I told You I was trouble: Amy Winehouse Live in London
Come ben sapete, miei cari 7 lettori, io non sono un grande esperto di Amy Winehouse, pur essendone un sincero ammiratore, quindi non so bene cosa dire di questo DVD, che voi già non sappiate o che non abbiate già capito come e meglio di me. Posso però dirvi cosa ne penso e che cosa c’è dentro.
C’è dentro un documentario di una quarantina di minuti, intitolato I told You I was trouble, fatto con lo stile con cui fanno adesso il 99% dei documentari musicali, uno stile che usa tempi televisivi, che mischia, quasi sempre a casaccio o seguendo un criterio pseudo-temporale, filmati dell’artista con testimonianze/frasi di conoscenti, amici, parenti, fan. Avrete visto centinaia di questi documentari e ogni volta, alla fine, siete rimasti con la sensazione di non avere visto nulla, realizzarli è facile, chiunque di noi sarebbe in grado di farlo, tutto quel che serve sono un po’ di filmati, qualcuno che sappia tagliarli/montarli e un buon software per la postproduzione e, se non si è ancora capito, io codesti video li odio. Però, insomma, dentro questo c’è Amy Winehouse e a vederla con quel pacco di capelli in testa e che ci spiega quanto ci tiene be’, un po’ ci si commuove…comunque sia il documentario scivola via in fretta e quello che rimane sono ben due concerti entrambi del 2007, entrambi a Londra: il primo è allo Shepherds’s Bush Empire, l’altro alla Porchester Hall.
La scaletta dei due concerti è simile, non uguale, sono quindi entrambi “utili” ai fini della conoscenza del repertorio di Amy e, naturalmente, interessanti per valutare le differenze interpretative e le capacità di intrattenimento dell’artista in contesti ambientali equivalenti e temporalmente vicini. Mi rendo conto di avere usato, nell’ultimo paragrafo, un linguaggio da “critico” rintronato e vi chiedo scusa, non so come sia uscito fuori.
In entrambi i concerti Amy è in ottima forma, parla e scherza con il pubblico anche se, soprattutto allo Shepherds’s Bush Empire, sembra a volte un po’ distratta e, verso il finale, anche un po’ confusa, infatti in Monkey Man, dimentica di variare il volume di emissione della propria voce, durante certi passaggi, cosa che invece fa benissimo alla Porchester Hall…oppure si tratta proprio di una scelta interpretativa e la presunta “distrazione” che ho ravvisato è semplicemente figlia di tutte le cazzate che sono state sparate negli ultimi tempi su Amy Winehouse: ho visto in questi anni fior di filmati di rinomatissimi e riveritissimi “artisti” che dentro il microfono latravano note incomprensibili senza neppure vergognarsi e senza che nessun imbecille si sognasse di fare supposizioni sulla sua “presenza mentale” o sulle ragioni della sua “distrazione”. Perdonami Amy.
E’ che in questi due concerti non c’è una singola nota sbagliata, non c’è niente che non sia perfetto: il gruppo swinga e rolla alla perfezione, i coristi cantano e soprattutto ballano che è una bellezza e Amy, be’ Amy ha dei tatuaggi e dice parolacce, porta dei capelli impossibili e vestiti, a mio parere, mal consigliati e per tutto questo qualcuno, perfino i suoi discografici come vedrete nel documentario, ha pensato che potesse essere diventata una cantante pop/rock, il suo modo di vivere non ha poi fatto altro che dare credito a questa idea. Ma è una idea sbagliata, completamente sbagliata. Amy Winehouse era/è una cantante jazz, con una classe nella voce, nei movimenti, nei gesti, da rifornire mezza europa e averne ancora d’avanzo. Che roba ragazzi! Altro che le sciaquette che vedete ogni giorno in tivù, quelle alle quali ruoli da protagoniste in superproduzioni holliwoodiane e interventi di chirurgia plastica in serie proprio non riescono a insegnare a cantare.
Non si riesce a capire che tipo di respirazione Amy Winehouse usi, durante il canto, se abbia una impostazione di tipo classico, se abbia studiato o se sia la natura che gli ha insegnato a cantare così e francamente a chi l’ascolta di tutto questo non gli può importare di meno. La cosa meravigliosa è che questa cantante è stata capace di portare nelle cuffie e nelle casse degli stereo di milioni di tangheri e di semianalfabeti come me, un tipo di musica culturalmente superiore e forse l’abbassarsi al nostro livello potrebbe davvero aver danneggiato lei, mentre sicuramente ha migliorato noi, e di molto. Difficilmente ne troveremo a breve un’altra eguale ad Amy, di certo non nel corso della nostra vita, e i media dovrebbero riconoscerlo e fare mea culpa, o almeno evitare di continuare a sparare cazzate ogni volta che ne parlano.
I musicisti presenti nei due concerti, rigorosamente in giacca e cravatta, sono:
- Dale Davis: basso.
- Zalon Thompson & Ade Omatayo: cori e danza scatenata.
- Robin Banerjee: chitarra.
- Nathan Alan: batteria.
- Xantone Blacq: tastiere.
- Henry Collins: tromba.
- James Hunt: sassofono alto, flauto.
- Frank Walden: sassofono baritono.
Quello che segue è l’elenco dei brani contenuti nel DVD, le canzoni contrassegnate con l’asterisco non sono state eseguite nell’altro concerto (è per facilitarvi la vita, cari i miei 7 lettori)
Shepherds’s Bush Empire:
- Intro/Addicted
- Just Friends
- * Cherry
- Back To Black
- * Wake Up Alone
- Tears Dry On Their Own
- He Can Only Hold Her/Doo Wop (That Thing)
- * Fuck Me Pumps
- Some Unholy War
- * Love Is A Losing Game
- Valerie
- * Hey Little Rich Girl
- Rehab
- You Know I’m No Good
- Me & Mr. Jones
- Monkey Man
Porchester Hall:
- * Know you now
- Tears dry on their own
- You know I’m no good
- Just friends
- He can only hold her/Doo wop
- * I heard love is blind
- Rehab
- * Take the box
- Some unholy war
- Back to black
- Valerie
- Addicted
- Me & Mr Jones
- Monkey man
Voglio concludere inserendo un video, tratto dal concerto allo Shepherds’s Bush Empire. Lo so che Amy ha scritto tante belle canzoni, ma io sono costretto a scegliere Monkey Man, e il perchè lo sapete, cari i miei 7 lettori. A proposito di Monkey Man, gli esperti, quelli veri, mica dei bau-bau micio-micio, si affannano a dire che questa è una cover di Toots & The Maytals, dimenticando però, poveri esperti dei miei stivali, che i Maytals facevano/fanno reggae e che la versione di Amy Winehouse è in realtà la cover della versione ska degli Special. Eccovela qua:
Guarda che anche nel concerto di Porchester Hall ci sono Love is a Losing Game e Wake up Alone. E c’è anche Stronger Than Me
Bell’articolo Stone! Nella notte di capodanno mi son guardato tutto il suo concerto in tv. Mi sono emozionato parecchio. E’ stata un’artista anzi forse lo è ancora!