Bologna 2011/80
In questi 31 anni qualcuno deve aver rimescolato non solo le carte, ma anche i palazzi e le vie, perchè Bologna non è per nulla come la ricordavo. Le torri erano molto più vicine a Piazza Maggiore, tanto per incominciare, e Piazza Maggiore era grande almeno il triplo di quanto è grande adesso. Inoltre, e qui vi stupirò parecchio, sono abbastanza sicuro che San Petronio, 31 anni fa, non c’era, oppure c’era ma era da un’altra parte e proprio lì, al posto della cattedrale, si pavoneggiava un bellissimo palazzo grande quanto la cattedrale, con tanti gradini per sedersi, proprio come quelli della cattedrale, ma con dei portici che lo circondavano su tre lati, quindi non poteva essere la cattedrale. E la stazione era molto più vicina alla piazza grande…ricordo che non ci mettemmo tanto a raggiungerla, non quanto adesso, mi sembra che fosse proprio dietro l’angolo.
Sono 31 anni che non vedo Bologna, voi che ci passate spesso ve ne meraviglierete, ma io ho i miei buoni motivi e delle ottime giustificazioni…oggi ho cercato a lungo il portico che conduceva all’asilo, ma a Bologna i portici sono troppi, e poi sono decisamente tutti uguali e io che non ricordavo neppure San Petronio, ditemi, come avrei potuto ritrovare proprio quel posto? quel portone?
Giovanna ci passò davanti, camminò per alcuni passi, poi si fermò, allargò le braccia quasi arrendendosi dopo una discussione, si voltò e venne verso di noi.
-Avete mangiato, ragazzi?
Non solo era carina, Giovanna, ma era anche buona, gentile e disposta ad aiutare chiunque le sembrasse in difficoltà: in quei giorni ci fece conoscere un sacco di sballati, fuori di testa, drogati e vagabondi ai quali cercava di dare una mano.
Ci aveva scambiato per dei barboni.
Certo, non ci lavavamo da alcuni giorni e identificarci come turisti non era proprio una immediata conclusione, ma era ciò che eravamo: tre turisti con pochissimi soldi, stanchi e anche un po’ depressi, dal momento che avevamo anche avuto qualche problema, nei giorni precedenti e pensavamo che nulla potesse andare peggio. Pensavamo che il mondo fosse un covo di bastardi.
Giovanna ripercorse i suoi passi, insieme a noi, e ci portò all’asilo nel quale lavorava attraversando il medesimo portone dal quale era appena uscita. Lei aveva l’incarico di sorvegliare i locali, ovviamente deserti, durante il mese di luglio e non sapendo dove portarci, per permetterci di rimettere in sesto il nostro stomaco e il nostro aspetto, ci portò lì. Ci lavammo, finalmente, e riuscimmo a cucinare un discreto pranzo, che forse disgustò un po’ Giovanna ma che a noi parve fantastico visto che erano molti giorni che andavamo avanti a schifezze. A pancia piena decidemmo che Bologna ci piaceva e che volevamo fermarci qualche giorno, l’asilo era il posto perfetto per noi, quindi cercammo di convincere Giovanna a farcelo usare, almeno per dormire. Non so perchè lo fece, non sapeva neppure chi fossimo, ma era una ragazza dolce e buona e disse di sì, affrontando i possibili rischi della sua decisione.
Fumava non meno di 100 sigarette al giorno, Giovanna, e questo era il suo unico difetto, appresso a lei aumentammo a dismisura la nostra dipendenza da nicotina, in cambio ci gettò tra le braccia di una splendida Bologna raccontandocela con grande passione e rispondendo a ogni nostra domanda, trovando soluzioni a ogni nostro dubbio o incertezza. E poi conosceva tutti, tutti le volevano bene e a volte avevamo la sensazione che non fosse proprio umana, che venisse da qualche parte del cielo, lassù, con il solo incarico di farci credere che l’umanità fosse tutta così, allegra, generosa e pronta a dare una mano. Forse il suo incarico era quello di convincerci che il mondo non fosse quel covo di bastardi che credevamo.
Infine ci disse che dovevamo sloggiare dall’asilo perchè doveva dare le chiavi a un’altra persona che l’avrebbe avuto in custodia per agosto. Ci dispiacque molto perchè non sapevamo dove andare a dormire e ricordo che uno di noi quasi si offese: in fondo non avevamo spostato una sedia, anzi, l’asilo era più pulito e in ordine di quando eravamo arrivati, ma Giovanna fu irremovibile e dovemmo andarcene. Quel giorno la vedemmo solo al mattino, quando ci condusse, o meglio ci spinse, fuori dall’edificio, poi se ne andò a sbrigare altre faccende e noi bighellonammo per Bologna fino a sera, senza cercare di rivederla. Poi qualcuno disse:
-Siamo restati anche troppo qui, adesso è tardi, ma domani mattina presto ce ne andiamo
-Non possiamo andarcene senza aver salutato Giovanna- protestai
-Fanculo Giovanna, ci ha pure buttati in mezzo alla strada…
Non è che fossimo proprio stronzi o cattivi, eravamo davvero dei bravi ragazzi, solo molto giovani, e comunque era vero, stavamo in mezzo alla strada.
Ormai era molto tardi e ci fermammo sul sagrato di una chiesa per fumarci una sigaretta e magari per suonare un po’ la chitarra ma quasi subito un prete si materalizzò dal nulla:
-Ma lo sapete che ore sono? andate a dormire ragazzi.
Non la ricordo mica la faccia del prete e mi dispiace molto, perchè sono vivo solo grazie a lui.
-Ci scusi padre, stiamo tirando tardi perchè non è che abbiamo tutta questa voglia di andare a dormire in stazione col sacco a pelo, ma ha ragione lei, è meglio che ci andiamo.
Il prete scosse il capo e rispose:
-Dormire in stazione? e come pensate di riuscirci con il viavai di gente, gli altoparlanti e il resto? il nostro chiostro è tranquillo, silenzioso e riparato, potete dormire qui, se volete.
Non ce lo facemmo ripetere due volte, stendemmo i sacchi a pelo in un angolo del piccolo chiostro e passammo una notte tranquilla nella quale probabilmente ripensammo un po’ ai giorni passati, io lo feci, pensai che l’umanità fosse una magnifica invenzione e che il giorno dopo non sarei certo partito senza salutare Giovanna, e senza ringraziare il prete.
Il giorno dopo del prete non c’era traccia.
Trascinammo le nostre cose in un bar ma non ci fu verso di farci dare qualcosa dalla barista perchè, seduta su una sedia, non smetteva di piangere.
-Avete visto cosa è successo?- ci disse qualche avventore -la stazione…
Era il maledetto 2 agosto 1980 e l’umanità non era magnifica come io pensavo. Corremmo alla stazione che ci accolse con un cumulo di detriti e immediatamente pensammo che avremmo potuto essere là sotto, se non fosse stato per il prete.
-Cosa è successo? Ci sono dei feriti?- domandammo -delle vittime?
Nessuno aveva risposte e gli occhi erano fissi sulle rovine, si sentivano scorrere le lacrime, i mormorii erano confusi, increduli prima e disperati subito dopo.
Una bomba, dissero.
Telefonai a Giovanna, ma non riuscii a capire neppure una parola di quello che diceva, a causa dei suoi singhiozzi.
-Me ne vado- le dissi -e non voglio tornare mai più qui, perchè questo è l’inferno. Ma non ti dimenticherò, Giovanna, ti scriverò.
Passai quindi il telefono agli altri e cominciai a immaginarmi lontano dalla polvere che proveniva dalle macerie, lontano da tutto quel dolore.
Scrissi a Giovanna, come avevo promesso, ma lei non rispose mai. Forse perchè ce l’eravamo immaginata e non esisteva davvero oppure perchè aveva cose ben più importanti da fare, perchè era una angelo ed era stato mandato a noi solo per ricordarci che anche tra la violenza e la stupidità il bene può comunque emergere…ma non è detto che stia scrivendo cose legate da una qualche logica: oggi non mi ricordavo di San Petronio e chissà, probabilmente non ricordo neppure le lettere che Giovanna mi spedì e nelle quali raccontava dei bambini dell’asilo e degli sbandati che raccattava per strada per dar loro qualcosa da mangiare, un momento di gioia. Non ricordo neppure di averle scritto, una volta: “Devi smetterla di fidarti, Giovanna, prima o poi incontrerai qualche delinquente”. Sicuramente la corrispondenza è finita in modo naturale e a un certo punto, semplicemente, scriverci è diventato superfluo. Ve l’ho detto, non ricordo più nulla.
E sapete qual è la cosa strana? che la drammaticità degli eventi mi aveva fatto dimenticare il prete e quando mi è tornato in mente non avevo più l’indirizzo di Giovanna, scomparso chissà come e non ho potuto chiederle di provare a rintracciarlo e di ringraziarlo da parte mia e dei miei amici, per averci salvato la vita, di chiedergli come si chiamava, quanti anni aveva, da dove veniva e a chi fosse intitolata la chiesa nella quale ci aveva ospitati.
E’ tutto così sfumato, mentre passeggio per Bologna dopo 31 anni e so che dietro qualche angolo ci sono Giovanna e il Prete che mi guardano e sorridono, con le ali nascoste sotto i vestiti e pronti per qualche altra missione di salvataggio. E so che l’unica ragione per la quale non si fanno avanti è che sono ormai troppo svanito e non sarei in grado di riconoscerli.
In fondo non ho riconosciuto neppure di San Petronio….
molto bello, mano di pietra, molto toccante. sono felice che che quella notte non hai dormito in stazione. sono convinto che solo l’essere umani, l’esserlo sempre di più e ancora di più, salverà questo mondo marcio. lo spero almeno…