La Serie dei Beatles – n° 12: With The Beatles
Riassunto delle puntate precedenti: la persona che scrive è miracolosamente ritornata indietro nel tempo, nel 1973 o forse 1974, e più precisamente al giorno in cui, pur conoscendo già tramite attente letture la storia di ogni canzone, ascoltò per la prima volta, interamente, l’album dei Beatles che dà il titolo a questo articolo. Ecco la fedele cronaca di quel che fece e pensò in quelle magiche e indimenticabili ore.
(Attenzione! Si tratta di un gioco, non di una cosa seria. Poichè la lingua italiana a volte risulta oscura e misteriosa e non sempre chi ce l’ha tra i piedi riesce a padroneggiarla come si deve e poichè non è detto che l’introduzione di cui sopra sia stata ben compresa dai più, è bene sottolineare che quel che segue non è una recensione e non necessariamente rispecchia le attuali idee di chi scrive, si tratta semplicemente del tentativo di ricordare che cosa l’autore pensò e provò, nella prima metà degli anni ’70, nell’ascoltare per la prima volta l’opera oggetto dell’articolo, un autore appena adolescente e non certo critico musicale. Non che adesso lo sia diventato, critico musicale. Puoi anche leggere una più ampia introduzione qui: www.stonehand.it/wordpress/la-serie-dei-beatles-n-0/ )
Mr. Moonlight dice che With The Beatles è, per i Beatles, il disco della consacrazione. Non che lui sia un esperto di musica o un fan del quartetto di Liverpool, semplicemente ripete quello che suo zio gli ha detto nel primo pomeriggio, quando gli ha prestato il disco che stiamo ascoltando a casa sua. Mr. Moonlight si chiama Erberto ed è un tipo strano, vagamente fulminato, leggermente ritardato, iperattivo e seriamente convinto di essere fidanzato con una tipa che non è neppure al corrente della sua esistenza. Da qui il soprannome Mr. Moonlight, che non c’entra nulla con l’omonima canzone ma che gli calza a pennello soprattutto come suono, tutti lo chiamano così e c’è forse dentro qualcosa di onomatopeico che nessuno di noi percepisce. Lo zio di Mr. Moonlight ha una collezione di dischi imponente e li presta volentieri al suo adorato, nonchè bislacco, unico nipotino, a patto che questi si sorbisca prima tutta la storia dell’LP, degli artisti che lo hanno realizzato e della copertina. Mr. Moonlight non capisce niente di quello che lo zio gli va raccontando, ma ogni tanto afferra qualche vago concetto e me lo ripete nel caso, piuttosto frequente, che il disco lo si ascolti insieme.
I solchi del vinile sono consumati, segno che lo zio di Mr. Moonlight lo ha fatto girare un bel po’ e la puntina crepita maliziosamente mentre noi ci versiamo la coca cola e attacchiamo le patatine gentilmente messe a disposizione dalla simpatica madre di Erberto.
LATO A
It Won’t Be Long, scritta da John, getta in campo i famosi “yeah yeah yeah” quelli che qui da noi furono storpiati in “yè yè” e per un po’ furono addirittura usati per definire i giovani (ve la ricordate la meravigliosa [[Paperetta Yè Yè]]?) e così una intera generazione di italiani, prima che altri termini prendessero piede. It Won’t Be Long sono i classicissimi Beatles prima maniera allo stato puro. Qualcosa di inarrestabile ed esplosivamente magico. Lo dico seriamente: vorrei che questa canzone non finisse mai.
All I’ve Got To Do vede ancora John delineare il suo stile in un canzone dal sapore americano, sofferente nell’incedere ma dolce nel testo, quasi una prova da chansonnier francese all’incontrario o di traverso. Quando canta “ah ah ah ah ah” si capisce immediatamente che ha il pieno controllo della situazione e nel momento in cui il tutto sale di livello si intravede perfettamente il Lennon futuro, quello che entrerà nella leggenda a prescindere dai Beatles.
Con All My Loving Paul mette in campo uno dei suoi primi grandi classici, con quel terzinato di chitarra, suonato da John, che fa scattare Mr. Moonlight in piedi e lo fa ballare come un tarantolato per tutti e due i minuti che la canzone prende. Io apprezzo di più l’assolo di George, forse perchè per me, come chitarrista in erba, il terzinato è un po’ troppo difficile. All My Loving è davvero meravigliosa, pensate che al Juke Box del Bar’67 (che però adesso ha cambiato nome e insegna) c’è ancora un sacco di gente come che la seleziona.
Con Don’t Bother Me George dimostra di saper scrivere ottimi brani anche lui come John e Paul. E dimostra anche di essere in grado di uscire dagli schemi consueti, per quanto riguarda le tematiche, per tentare qualcosa di nuovo che nel futuro darà risultati straordinari. Non è ancora il George Harrison del Concert for Bangla Desh, ma ne ha appena intrapreso la strada.
Eh, ma che cos’è Little Child se non la mia canzone preferita nell’intera storia della musica? Lo so che magari sto esagerando un poco e che probabilmente qualcosa di migliore, prima e dopo, è stato scritto dagli stessi Beatles, senza considerare gente come Mozart, Rossini, Verdi… ma è più forte di me, Little Child rappresenta la musica che voglio fare: una band scoppiettante alle spalle, un’armonica frizzante e la voce devastante di John Lennon che dà lezioni di canto a chiunque.
Till There Was You, scritta da Meredith Wilson, è una bellissima canzone d’amore interpretata con il suo solito gusto raffinato da Paul, in un arrangiamento acustico che vede un fine intervento di George alla chitarra classica. Quando finisce vorrei rimetterla dall’inizio ma Mr. Moonlight sbuffa e dice che vuole subito ascoltare quel che c’è dopo e che i bis si richiedono alla fine del concerto, mica a metà.
Aveva ragione Mr. Moolight, accidenti, nulla vale quanto sentire John interpretare Please Mister Postman, un classico brano [[Tamla-Motown]] che qui, sottoposto al trattamento aggressivo e lacerante a cui lo costringe la voce di Lennon diventa una cosa del tutto nuova, beatlesiana forse, forse di più.
LATO B
Si dice che Roll Over Beethoven, di [[Chuck Berry]], fosse di solito cantata da John e ascoltandola qui si capisce perchè: George semplicemente non ha la voce adatta per eseguire pezzi simili ed è molto più a suo agio con composizioni proprie.
Io e Mr. Moonlight siamo convinti che Hold Me Tight sia la canzone peggiore mai scritta e incisa dai Beatles (se si escludono alcune “sperimentazioni” degli ultimi tempi). Inoltre Paul la canta in modo strano quasi stonando. Dimentichiamola velocemente và, che è meglio.
Con You Really Got A Hold On Me John affronta un classicissimo di un mostro sacro come [[Smokey Robinson]] e lo fa in modo sfacciato, nonostante l’ancora giovane età, con risultati invidiabili, quasi da standing ovation. Certo la versione di Robinson è un’altra cosa…
I Wanna Be Your Man porta con se un mucchio di leggende sul come e dove fu scritta e questo soltanto perchè fu il primo vero successo (targato Lennon-McCartney) dei Rolling Stones. Qui è cantata da Ringo con buona verve e, purtroppo, con la sua solita voce, quella che verrà valorizzata meglio in futuro con canzoni di ben altro livello, come With a Little Help From My Friends, Good Night, Yellow Submarine.
Devil In Her Heart, composta da Drapkin (autore che non conosco) ha di nuovo George a eseguirla e di nuovo in stile John, ma forse perchè la canzone è più adatta alla sua voce, forse chissà, il risultato è piuttosto buono. Il George che tutti amiamo, lo sapete bene, è però un altro.
Not A Second Time è famosa per avere avuto critiche esageratamente positive, in Inghilterra, ancorchè piuttosto strampalate. In realtà è una composizione mediocre di John, cantata anche a un livello che non è alto come suo solito. Niente di così speciale come la critica ha tentato di farci credere.
Money (That’s What I Want), cover della mitica canzone di Berry Gordy e Janie Bradford ci regala un John ispirato a condurre la linea vocale nel modo consueto con cui ci ha viziati e abituati. Una voce passata alla grattugia che sembra voler sputare sangue a ogni passaggio, sospinta dal solito grandioso coro dei suoi amici. Che spettacolo, gente, cosa fate là fuori? entrate e gustatevi lo show!
With The Beatles contiene molta sostanza, pur con qualche sbavatura qua e là. Si tratta dei Fab Four, lo sapete, il più grande gruppo di tutti i tempi e non è che ci sia molto altro da scrivere che già non sia stato scritto. Una cosa però, oltre a scriverla, la debbo pur dire e sono convinto che sarete d’accordo con me, cari i miei 7 lettori del futuro: questa è musica, ragazzi! (lo dice anche Mr. Moonlight)