I’m not there
Trattasi di film bizzarro e in qualche modo geniale.
Non so se sono in grado di recensirlo, essendo uno studioso di Dylan, non sono ne’ obbiettivo ne’ lucido, anyway ci provo.
Innanzitutto chi va a vedere I’m not there? chiunque. Io ho visto qualcuno alzarsi e andare via perche’ non ci capiva una cippa. Comportamento sciocco e anche sintomo di profonda ignoranza: sforzarsi di capire quel che sembra difficile aiuta molto a combattere le malattie dei nostri tempi (xenofobia, razzismo, maleducazione ecc.).
Se non si e’ esperti di Dylan occorre scordare la scritta sui cartelloni che recita, piu’ o meno: “ispirato alla vita del piu’ grande artista dei nostri tempi”. Bisogna entrare e guardarlo come un semplice film.
In questo caso il film tratta di sei personaggi, piuttosto diversi tra loro, ma collegati in qualche sottile maniera, gli episodi si alternano per tutta la durata del film.
I personaggi hanno nomi di fantasia e sono:
- un bambino nero che viaggia verso la costa est, nei vagoni merci e con una chitarra (Marcus Carl Franklin)
- un giovanotto interrogato da qualcuno (Ben Whishaw)
- un cantante folk (Christian Bale)
- un attore (Heath Ledger)
- Billy the Kid (Richard Gere)
- un cantante rock (la strepitosissima Cate Blanchett)
il film e’ un esercizio piuttosto difficile, l’individuazione dei rimandi tra i personaggi e’ complessa come la ricerca dei legami, delle affinita e delle diversita’. indizi sono sparsi in ogni singolo fotogramma della pellicola, due occhi non sono sufficienti, ne servono molti altri. Diverse visioni sono necessarie.
E’ un film d’arte, insomma, per nulla facile. Ma e’ un film d’arte vero, non dettato dalla poverta’ o dalla scarsa preparazione tecnica, come quelli mongoli, tibetani, turchi, afghani o cingalesi che vanno di moda ora. L’arte nel film e’ dettata esclusivamente dall’arte che il regista, Todd Haynes, si porta dentro. E’ un film visionario, e’ come guernica, che non rappresenta i modelli usati ma una cosa diversa, probabilmente solo se’ stesso.
Tutto si semplifica se si conosce un po’ la vita di Bob Dylan (e’ inutile che fate facce strane, voglio ricordare che recentemente e’ stato inserito nel programma di letteratura delle scuole inglesi, e viene studiato gia’ anche da altre parti).
Ogni personaggio rappresenta un determinato momento nella vita di Dylan:
- il bambino e’ il Dylan che va verso New York, affascinante e protetto da chiunque, quello che andra’ a trovare Guthrie all’ospedale e suonera’ per lui.
- Il giovanotto interrogato e’ la star famosa che rispondeva alle domande dei giornalisti in maniera stravagante, nel tentativo di imitare i beatles (le sue risposte erano molto piu’ intellettuali di quelle dei Beatles ma, ahime’, molto meno fulminanti e simpatiche con il risultato di fare incazzare i giornalisti, invece che farli ridere)
- il cantante folk e’ il Dylan dei primi tempi, ma anche quello che si converti’ al cristianesimo e trasformo i concerti in prediche (facendo di nuovo incazzare tutti)
- l’attore e’ il Dylan alle prese con il divorzio da Sara, la prima moglie, divorzio reso nel film in maniera piuttosto romantica, nella realta’ fu una cosa brutta e feroce, soprattutto da parte di Sara.
- Billy the Kid e’ il Dylan dopo il divorzio, quello che vedendo crollare le certezze che aveva costruito (la famiglia) e non avendo nient’altro, riprende la chitarra e si rimette, per sempre, in tour (il famoso Never Ending Tour, con il quale Dylan fa da molti anni, almeno cento concerti l’anno)
- la rockstar e’ il Dylan prima dell’incidente di moto, che uso’ come scusa per allontanarsi dai concerti e dedicarsi alla famiglia. E’ interpretato da Cate Blanchett che fa veramente paura per quanto e’ brava e per quanto somiglia al Dylan di quei tempi.
Nel film c’e’ anche la sempre brava Julianne More che interpreta Joan Baez.
Naturalmente la versione doppiata fa perdere il 50% del film, pare che alcune interpretazioni, nell’originale, siano da Oscar.
Cate Blanchet e’ un’attrice che mi urta un po’…e’ talmente brava che da’ quasi fastidio, non sembra possibile che si possa essere cosi’ perfetti. Inoltre ha questa bellezza austera e tagliente che mette soggezione. In ogni suo film che ho visto le ho cercato degli errori, delle imperfezioni…niente, nulla da fare, e’ un alieno, non sa fare niente che non sia il massimo possibile. Non si capisce come abbia vinto un solo Oscar e un misero Golden Globe…con attricette (non faccio nomi: Hilary Swank) che han vinto tutti i premi possibili, compresi oscar al quintale.
Magari perche’ la Blanchett e’ australiana..
(che nessuno pensi che non apprezzo Hilary Swank, e’ brava, anche se ad anni luche dalla Cate)
Tra l’altro il film avvalora l’ipotesi, sostenuta da Joan Baez, che Like a Rolling Stone sia dedicata a Bob Newirth (bravo cantautore, pittore e per un po’ Road Manager di Dylan).
L’ipotesi e priva di fondamento, naturalmente, i due Bob erano amici per la pelle e lo sono rimasti fino ai giorni nostri.
Il fatto che l’amicizia tra i due, che erano simili, perfidi e taglienti, dava fastidio a molti, soprattutto alla Baez che era stata “scaricata”, mentre Newirth no.
Diciamo che la Baez avrebbe voluto scivere lei una canzone cosi’ contro Bob Newirth e diceva in giro che l’aveva fatto Dylan (che nessuno pensi che mi sia antipatica la Baez, per me e’ una donna straordinara )
C’e’ poco altro da dire. Si puo’ cercare di capire perche’ la scelta di alcuni personaggi, ma in fondo non c’e’ da sforzarsi troppo…si capisce.
I’m not there e’ un meraviglioso omaggio a quello che e’ uno dei piu’ grandi artisti dei nostri tempi. Ed e’ bello che lo abbiano fatto ora. Dylan riceve premi e lauree a honorem spesso. E spesso lo dice (“E’ bello ricevere questi riconoscimenti mentre sei ancora vivo”)