Latcho Drom
Qualcuno definisce questo film un “documentario”, ma è palesemente uno degli errori più colossali nella storia degli errori più colossali di tutti i tempi: questo film è un’altra cosa, è un
messaggio d’amore. Un messaggio d’amore che Tony Gatlif manda alla suoa amata gente e, in qualche modo, anche a tutti gli altri, a coloro che pensano sia legittimo covare un odio generalizzato verso un popolo, una fantomatica razza, una diversa cultura. E’ un messaggio d’amore, o forse un invito all’amore, verso coloro che sono, senza rendersene neanche conto, i predellini dei dittatori folli che generano catastrofi inimmaginabili e imperdonabili o le stampelle dei dittatorelli da quattro soldi, in pectore, che vediamo tutti i giorni in televisione assistiti e sponsorizzati da personaggi che, per ragioni sconosciute pretendono che li si chiami giornalisti. A tutta questa gente io non manderei alcun messaggio d’amore, ma Tony Gatlif lo fa, perchè sicuramente è migliore di me o perchè probabilmete appartiene a un popolo che di sicuro conta parecchi delinquenti, esattamente come tutti gli altri popoli, e che però ha inventato il Flamenco, la musica Tzigana, la musica Manouche e questo, lasciatemelo dire, gli altri popoli non sono mica stati capaci di farlo, e una ragione deve pur esserci.
La leggenda, e qualche storico, vuole che i Rom siano la tribù perduta d’Israele che, dopo un furioso raid in Egitto sotto il nome di Hyksos, se ne andò verso oriente, là fino all’India e da lì, secoli dopo, intraprese un viaggio di ritorno che, attraverso molte tappe, li riportò in occidente, fino a incrociare il cammino di Hitler che li trattò esattamente come trattò gli ebrei. L’olocausto rom fa meno impressione rispetto a quello degli ebrei, ma solo perchè i rom erano e sono in numero enormemente inferiore, in percentuale fu invece altissimo il prezzo che pagarono, un prezzo che rischio’ di mettere in campo una parola chiamata “estinzione”.
Latcho Drom è il capolavoro assoluto di Tony Gatlif, un film da vedere mille volte con occhi sempre diversi, con sentimenti ogni volta nuovi. Ripercorre, in modo ideale, il tragitto che i Romani (il nome completo dei Rom) compirono dall’India fino alla meta, anch’essa ideale, che è la Spagna. E’ un viaggio magnifico e pieno di colori, di immagini meravigliose che rischiano di rimanere per sempre nella mente del rapito spettatore. E’ un viaggio pieno di danze e di musica che mutano ogni qualvolta si attraversa un nuovo paese, una nuova città (anche Auschwitz) e che esplodono di gioia e contemporaneamente di delusione quando infine giunge la Spagna e tutto diventa flamenco, un flamenco che amaramente converge, e chiude il viaggio, verso il “lamento della gitana”. C’è tutto: l’India, l’Egitto, la Romania e non c’è neppure una parola, non c’è nulla di inutile o noioso. Ci sono solo la musica e le immagini, insieme, a declamare una poesia cinematografica di inaudita bellezza.
Se non vorrete vedere questo grande film, miei cari 7 lettori, allora è segno che non vi piace la musica, che non vi piace la bellezza e che non vi piace, di conseguenza, proprio niente…invece a me piacciono un bel po’ di cose, una di queste è la musica Manouche e Latcho Drom, quando fa giungere i Rom in Francia, me ne regala una fantastica parte, travolgente come piace a me, con tante chitarre Maccaferri e un Tchavolo Schmitt che magari non è Django Reinhardt, ma ci va molto vicino.
Divertitevi.
Grande recensione. Completamente diversa dalle altre lette e di tutt altro spessore e sentimento. Ora voglio vedere ed ascoltare il film e il suo messaggio d amore.. Grazie.