Allora, come sono andate le vacanze quest’anno? Se dovessi dare un voto io direi: malino più.
Da una parte il fatto che non ci fosse quel caldo torrido che ti fa precipitare la pressione riducendo la tua vitalità a quella di uno straccio bagnato è stato molto apprezzato, dall’altra parte però questo tempo britannico (che ogni dieci minuti cambia e spesso e volentieri piove) ha fatto saltare parecchi eventi e provocato nella sottoscritta uno stato quasi costante di raffreddore.
In realtà il voto sarebbe molto più basso se non fosse per una breve parentesi dal 12 al 16 agosto che mi ha rimesso in pace col mondo; non potendo riassumere in poche righe sei giorni di felicità, mi limito a qualche significativo dettaglio.
In data dodici agosto io e Rico abbiamo infilato due trolley nella fedele Fiesta, acceso il navigatore e puntato la prua verso Artò (lago d’Orta) che abbiamo raggiunto sotto l’immancabile pioggerella rompiballe.
Ad accoglierci la Paola, Mauro, l’Eleonora e Giuseppe che hanno visto arrivare contemporaneamente noi e il maltempo ma, da ospiti impeccabili quali sono, hanno fatto finta di niente.
Dalla Magna Romagna noi giungevamo carichi di salumi e formaggi tipici ma soprattutto di un dono
che non vedevamo l’ora di scartare: il gioco da tavolo di Beautiful, versione degli anni 90, ritrovato per caso (e in perfette condizioni) in un mercatino dell’usato.
Detto gioco ci ha fornito parecchi momenti indimenticabili e insegnato molto, ad esempio l’altezza massima per un centrotavola e il fatto che Brooke, dopo il divorzio da Ridge (non sappiamo quale dei tanti), era andata a consolarsi a Parigi dalla madre. Mi tocca anche ammettere che alla fine ha vinto Farnedi, mannaggia.
Ovviamente io ho battezzato subito la casa ospitante andando a sfracellarmi giù per la scala di legno (scala di legno e calzini: la ricetta perfetta per il disastro) ma per il resto la magione non ha subito grandi danni.
Durante il nostro soggiorno, oltre agli ospiti umani abbiamo fatto la conoscenza di Stella, una veneranda barboncina color latte il cui sguardo mi ricordava parecchio quello della Duquesa de Alba.
Non riesco immaginare un risveglio migliore di quello del primo giorno, provocato dall’odore dei pancake con cui la Paola, cuoca sopraffina e instancabile ci ha viziato in più di un’occasione.
Al gruppo si sono presto aggiunte la Camilla e la Serena e anche loro erano della partita quando siamo saliti fino al bar di Artò per provare l’Ortrugo, un vino bianco locale che va giù che è una bellezza e si è presto trasformato nel tormentone della vacanza, anche grazie a personaggi idimenticabili come il Mez, così ribattezzato per la sua propensione ai mezzi litri di, appunto, Ortrugo. La festa che ne è nata quella sera rimarrà per parecchio nei miei ricordi, non ultimo la macchina del caffè il cui getto di vapore è stato trasformato con l’aiuto di un piattino in una vera e propria macchina del fumo.
Approfittando di una mia momentanea distrazione Farnedi mi ha consigliato di accendere il fon mentre ero scalza sul pavimento bagnato, un chiaro tentativo di farmi fuori con la scusa dell’incidente domestico ma la Paola l’ha sentito e gli è andata male. Per ore la canzone del Quartetto Cetra mi è risuonata nelle orecchie.
Vedo che la cosa si allunga quindi mi tocca concludere, senza però dimenticare la band Lino e i nevrotici, il palo da pole dance, la Festa dello Scalpellino di Artò, i 13 gradi del 16 agosto, il gelato gusto Viagra, il tiro con l’arco, le amiche svizzere, la stinca nel budino, Giuseppe e le sue tasse, Remail e Giorgio Mastrota, il panno puliocchiali dei cinesi e l’Ortrugo, sempre e comunque l’Ortrugo.
Una delle ultime sere mentre Rico suonava l’ukulele ho riconosciuto Noches de Boda di Joaquín Sabina, una delle mie canzoni preferite; nel testo della canzone a un certo punto si legge: que el fin del mundo te pille bailando, ecco, non ho potuto fare a meno di pensare che, se in quel momento fosse arrivata davvero la fine del mondo, è così che ci avrebbe sorpresi, ballando.
P.S. Indimenticabile la gelateria sul lago d’Orta che aveva il gusto Annibale, così battezzato in onore a un ortopedico milanese.
È un limpido mattino di febbraio che segue un giorno e una notte di tormentato travaglio. Il giovin fagotto recentemente arrivato se ne sta lì in attesa che qualcuno le dica chi sarà. Tutti i candidati passati al vaglio negli ultimi mesi, da Candida a Rufus passando per Folco e Cleopatra, vengono immediatamente spazzati via, la realtà prende prepotentemente piede. Mai visto nessuno così recalcitrante all’idea di entrare in questo mondo. “Si chiamerà Estrema Riluttanza”