto divertendo un bel po’ a guardare le partite in tv e che ho qualche amletico dubbio sulla formula adottata dalla competizione, dubbio che potrebbe tranquillamente e semplicemente essere generato dalla mia endemica ignoranza in materia di formule e genialità dei vari formulatori. Posso tuttavia confidarvi che mi pare davvero bizzarro che una città come Torino sede di un numero esorbitante di palasport grandi e moderni, e capace di radunare intorno alla pallavolo migliaia di spettatori, non non faccia parte delle sedi scelte per ospitare la manifestazione. Mistero che forse solo i formulatori di cui sopra possono risolvere.
L’italia ha già disputato tre partite, vincendole tutte per tre a zero e giocando anche una pallavolo superba tra lodi sperticate ed entusiasmi incontenibili, ed è quindi contro ogni logica che esprimo qui e ora tutti i miei dubbi nei confronti di questa squadra, dubbi che sono il primo a sperare vengano fugati uno dopo l’altro fino alla vittoria finale, tra inni alla gioia, fuochi artificiali, trionfi, scampagnate, tricche e ballacche. Il primo dubbio è naturalmente relativo alle convocazioni e ve lo espongo immantinente: si è voluto creare un gruppo con diversi gradi di esperienza (età) e non metto in dubbio che probabilmente si tratta di una scelta vincente, una scelta che però io non capisco. Non si dovrebbero semplicemente chiamare le 14 migliori giocatrici, ruolo per ruolo e senza troppe storie? Una decisione come quella che invece è stata presa finisce poi per relegare in panchina atlete di livello mondiale perché non se ne possono convocare altre dotate di grande esperienza, grande palmares e grande età per poi lasciarle fuori. Per dirla in lingua italiana, e per quel che mi riguarda, vedere una delle pallavoliste più forti del mondo, quale è Valentina Diouf, stare fuori in attesa di avere uno scampolo di gioco tutto per sé è una offesa a dio e agli uomini oltre che un insulto bello e buono alla Pallavolo.
E così, visto che su queste pagine è d’uso, a volte, dedicar canzoni alle atlete eccone una bellissima per ripagare Valentina, in parte, di questa enorme ingiustizia subita: Brown Eyed Girl!!!
Il secondo dubbio è relativo alla scelta di portare alla competizione tre palleggiatrici, scelta che, è praticamente matematico, causerà un sacco di problemi nel lungo termine, senza considerare che Francesca Ferretti, dopo una carovana di scudetti vinti, a trent’anni, meritava di giocarsi questo mondiale da titolare perchè se ne era conquistato il sacrosanto diritto. Non riconoscerglielo è stato un altro grosso insulto alla pallavolo, senza tener conto della consueta offesa a Dio e agli uomini. E così, per risarcirla in qualche modo di questo torto, a lei è dedicata Hooked on a Feeling e agli altri no!
Però stiamo stravincendo tutte le partite e com’è gran costume italiano si sta tutti allegramente e stretti sul carro del vincitore, almeno finché il vincitore non comincia a perdere e comunque sperando che questo mai debba accadere mi preme di comunicarvi che, come ampiamente preannunciato nella Minima n°9, adesso non ho più due giocatrici del cuore ma tre! Le prime due già le conoscete, sono Carmen Turlea e Francesca Ferretti, ho cominciato ad apprezzare la prima quando entrò nei ranghi dell’amatissima PVF Matera, la seconda da quando venne a giocare dalle parti e il naturale risultato è che adesso faccio il tifo sempre e comunque per le squadre dove loro giocano. Ma vi ho parlato di una terza giocatrice e sono davvero lieto di comunicarvi che si tratta di Cristina Chirichella, la giovanissima centrale napoletana che sta facendo il bello e il cattivo tempo nei campi di questo mondiale. La prima volta che la vidi fu nel 2012, ve ne ricorderete perché ne scrissi in un articolo, lei giocava con Pesaro e, a diciotto anni, era una pungente spina nel fianco della squadra per la quale facevo il tifo: precisa, concentrata, cattiva e senza ridere mai. Sono passati due anni, lei di suo ne conta venti e in questi due anni è probabilmente diventata la più forte centrale del mondo: ancora più precisa, ancora più concentrata e ancora più cattiva. Però ha imparato a ridere e questo è uno spettacolo altrettanto formidabile di quando alza muri invalicabili o piazza aces a ripetizione. E’ che quando ride e saltella per il campo ricorda a tutti che in fondo è solo una ragazza di pochi anni e che non è il caso di prendere tutta la storia che c’è intorno troppo sul serio, perchè si tratta più che altro di un gioco nel quale l’obbiettivo principale e quello di divertirsi e divertire.
E così da quest’anno farò il tifo per qualunque squadra dove Cristina Chirichella andrà a giocare e soltanto finché ci giocherà perché, proprio come le mie altre due pallavoliste preferite, è stata capace di farmi amare un po’ di più questo sport e, credetemi, non è una impresa così facile. Quale canzone per Cristina? facile, E’ un peccato morir, di Zucchero. L’artista raccontò che dalle sue parti quando c’è qualcosa di davvero speciale, un piatto particolarmente buono, una ragazza particolarmente graziosa, un cielo particolarmente blu si usa dire che è un peccato morire sottintendendo che la morte, tra altre cose meno importanti, si porterà via la possibilità di accedere ancora alla visione di cotanta bellezza o bontà. Bé, quando Cristina entra in campo è così brava e simpatica che, accidenti, è proprio un peccato morire.