Dedicato a Lester Bangs

Come si fa a descrivere lo stile di Lester Bangs senza buttar giù un mucchio di sciocchezze ma rimanendo, almeno un pelino, concentrati sull’obiettivo? Lester Bangs non aveva uno stile unico perchè prima che un critico musicale era uno scrittore e questo gli consentiva di dare alle sue pagine la forma che preferiva con netta precedenza sulla direzione che, almeno apparentemente, spesso era incerta o velata o, clamorosamente, fuorviante.
Lester Bangs è stato il più grande critico musicale della storia e quasi sicuramente non era neppure un critico, forse aveva soltanto scelto la musica come il genere letterario in cui muoversi artisticamente, proprio come altri lo fanno tramite l’avventura, il giallo, il romanzo rosa e altro ancora. La correttezza dei dati non era una sua priorità, né lo era la discografia dei musicisti di cui parlava o la loro biografia nella forma più consueta: la priorità di Lester Bangs era la composizione che tracciava sui fogli bianchi, fatta di parole che si incastravano o si rincorrevano, a volte falsamente casuali, a volte inusuali ma sempre con in mente l’opera finale, l’articolo con la A maiuscola. Poco importava se poi a usufruire del suo lavoro erano brufolosi adolescenti in cerca solo di notizie spicciole su questo cantante o su quel chitarrista, Lester Bangs sapeva attrarli sulle sue pagine per poi, a tradimento, buttar loro sotto gli occhi della vera e salutare cultura.
Non ha mai avuto eredi, artisticamente parlando, perchè era francamente impossibile ispirarsi a lui senza piombare nella imitazione più rudimentale, nello scimmiottamento più scadente. Un giorno, chissà, arriverà qualcuno capace di prendere il disco di un tizio qualunque, o un suo concerto, e trasformarlo in letteratura, è possibile anche se altamente improbabile e comunque sarà un affare di generazioni molto lontane. Tutti noi che oggi siamo in qualche modo interessati alla musica dobbiamo accontentarci di quello che ci ha lasciato il Sommo Critico e toglierci gli eventuali grilli dalla testa.
E’ per quanto appena detto che il sito sul quale sto scrivendo è dedicato a Lester Bangs? sì e no. Vedete, cari i miei 7 lettori, io sono ben conscio dei miei limiti come musicista ma ancor di più lo sono di quelli come scrittore (inteso come persona che scrive) e non mi illudo di essere qualcosa di speciale o di avere una dote particolare. A un certo punto della mia vita mi sono drammaticamente reso conto di avere due possibilità: discutere, come fanno in molti, con la televisione o farlo con voi. Ho scelto voi perchè siete più simpatici del monoscopio, ma non dovete pretendere troppo da me, c’è quel che c’è e deve bastarci, come è tristemente noto non si può cavar sangue da una rapa. D’altra parte, diciamocelo pure, ci son migliaia di persone che, come me, han problemi a socializzare con gli altri esseri umani e di conseguenza, con alterne fortune e dotati di disuguali bravure, afferrano metaforici pennini e calamai per lanciarsi in esternazioni d’ogni tipo, aiutati in questo dal WEB che, nella sua reale democrazia, non nega questa possibilità neppure a coloro ai quali bisognerebbe negarla per legge. Come ho detto i talenti sono differenti e chi ne è meno provvisto è normale che si ispiri a qualcun’altro, per esempio un tempo io mi rifacevo molto a James Joyce finchè realizzai che un semianalfabeta come me non poteva continuare a farlo e mi spostai su autori altrettanto bravi ma dalla lingua più accessibile, come Campanile o Guareschi. Passando per Pavese, Sterling, Dumas, Bacchelli e altri ancora un bel giorno ho capito di essere troppo scarso per fare lo scrittore e la storia è finita lì. Però, ammetiamolo, il percorso per giungere alla pur ovvia conclusione è stato bello, ho letto delle cose meravigliose e ne è valsa davvero la pena, inoltre scimmiottando Guareschi, Campanile o Pavese ho anche imparato a cavarmela decentemente con le parole scritte al punto da farmi addirittura capire, anche se con qualche comprensibile e spero perdonabile difficoltà.
E’ una cosa di cui mi sono già lamentato con voi e con qualche amico ma forse non sono riuscito a spiegar bene quanto questa cosa mi sconvolga: girando per il web mi è capitato di trovare degli infelici che han scopiazzato da alcuni dei miei articoli e mi pare francamente impossibile che qualcuno possa davvero averlo fatto intenzionalmente. Per copiare me bisogna davvero essere messi male, bisogna veramente aver passato la vita a leggere soltanto liste della spesa e libretti di istruzioni, essere irrimediabilmente allergici a tutto quel che concerne la semantica e vantare il lessico di un pappagallo ammaestrato. Come si può ambire a pubblicare qualcosa ispirandosi al peggio o al meno peggio? può davvero esserci qualcuno che scorrendo un articolo firmato “Manodipietra” possa sentirsi spinto a saccheggiarlo o a farne la forza motrice di uno scritto da rendere accessibile a un pubblico di persone viventi? ma stiamo scherzando? Si deve sempre puntare ai più grandi, imparare da loro, per tirare fuori il meglio da se stessi, poi se questo “meglio” non è un granchè pazienza, l’importante è provarci, fare riferimento a un Manodipietra qualunque non credo sia una idea molto brillante.
Stonehand Express è dedicato a Lester Bangs in primo luogo perchè lui è stato quello che ha parlato di musica nel modo più artistico e sublime possibile e in secondo luogo per spingere eventuali visitatori in cerca di idee a farsele venire comprando i libri di uno bravo e a non perdere tempo con quelli scarsi.
C’è anche un terzo luogo, ed è tutto mio. Anche a me, come a voi, capitano tra le mani critiche e recensioni, a volte perfino molto belle, e non ci trovo mai dentro Lester Bangs e così queste critiche, queste recensioni, finiscono per distinguersi soprattutto per grammatica e competenza, ma in fondo si assomigliano tutte. Mi sono stancato di leggerle e non desidero di certo scriverle. Io voglio ispirarmi a Lester Bangs e lasciarmi trasportare dal cuore, dalla fantasia, dall’ambiente circostante. Io voglio scrivere un articolo sui Beatles senza parlare mai dei Beatles. Voglio riferirmi al più grande così forse tirerò fuori quel che di buono ho dentro, che è poca roba, d’accordo, ma è meglio che niente. Quando scrivo mi voglio divertire, non fare il compitino per far bella figura con questo e con quello.
I più attenti tra di voi, cari i miei 7 lettori, obietteranno che i miei articoli saltano di palo in frasca da sempre, senza tirare in ballo Lester Bangs, ma io rispondo che probabilmente lo fanno proprio perchè ho letto Lester Bangs, o forse Bulgakov, vatti a ricordare, oppure perchè sono irrimediabilmete svanito. Quest’articolo, come tutti gli altri che ho scritto, per esempio contiene un forte omaggio al nostro amato critico americano e voi neppure ve ne siete accorti, sbadatelli che non siete altro: molti di coloro che scrivono di musica, ma non solo, usano nei loro pezzi la terza persona singolare (“chi scrive pensa che…”) o la prima plurale (“ci è appena arrivata questa segnalazione…”) per ragioni legate a una qualche ormai dimenticata deontologia o perchè così fan tutti. Lester Bangs ed io usiamo sempre la prima singolare, lui perchè era un grande scrittore e in qualche modo parlava sempre di sé, io perchè come ho detto preferisco ispirarmi ai migliori piuttosto che alla massa sempre uguale a se stessa e comunque, proprio come Lester Bangs, nella massa mi ci trovo davvero male.
O forse perchè son rincoglionito, non lo rammento più.