Il suono della domenica
Quando scrivo di Zucchero sono di parte, è meglio dirlo subito, e sono di parte perchè Zucchero mi piace assai. Abbiamo gusti musicali simili, il blues, Puccini, la melodia italiana. Lui ha fatto un duetto con Toni Childs, che a me sarebbe bastato solo stare lì a guardarla cantare, ha suonato con Jeff Beck… insomma, Zucchero è Zucchero, ed è uno dei pochi che capisco al volo e quindi, proprio per questo, tra i miei punti fermi, insieme a Guccini, Bennato e Sergio Caputo, per rimanere solo nell’ambito nostrano. Capite allora che non posso garantirvi l’assoluta imparzialità e attendibilità di quel che andrete ora a leggere, miei cari 7 lettori, anche se so con certezza che qualcuno di voi obbiettarà che io attendibile non lo sono mai. Sì, parlo proprio con te lettore assiduo, ma non affezionato, lettore birichino ed esaurito, bravissimo a cercar le pulci in giro e che spesso domandi a te stesso, ma soprattutto agli altri, quanto l’agricoltura possa essere stata danneggiata dal non avere a disposizione a tempo pieno le mie povere e martoriate braccia. Ma non è stata danneggiata per niente, mio caro amico, dovresti ben saperlo visto che ti reputi intelligente e arguto: ti fideresti a mangiare broccoletti e zucchini coltivati da uno come me?
Le biografie, converrete con me, sono delle brutte bestie, basta un nonnulla, una virgola spostata di qua che un santo diventa un mezzo criminale, un accento su un particolare argomento, magari per semplici ragioni di impaginazione e un momento secondario, nella vita del protagonista, diventa cruciale e memorabile. Le biografie, cerchiamo di capirlo per bene, sono sempre sbagliate, perchè descrivono il biografato come è stato visto dagli altri, e non come è in realtà, una biografia non mostra ai lettori i veri pensieri del protagonista, i suoi veri sogni (a meno che il biografo non abbia una grande fantasia, e ce n’è in giro più di uno). Non illustra le intenzioni, ma le deduce o le racconta così come qualcuno le ha raccontate all’autore. Insomma, le biografie sono tutte poco attendibili ma, poichè siete intelligenti, astutamente mi state per obbiettare che esistono anche le autobiografie.
Quelle sono anche peggio.
Ragionate un secondo, amici miei, e ditemi: se doveste redigerne una scrivereste mai qualcosa di davvero negativo su voi stessi? sì? non credo proprio. Ma non è la poca sincerità la cosa più desolante delle autobiografie, sono i dettagli inutili. Ci vengono per esempio sempre riportate, nei minimi particolari, le prime esperienze sessuali dell’autobiografante. Come se non fossero le stesse di tutto il resto del pianeta, e come se ce ne importasse davvero qualcosa. A volte ci vengono narrati episodi intimi e personali che avrebbero fatto meglio a restare intimi e personali. Scrivere una autobiografia non è mai una buona idea. Zucchero ha scritto una autobiografia. Il suono della domenica.
Noi non siamo amici o conoscenti degli artisti, noi li conosciamo attraverso le loro opere e per quelle quattro cose che dicono quando vanno in TV o sono intervistati da qualche rivista. Tutti gli artisti, prima o poi se ne vanno in paradiso, lasciando al mondo, in eredità, le proprie opere. Gli esseri umani si assomigliano un po’ tutti, a differenziarli sono le opere, le opere li rendono grandi o piccoli e delle opere noi vogliamo sapere, gli argomenti che vogliamo sviscerare, i segreti che desideriamo scoprire sono tutti nelle opere. A chi si riferisce “Senza una donna?”, di cosa parla “Così celeste?”.
Credo che Zucchero abbia quasi inventato un nuovo tipo di biografia, perchè ne “Il suono della domenica” fa proprio questo: ci spiega le sue canzoni attraverso il racconto della sua vita e alla fine della lettura, che ci crediate o no, quelle canzoni le vorrete riascoltare tutte, perchè vi appariranno in una luce completamente diversa da quella alla quale i centomila ascolti precedenti vi avevano ormai abituato. Certo, stiamo parlando di una autobiografia e qualche piccola scivolata nei clichè tipici delle autobiografie la si può trovare, ma è roba da poco che svanisce come fumo, quello che c’è, che rimane davvero, è una esecuzione onesta, spesso spietata, di quel grande spartito che è la sua vita, e l’esecuzione indugia sulla sofferenza, perchè che lo si voglia o no è quella che si ricorda meglio, mentre la gioia sfarfalla via velocemente, in qualche colore psichedelico. La sincerità c’è, si legge tutta, anche se ovviamente è di parte, la si apprezza e le si concede di avvicinarci ancora di più a quel personaggio che tutti amiamo, Zucchero, che scrive proprio come parla e parla proprio come scrive le canzoni, che sono uniche e che sgorgano direttamente dal cuore e dai doni che gli sono stati dati dal creatore, tutta roba che riguarda l’arte, anche se nel libro lui cerca di descriversi come un semplice artigiano. Questo libro è proprio un disco di Zucchero, la penna è proprio sua e anche i sentimenti. Ci coinvolge esattamente come ci coinvolge ascoltare, per la duecentesima volta “Ridammi il sole” e ci stupisce esattamente come ci stupisce ogni volta l’arrivo del coro ancora in “Ridammi il sole”, anche se l’abbiamo ascoltato già duecento volte.
E poi “Il suono della domenica” contiene il racconto di mille incontri con tutti gli artisti che noi veneriamo, c’è Eric Clapton, Miles Davis, Aretha Franklin e molti altri, c’è Stevie Ray Vaughan, sul quale confesso che avrei voluto sapere di più, c’è Bono e c’è Pavarotti descritto con un amore che lascia commossi e sorridenti.
Se anche voi, come me, amate Zucchero ma non avete ancora in casa questo libro, credo proprio che vi toccherà scapicollarvi giù dalle scale per andarvelo subito a comperare. Lo leggerete tutto di un fiato e dopo le sue canzoni vi appariranno ancora più belle. Vi sembra impossibile, lo so, ma scoprirete che è tutto vero.
E adesso eccovi il duetto con Toni Childs, il mio preferito tra tutti i duetti di Zucchero.