John, Bob, Edo ed altro.
Un affezionato lettore1 mi scrive: “Carissimo Stonehand, ci stai prendendo per i fondelli? chi ti credi di essere? quando leggiamo gli articoli sulle riviste o su siti molto più seri del tuo, troviamo un sacco di informazioni utili. Leggiamo di influenze, percorsi musicali, troviamo citazioni, ispirazioni…tu invece sei solo fumo e niente arrosto, tutto chiacchiere e distintivo2, vai a scaldarti la ribollita e fai il tuo mestiere che è, giustappunto, quello di scaldare la ribollita, o al limite vai a zappare la terra che magari quello lo sai fare abbastanza bene, sciatica permettendo”.
Carissimo e affezionato lettore, ti ringrazio innanzitutto per aver affermato che questo è un posto poco serio, è davvero un riconoscimento non da poco e ne sono piuttosto orgoglioso. Per il resto cosa posso dirti? hai ragione. Anch’io sono affascinato dalla dovizia di particolari che leggo in certuni articoli, dalla conoscenza enciclopedicamente illimitata degli illustri non-colleghi e dalla loro capacità di leggere e ricostruire un artista come si trattasse di un puzzle a costo di combattere contro la logica o la storia dell’artista stesso. Io non sono capace di far nulla di tutto ciò, getto quindi la spugna prima ancora di cominciare: se non ti piace quel che trovi qui non perdere ulteriore tempo, vai a cercare di meglio altrove.
Sei ancora qui, caro lettore affezionato? e cosa mai posso dirti? forse posso dirti che ho una buona discoteca anche io, e anche io ho, per esempio, ascoltato Blind Lemon Jefferson, ma non ne saprei mai riconoscere l’influenza su un determinato musicista, al massimo, se questo musicista dovesse suonare un suo brano forse sarei in grado di dire: “Ehi questa è di Blind Lemon Jefferson!”. Oltre non riuscirei mai ad andare, che ci volete fare? si tratta dei miei limiti. Certo, con un pizzico di malignità potrei difendermi dicendo che gli articoli che tanto ci/ti piacciono sono spesso superficiali e ovvi, con citazioni che sembrano, e forse lo sono, tratte da un qualche piccolo prontuario fatto in casa: potrei difendermi dicendo che questi articoli/interviste sono tutti uguali, e che sono noiosi e scontati, ma la verità è che è tutto vero, caro lettore, ci hai preso in pieno: la canzone “The Great Pretender” è dedicata a me.
Sappiatelo tutti, voi ingenui lettori, il vostro Stonehand è solo un ciarlatano. Mi piace vender sogni e sbolognar patacche, mi piace perfino cantare storie. Che c’è di male? Magari a volte son prolisso, a volte incomprensibile ma i sogni son sempre belli e le storie appassionanti. Quindi se venite un po’ più vicino ve ne voglio raccontare un’altra di storia.
Vi parlerò di Edoardo Bennato. No, di Bob Dylan: No, cosa dico? vi parlerò di me, invece.
Ogni armonicista esistente al mondo, dal più bravo al più sgarrupato, quando gli chiederete delle sue influenze vi citerà sicuramente Sonny Boy Williamson I, Sonny Boy Williamson II, Sonny Terry e Little Walter. Poi butterà lì qualche altro nome, variabile, ma di poca importanza. E io?
Io non ricordo bene quando ho comprato la prima armonica diatonica, probabilmente nel ’74, ma qualunque fosse stato l’anno, secondo voi, in quell’anno dove potevo andare a reperire, a Torino, Sonny Boy Williamson I, Sonny Boy Williamson II, Sonny Terry e Little Walter? C’era un solo negozietto, che vendeva armoniche professionali, Marine Band e Blues Harp in poche tonalità, e se era difficile reperire le armoniche, figuriamoci i dischi degli armonicisti. L’armonica l’avevo sentita nei dischi dei Beatles prima e in quelli di Bob Dylan poi. Ecco, le mie prime influenze come armonicista sono state John Lennon e Bob Dylan. E poi incontrai Edoardo Bennato così andai in quel negozietto e mi comprai una Blues Harp.
Bob Dylan è stato l’artista che ha fatto vendere più armoniche al mondo, ma nessuno lo cita mai come influenza. Io sono fiero di farlo: ho suonato per anni e anni l’armonica folk, in prima posizione, ispirandomi a lui e con grandi soddisfazioni. Edoardo Bennato ha fatto sì che in Italia si cominciassero a vendere seriamente le armoniche ma neppure lui è mai citato come influenza. Lo cito io: Edoardo Bennato ha scaraventato l’armonica Blues nel cortiletto della musica italiana, risvegliano talenti e curiosità, spingendo un saco di ragazzi a chiedersi che cosa avrebbero potuto tirar fuori da quello strumentino con 10 fori e 20 ance.
Bella forza direte voi, tu sei scarso, è per questo che sei l’unico a citare John, Bob e Edo come influenze. Vi sbagliate, carissimi lettori, perchè anche se non fossi così incapace, se invece fossi il più grande armonicista del mondo le cose con cambierebbero per niente, e perchè dovrebbero? cosa c’è da vergognarsi? perchè non dovrei più ammettere che John, Bob ed Edo sono state le mie prime influenze. E anche quelle che amo di più, voglio aggiungere e sottolineare. Lo ammetto, Dylan spesso suona in modo disordinato ma la parola “influenza” non sempre significa ispirazione diretta, a volte significa anche che si è imparata la lezione e superato l’ispiratore, cosa che io non ho mica fatto: amo la prima posizione molto più della seconda! E visto che ci siamo sfatiamo anche questo mito per il quale la seconda posizione, per un armonicista, equivale al nirvana: con la seconda posizione suoni sopra un blues, con la prima suoni sopra a tutto, anche sul blues e con ottimi risultati.
Edoardo Bennato è un artista straordinario. In molti hanno cercato di inquadrarlo, lo hanno chiamato, giustamente, bluesman, ma se lo ascoltiamo bene non è che sia così tanto blues. Lo hanno accomunato a Dylan, per l’importanza dei testi e l’elasticità degli stessi, ma è troppo blues per Dylan. O troppo poco. Potrebbe essere un mix tra Dylan, Chuck Berry e Roy Wood ma potrei dire delle emerite sciocchezze: Edoardo è Edoardo.
Recentemente ho acoltato i suoi primi sei o sette album. Li ho riascoltati dopo anni e improvvisamente sono ritornato sedicenne. Ho riafferrato tutta la forza di quelle canzoni, l’attualità d’oggi superiore forse a quella di allora e mi sono ricordato di saperle suonare tutte, alla chitarra e all’armonica.
L’album di Edoardo che allora più mi colpì di più fu Burattino senza fili, ma temo sia in assoluto il suo album che più ha patito il trascorrere del tempo, non so bene perchè, alcune canzoni sono davvero meravigliose ma hanno qualcosa che le lega irrimediabilmente a quel periodo storico, o forse non è affatto così, forse è l’idea che stava dietro al disco che non è più proponibile: oggi moltissimi ragazzi, ragazze, donne e uomini vorrebbero essere dei burattini con o senza fili piuttosto che liberi, precari, e senza alcun futuro. Ma Edoardo non poteva sapere queste cose allora e fece uno splendido disco, per quei tempi. Il disco più dirompente, energico e ispirato di Edoardo è sicuramente i Buoni e i Cattivi. Quando lo ascoltai mi fece l’effetto di un pugno nello stomaco, rimasi senza fiato. Un disco lontano anni luce dal pur bello Non farti cadere le braccia, in i Buoni e i Cattivi Edoardo Bennato metteva in discussione tutta la musica leggera italiana, rivoltandola come un guanto. Metriche dylaniane, chitarre dobro, mandolini, kazoo, quartetti d’archi, armonica e nessuna paura. Ce n’era per tutti in quel disco e anche nel successivo Io che non sono l’imperatore.
Ma non voglio parlare dei dischi di Edoardo Bennato, io voglio parlare di me e della chitarra come quella di Edoardo che mi comprai3 non per essere come lui, ma per avere un suono come il suo. Ancora oggi, credetemi, il sound che vorrei per la mia band è quello di Io che non sono l’imperatore: chitarre scatenate e percussioni selvagge a metà tra Santana e Richie Havens…se non eravate adolescenti allora, quando Edoardo cantava questa canzone, mi dispiace davvero tanto per voi, non so spiegarvi cosa avete perso…Edoardo ci mostrò allora, per primo, cosa poteva fare un italiano facendo tesoro della musica che veniva dall’altra parte dell’oceano, la sua musica mischiava blues e tradizione napoletana, percussioni meridionali e chitarre resofoniche, musica lirica e armonica diatonica. Il tutto in maniera accattivante, naturale e bellissima.
Sì, dichiaro ufficialmente che Edoardo Bennato, è la mia maggiore influenza. Anche come armonicista.