Giacomo Toni – musica per autoambulanze
Moro
Giacomo Toni, Musica per autoambulanze
L’unico motivo per cui a Giacomo Toni, oggi come oggi, non viene riconosciuto il titolo di miglior cantautore italiano, è che la gente si affeziona ai nomi. Gino Paoli non scrive più niente di che da un sacco di tempo, ma nessuno lo ribattezza come meriterebbe – che so, Sergio Pighini. Neil Young non è più il Neil Young di Harvest, ma la gente non è disposta a rinunciare all’idea che quel Neil Young lì, quello che cantava con Crosby Stills e Nash, sia ancora in piena attività. E così, mentre tutti fanno attenzione ai grandi nomi, e continuano a pagargli la colazione, qualche musicista anonimo fa una grande canzone o un grande album, e se ne accorgono in pochi – e la colazione, lui, se la deve pagare da solo.
Il primo album di Giacomo Toni, hotel nord est, era un capolavoro di cui si sono accorti in pochi. Cioè, non proprio pochi – migliaia di persone – ma comunque molti meno di quel che le canzoni meritavano. Il secondo album di Giacomo Toni, Musica per autoambulanze (MArtelabel 2013), è ancora più bello del primo, se possibile, e io spero che stavolta se ne accorgano a milioni. È per questo motivo che in questa recensione che non è esattamente una recensione, ho intenzione di ripetere moltissime volte il nome di Giacomo Toni. Giacomo Toni. Giacomo Toni. Giacomo Toni. Se cominciate a farlo anche voi, c’è caso che anche il suo nome prenda peso e lo tolga a tutti gli altri nomi ancora attaccati a gente che non scrive più grande musica da anni. Se continuiamo a ripetere “Giacomo Toni”, magari l’edicolante di fronte a casa Paoli comincerà a salutare quel tizio con i fondi di bottiglia davanti agli occhi dicendo: “E mi saluti la signora Pighini!”. Naturalmente, poi, potrà capitare che Giacomo Toni smetta di scrivere grandi canzoni – a quel punto dovremo ribattezzare anche lui, e passare il suo nome ormai famoso a un nuovo venuto. Ma nel frattempo, tenete presente che Giacomo Toni, Giacomo Toni, Giacomo Toni, ha fatto un gran disco.
Direte voi, se non avete mai ascoltato niente di suo: “Ma che musica fa questo fenomeno, questo Giacomo Toni? Da dove viene? A chi somiglia?” – ma questo è esattamente il genere di trappola che voglio evitare. Il recensore professionista, di fronte a Musica per autoambulanze, butterebbe là una serie di nomi, per interpretare l’ignoto attraverso il noto e fare bella figura: direbbe che qui Toni ricorda Jannacci, là Paolo Conte, e poi Vinicio Capossela, i Gufi, Bruno Martino, Mingus, il jazz delle grandi orchestre, e via dicendo. Ma questa procedura, per quanto utile al lettore nell’ottica del “raccomandato se vi piace”, finisce per ridurre ogni nuovo autore al doppio di qualcun altro, e in ultima analisi a un surrogato, a un prodotto di seconda fascia. Se non puoi permetterti Iannacci, o hai già tutti i dischi, comprati un Giacomo Toni. Se sei curioso di sentire come suona un imitatore di Paolo Conte che viene da Forlimpopoli, ascolta Giacomo Toni.
Niente di più sbagliato. Giacomo Toni non è l’epigono di nessuno – semmai, alla fine, saranno gli altri a figurare come suoi precursori. E se proprio dovessi descrivere le sue canzoni aiutandomi con il già noto, con la tradizione – con una qualche tradizione, con varie tradizioni – credo che lo farei in termini alimentari. Giacomo Toni, come dev’essere evidente all’ascoltatore di Musica per autoambulanze, si è mangiato un sacco di altri autori di canzoni, e invece di rivomitarli fuori, sputa canzoni. “Se ti vedo” è la canzone di uno che si è mangiato Bruno Martino. “Notturno” è la canzone di uno che si è mangiato Chopin e Capossela, ma anche tutti i suoi antenati romagnoli e cinque o sei cantautori di provincia amanti del verso vago, simbolico e crepuscolare (che in Giacomo Toni, per miracolo, funziona davvero e ritrova senso – perché anche quando non sai quello che dice, Giacomo Toni, hai la netta sensazione che lo sappia lui, e non ti senti abbandonato in mezzo alla nebbia di una strada di campagna). “Un bel sabato” è la canzone di uno che si è mangiato tutti quanti. Ma in ognuna di queste canzoni, questo “uno” che si è mangiato qualcun altro non suona come se il pasto gli fosse rimasto sullo stomaco: queste canzoni sono bolo alimentare di Giacomo Toni, un autore di canzoni dalla voce personale, dalla scrittura forte e dalla digestione perfetta.
Che resta da dire? Che Giacomo Toni scrive canzoni serie e canzoni comiche. Che quando senti le canzoni comiche pensi “questo deve scrivere canzoni comiche”, e quando senti le canzoni serie pensi “ma le canzoni serie sono meglio”. Che nelle canzoni di Giacomo Toni non c’è una parola in più e una parola in meno, e si trovano rime come questa, su Mourinho:
Hanno niente a che vedere con lo stile di Josè
Dovrei essere felice, ma come posso se
Che le canzoni funzionerebbero anche per chi non capisce l’italiano e segue solo la musica. Che all’inizio ho definito Giacomo Toni “miglior cantautore italiano”, ma lui non ama il termine cantautore, perché sa di impegno politico e di poesia musicata, e bisogna andare oltre il concetto di cantautore, dice.
Giacomo Toni. Giacomo Toni. Giacomo Toni.
Nella copertina di Musica per autoambulanze, il nuovo disco di Giacomo Toni, c’è una statua monca di Giacomo Toni con sopra dei volatili rossi pronti a bruttarla. È un’immagine appropriata per un disco di Giacomo Toni, perché Giacomo Toni si costruisce un monumento con le sue canzoni e se lo sporca di guano da solo, con arte, senza sbagliare un singolo colpo.
Giacomo Toni. Giacomo Toni. Giacomo Toni.
Giacomo Toni. Giacomo Toni. Giacomo Toni…
Presentazione del Moro, che si è dimenticato di firmare.