Le acciughe fanno qualcosa oppure rainy day ombrellaio
E allora, cari i miei 7 lettori, come va? come butta? avete fatto paccate di soldi mentre ero via? bella lì? scialla? walla? coccodè?
E’ davvero parecchio tempo che non ci si legge ma, pur essendo l’unico colpevole di questo increscioso caso, nego categoricamente ogni responsabilità e, come spesso accade a coloro che vengono sfortunatamente colti con le mani nel sacco, nego perfino la mia identità: non ero io, non c’ero e se c’ero dormivo. Chiedetelo a quelli che abitano dall’altra parte della strada quanto russavo.
Un anno è lungo, soprattutto quanto si ha la nostra età, e se nel frattempo Bob Dylan ha fatto uscire un disco triplo la cosa potrebbe, invero, apparire preoccupante a meno che qualcuno non me la spieghi meglio. Purtroppo il tempo è quello che è, le braccia son due e quando a dirigere il tutto c’è una testa svanita come la mia non è che si possano poi pretendere risultati strabilianti: come direbbe il grande Paolo Rossi (il comico) c’è quel che c’è e si fa quel che si può. Comunque sono ancora qua e non ho intenzione di liberarvi tanto presto dalla mia augusta (se non addirittura settembrina) presenza.
Tanto per incominciare Stonehand Express è tornato a essere semplicemente Stonehand, cioè un sito personale o quasi, visto che qualcuno a darmi una mano è rimasto ancora. Vi consiglio inoltre, nel caso di qualche altro involontario e lungo silenzio, di seguire le aree “Women in Music“, “Bookmarks” e “TGHorror” che verranno sempre e comunque (costi quel che costi) aggiornate.
La verità è che quest’anno l’ho utilizzato, tra le altre cose, per riflettere sulla mia presenza nel web e su quel che può servire in mezzo a miliardi di altre presenze, di altre voci. Per valutare la paura che il mio elementare e naif dissertare di musica e cinema possa essere confuso con la superficialità feroce, sbracata e dissennata che ormai ha invaso la rete fin negli anfratti più remoti e insospettabili. Ben lo sapete: la mia superficialità è non solo tranquilla ma anche piuttosto elegante e non può essere certo confusa nel nero marasma che tutto confonde. Ier l’altro ho però pensato che se perfino l’ultimo imbecille al mondo ha il diritto di sbraitare stronzate da un social o da un blog, quel diritto ce l’ho anche io che almeno ho un certo stile e quindi rieccomi qui, in ghigno e pernacchio proprio come il Billy Mandracchio di jacovittiana memoria. Siete contenti, cari i miei 7 lettori?
Ecco il piano: Stonehand continuerà a parlare prevalentemente di musica e affari collegati, abbandonando però gli artisti indipendenti per concentrarsi sul mainstream con un occhio di riguardo per i classici, e quando dico classici mi riferisco a quelli che anche voi definite così: Santana, Stones, Who, Move, War e così via. Perchè questa netta scelta dopo così tanti anni in bilico sulla fune? potrei rispondere, tanto per tagliar la testa al toro, affermando che la musica indipendente mi ha triturato a fondo i maroni ma, almeno in parte, mentirei. La verità è che quando, nel passato, decisi di parlarne la musica mi interessava relativamente, quel che cercavo erano quelli come me.
Chi sono quelli come lui? vi state ora astutamente chiedendo, vero? la risposta è semplice e naturalmente rispecchia il mio personale modo di veder le cose che potrebbe anche essere diametralmente opposto al vostro, legittimo esattamente come il mio. Dunque, quelli come me sono gli artisti. Dalla fondazione di Stonehand ho incontrato decine e decine di persone, forse addirittura centinaia e moltissime di queste persone erano estremamente creative e piene di talento, capaci di scrivere e suonare musica splendida, ma avessi mai incontrato un artista che fosse uno! Lo so, vi sembra che stia sparando folgoranti sciocchezze, anche perchè conoscete molto bene la mia desolante ed endemica mancanza di talento e approvate in toto il mio manodipietrico nickname ma l’arte, segnatevelo per bene sul blocchetto degli appunti, col talento c’entra poco o niente. Se così non fosse tutti sarebbero artisti: falegnami, saldatori, postini, lavavetri, giardinieri, calzolai, sarti, panettieri, pasticcieri, cantanti, chitarristi e ombrellai, ognuno con la sua bella abilità usata con strabordante creatività. Purtroppo l’arte è un modo di essere e di pensare, prima di qualunque altra cosa, e per farsene permeare son necessari anni e anni di esercizio con milioni e milioni di neuroni sacrificati alla causa, io lo so bene perchè sono un artista. La conoscete la storia del dito che indica la luna e dello stolto che guarda il dito? ebbene, l’artista a guardare la luna non ci pensa proprio. L’artista guarda il dito, in che modo è teso, se forma una linea retta col braccio o se leziosamente segue percorsi più morbidi, l’artista dà un’occhiata veloce anche al resto della mano, al modo che ha di servire la composizione e subito dopo si domanda perchè non ha avuto lui l’idea essendo le sue falangi assai migliori di quelle lì in mostra e riflette per giorni su come possa fare qualcosa di altrettanto formidabile fino a dimenticarsene davanti a qualcosa di altrettanto stupido. Perchè l’artista è stolto di natura e non c’è mica niente da fare. L’artista occasionalmente può suonare la chitarra o battere sui tasti di un computer ma sono semplici effetti collaterali. L’artista non ha nulla a che fare con la vostra umanità ma solo con la sua, può uccidersi per una valutazione sbagliata o isolarsi dal mondo perchè se non può fissare il sole a occhi nudi allora non ha senso star fuori, l’artista smania per le opere degli altri, respinge le sue, e vive in un mondo dove tutto ha la medesima importanza: sassi, alberi, colate di cemento, il graffio di un gatto, la faccia di merda di un egocentrico coglione e il santo appeso sopra l’altare maggiore. La sua vita è una continua, ostinata e irrimediabile poesia.
Lo capite adesso perchè mi sono stufato di cercare e ho deciso di passare oltre? perchè se domando a un chitarrista come nasce il suo disco mi aspetto che risponda: “in una notte blu di persia” e non “perchè avevo già dieci canzoni pronte”. Perchè cerco una musica capace di fare qualcosa in più che piacermi, ne cerco una che possa mandare in orbita il mio cervello, ma solo degli artisti possono regalarmela e se in giro non ce n’è mi debbo rassegnare e tornare ai Moody Blues.
Almeno lì vado sul sicuro.
Insieme parleremo di musica, cinema e altro, cari i miei 7 lettori, e mi perdonerete se, come un Elliot Gould di periferia, mi dibatterò in una inevitabile impossibilità di essere normale. Ma avete visto quanta gente normale c’è in giro? ne avete avvertito la tristezza fin sulla pelle? e quando in mezzo ne sbuca uno che, normalmente, suona la chitarra la tristezza è assai più profonda.