Mercedes Benz
Le automobili moderne non invecchiano mai.
Per essere più precisi e, con un colpo di genio interstellare pur se chiaramente a casaccio, citando il leggendario Breakfast Club di John Hughes (1985 per gli storici), le automobili moderne, nella loro vecchiaia, lasciano ancora trasparire la propria giovinezza, se le guardi bene. Saranno i materiali usati, o chissà cosa, ma una macchina con dieci anni di vita, se ben tenuta, si presenta con estrema dignità facendo la sua bella figura anche in mezzo a meraviglie tecnologiche assai più recenti.
Qualche anno fa non era così, ve lo garantisco, qualche anno fa una macchina con dieci anni sul groppone era ormai un catorcio da additare con sorpresa e malcelato disgusto, quando disgraziatamente lo si intravedeva. La mia prima vettura venne costruita nel 1970, io la presi usata, da un solo proprietario munito di garage, nel ’77 e la ruggine nella carrozzeria non era un problema così drammatico, se paragonata agli interni che parevano provenire direttamente da una discarica del 1800. Salirci a bordo probabilmente dava le medesime sensazioni dell’intrufolarsi in un motel segreto e altamente mimetizzato nelle fogne di Calcutta. Non so esattamente cosa ciò voglia dire ma immagino che renda perfettamente l’idea. Potrei stare qui a disquisire per ore sulle ragioni che potevano spingere neopatentati come me a portarsi in casa codeste bagnarole purtroppo, benchè partito con non poche difficoltà e diversi bicchieri di troppo alle spalle, non è questa la direzione che deve prendere codesto ardito scritto e ci tocca passare oltre, su questo argomento posso solo aggiungere che subito dopo esserne diventato l’orgoglioso proprietario composi una canzone per il mio agognato e scassatissimo trabiccolo, ci misi perfino un testo piuttosto intelligente, sfortunatamente non uniformato al periodo storico che pretendeva liriche politicamente significative, al fine di non incorrere nel ludibrio, pubblico e privato.
Parecchio tempo fa parlando con una persona di un tema piuttosto importante, mi pare un referendum, constatai che non riuscivo a spiegarle il mio punto di vista perchè mi dava continuamente risposte disarmanti, per quanto assurde. A un certo punto della discussione fui illuminato dalla luce della conoscenza e mi resi conto che le sue erano semplicemente repliche preformattate che seguivano uno schema ben preciso, basato su alcuni meccanismi ripetitivi che facevano uso dei concetti che io esprimevo per crearne di opposti. Il bello è che lo faceva in modo naturale e totalmente inconsapevole, non per una precisa e giustificabile scelta retorica. A sconvolgermi di più fu però il realizzare che tantissima gente di mia conoscenza era affetta dal medesimo problema di comunicazione nonostante metodologie e tempi fossero quasi sempre differenti da persona a persona.
Son trascorsi gli anni e ora la realtà ci rende chiaro pure il passato più indecifrabile: noi figli del futuro somigliamo pericolosamente alle moderne autovetture. Con l’aiuto delle tecnologie e dei media possiamo mutarci in quel che non siamo. I programmi televisivi ci insegnano a parlare in scioltezza e a usare addirittura parole desuete, costantemente fuori contesto, così riusciamo a mascherare la nostra mancanza di senso logico con un fiume di chiacchiere dal significato approssimativo ma convincente mentre l’assenza d’ogni forma d’autocritica ci rende impermeabili all’esperienza, rendendola dolorosamente inutile ed esponendoci al concreto rischio di non capire davvero quel che succede intorno al bozzolo dentro il quale viviamo, reiterando in continuazione sempre le medesime cazzate.
Direi che siamo messi bene. Prevedo che metà di noi, trenta minuti prima dell’impatto di un immenso meteorite che spazzerà via ogni forma di vita dalla terra, andrà tranquillamente a prendersi l’aperitivo poichè in TV han detto che l’impatto avverrà a 200 chilometri da dove vive, di conseguenza si sente ragionevolmente al riparo. L’altra metà, consapevole della prossima fine del mondo correrà a svuotare il supermercato, hai visto mai?
Pearl è un album di Janis Joplin pubblicato nel gennaio del 1971 ma inciso, ovviamente, nel 1970, lo stesso anno nel quale fu fabbricata la mia prima macchina. La mia prima macchina se ne andò appena pochi mesi dopo l’acquisto: si bloccò improvvisamente con un lungo sospiro seguito da un orribile rantolo. Non esistendo ancora cellulari o simili diavolerie e trovandomi in una stretta strada provinciale la spinsi in un fossato per poi incamminarmi, tristemente, verso una direzione qualunque alla ricerca di aiuto. Quando infine raggiunse l’officina della sua auspicata resurrezione il meccanico, anche lui dopo un lungo sospiro e diversi preoccupanti rantoli, dovette ammettere l’inutilità di ogni riparazione. A quei tempi avevo l’hobby della fotografia e se non possiedo alcuna immagine di quella macchina un motivo dovrà pur esserci, no?
Pearl è l’ultimo album di di Janis Joplin e contiene quel capolavoro immortale di Cry Baby, una canzone che se nella scala evolutiva siete al di sopra del lemure diversamente abile già solo di pochi millimetri, non potete non amare follemente, una canzone non scritta dalla cantante texana ma che, per l’intensità interpretativa e per quello che si legge nelle biografie, immagino fortemente e disperatamente autobiografica.
Mercedes Benz è invece l’ultimo brano in assoluto inciso da Janis, due o tre giorni prima di morire, e parla di varie cose tra le quali c’è un’automobile. Mercedes Benz, mi piace moltissimo, per come è cantata e per come cerca di spiegare pensieri che con i vari argomenti esposti non c’entrano proprio nulla, men che meno con l’automobile.