Banjolele by Wim van der Leden
Una doverosa introduzione
Una volta avevo un banjo, adesso non ce l’ho più. Lo suonavo da cani e non è stata una gran perdita, comunque una certa nostalgia mi è rimasta e ho sempre sognato di cimentarmi di nuovo con questo strumento. Un giorno, invece, è arrivato l’ukulele.
L’ukulele è uno strumento strano, ha molte personificazioni e una di queste ha la forma di un banjo. È strano anche per un’altra sua caratteristica: che tu sia un virtuoso o che abbia le mani di pietra e la testa fumata, come me, non fa differenza, puoi suonarlo benissimo o malissimo e lui ti restituisce sempre una piacevole sensazione. Alcuni chiamano questa sensazione allegria, altri gioia e altri ancora buonumore, io non esagererei così tanto e mi limiterei a dire che l’ukulele ti fa star meglio. L’ukulele ti invita a cantare e ti fa apprezzare anche canzoni che altrimenti troveresti orribili.
La sua ukulelità mi ha reso i ricordi sul banjo meno sgradevoli e il banjo stesso più attraente, insomma il banjo-uke, l’ukulele-banjo o il banjolele, nome decisamente più adatto, mi piace e ho deciso di prendermene uno.
Avete avuto la stessa idea anche voi? sì? bene, allora sapete già a cosa va incontro chi ha idee brillanti come la nostra: lo sconforto, anzi la disperazione! trovare un banjolele a un prezzo accessibile e che sia anche un vero strumento è praticamente impossibile, a pensarci bene è impossibile trovarne anche di fasulli. In Italia non ci sono i banjolele! dove sono i banjolele? in America naturalmente, e lì io sono andato a cercare, ovviamente via internet.
Per ottenere un banjolele originale americano è necessario farsi un mutuo, neanche fosse fabbricato da Stradivari in persona quindi, come tutti, ho allargato la ricerca verso ogni direzione con il risultato di vedere proporzionalmente aumentato il disappunto. Nuovi o usati i banjolele hanno tutti dei prezzi fuori dalla realtà, quelli nuovi, anche se hanno altisonanti nomi anglofoni sono irrimediabilmente fabbricati in Cina e vantano prezzi da capogiro, quasi fossero fabbricati da tanti piccoli Guarneri del Gesù con gli occhi a mandorla. Quelli usati sono quasi sempre cose da rigattiere, malridotti e bisognosi di cure intensive per arrivare a una suonabilità approssimativa. Vengono inevitabilmente offerti anche loro a prezzi insensati e molto spesso si tratta di tamburelli con un manico attaccato, dotati a volte, ma non sempre, di una barra centrale che dovrebbe assicurare una certa rigidità alla struttura. Sappiate che la barra non servirà a molto se la cassa è costituita da un normale tamburello, perchè i tamburelli sono generalmente poco alti e il legno usato non è molto spesso, il tutto finirà per deformarsi e cedere, da qualche parte. La cassa deve essere bella alta e il legno bello spesso, fidatevi, magari non suono tanto bene ma di strumenti musicali ne capisco abbastanza, non fosse altro che per tutti gli anni trascorsi cercando di tirarci fuori qualcosa di vagamente prossimo alla decenza, o almeno di non troppo indecente.
I fatti parlano chiaro: chi vuole un banjolele deve rassegnarsi a una odissea alla quale può porre termine solo rinunciando o sborsando una massa considerevole di danaro. Ci sono i liutai, è vero, e alcuni offrono anche i loro prodotti a un prezzo abbordabile, ma c’è sempre qualcosa che, personalmente, non mi soddisfa completamente… a volte può essere lo spessore della cassa, troppo sottile, a volte il numero dei ganci per tendere la pelle, troppo esiguo, a volte il manico, apparentemente troppo fragile. Tutte queste cose le dico in base alle foto trovate in giro su internet, è vero, e non in seguito a una prova sul campo, ma ho delle ragioni dalla mia parte: se già una foto dà l’impressione di trovarsi più di fronte a un gadget che a un vero strumento, l’inizio non è dei migliori e in ogni caso per provare questi strumenti dovrei acquistarli o intraprendere lunghi viaggi in giro per il mondo, impresa demenziale essendo l’obbiettivo quello di acquistare un banjolele senza dover chiedere un finanziamento alla propria banca o a quella di qualcun altro.
Come tutte le imprese impossibili anche la mia sembrava destinata al fallimento ma a volte, si sa, possono accadere cose strabilianti, come vedere la luce in fondo al tunnel o incappare nel sito di Wim van der Leden.
I banjolele di Wim van der Leden, già in foto, mi sono sembrati decisamente più professionali rispetto a quelli di altri suoi colleghi e il prezzo, incredibilmente molto più basso, mi han fatto decidere di farmene costruire uno.
Mi scuso per la lunga introduzione, ma era necessaria, davvero, pensate a quanti ukulelisti ancora non si sono avventurati alla ricerca di un banjolele, la premessa di cui sopra può far risparmiare loro ore e ore di affannosa e infruttuosa ricerca in rete o magari per le strade, come cavalieri alla ricerca del Sacro Graal, poveri ukulelisti alla ricerca di un banjolele.
Wim van der Leden
Wim van der Leden, essenzialmente, è uno di noi. Uno di quelli che han cercato in lungo e in largo un banjolele a un prezzo terrestre senza riuscire a trovarlo. Lui però, anzichè rinunciare, decise di costruirsene uno. Non so come fosse quel banjolele, certo è però che diversi conoscenti di Wim ne vollero uno anche loro e così Wim si è trovato, un bel giorno, a costruire banjolele per chiunque glie li chiedesse.
La filosofia di Wim è molto semplice: per abbattere i costi costruisce tutto in casa, tutto fuorchè le chiavi, le corde e la pelle. Non voglio annoiarvi con dettagli costruttivi che nel suo sito Wim spiega molto bene, andate lì e saprete tutto, debbo però sottolineare che Wim van der Leden di mestiere fa tutt’altro e costruire banjolele è per lui una passione, non certo un lavoro.
Cosa avrà scoperto Wim quando si è accinto a costruire il suo primo banjolele? semplice, che l’hardware specifico costa, proporzionalmente, più dei diamanti. Io ho fatto una ricerca e ho scoperto che un anchor e un hook, insieme, puoi pagarli addirittura sei o sette euro, una cosa senza alcun senso se si considera che l’hook è in definitiva un gancetto di quelli che il ferramenta ti tira dietro a chili, per sei o sette euro. Consideriamo che che di hooks e anchor ne servono molti, consideriamo che gli attaccacorde hanno il loro prezzo, come i tension hop e il tonering, facciamo un po’ di conti e magicamente scopriamo la ragione per la quale i banjiolele costano così cari: solo di hardware si fa presto a superare i centocinquanta euro. Wim si è fatto i conti ha deciso di comprare belle e fatto solo quello che non riesce a costruirsi da solo, cioè la pelle, le corde, i tastini e le meccaniche alla paletta. A tutto il resto ci pensa lui, comprando il materiale dal ferramenta e modificandolo alla bisogna. Un banjolele di Wim è praticamente costruito interamente nel suo laboratorio: manico, pot, tastiera, hardware…Wim lavora su piccole serie di banjolele, così se ve ne serve uno di dimensioni standard probabilmente ha già tutto il materiale pronto e riuscirà ad assemblarvelo in pochi giorni, nel caso ve ne serva uno particolare, invece, i tempi potrebbero allungarsi.
Ecco una serie di pots già pronti:ed ecco invece l’operazione di inserimento tasti, su un manico già quasi ultimato:
e a proposito di manico in questa immagine potete vedere i differenti stadi della sua preparazione:
e infine ecco a voi il mio banjolele, quasi ultimato, nel laboratorio di Wim:
ovviamente cliccando sulle immagini potrete vederle in dimensioni maggiori.
Il mio banjolele
Ecco di seguito il mio banjolele belle e terminato! Si tratta di un Concert Size, con il pot alto circa otto centimetri e spesso quasi due. Niente male!!!!
per prima cosa esaminiamolo da vicino per vedere se tutto ciò di cui abbiamo parlato corrisponde alla realtà, in particolare diamo una occhiata all’hardware.
Tutto è robusto e funzionale, i complimenti a Wim sono d’obbligo, per quel che riguarda questa parte dello strumento, anche l’attaccacorde in alluminio è buono e molto robusto, ho però qualche piccola riserva di cui parlerò più tardi. Ho chiesto a Wim di montarmi delle meccaniche normali, invece che quelle a frizione, che mi piacciono poco, per questa ragione, credo, la paletta non ha il classico design van der Leden, ma questo, usato più raramente. Devo dire che a me piace più questa versione della paletta, ma è questione di gusti, naturalmente.
il manico è ben sagomato, riempie bene la mano rendendo facile e poco faticoso andare su e giù per la tastierala la quale è fatta davvero bene in un generoso pezzo di palissandro.
La pelle è una Remo Coated Ambassador, risonante e robustissima e le corde fornite sono Aquila.
Qualche critica: questo ukulele, come ho già detto, ha scala concerto, pur avendo le medesime dimensioni di quelli che Wim fabbrica in scala soprano, questo lo rende facile da suonare e molto maneggevole, di contro per avere una intonazione perfetta occorre portare il ponte molto vicino all’attaccacorde, costringendo le corde più esterne a disegnare un angolo molto accentuato sul ponte. Credo che in casi come questo l’attaccacordeo dovrebbe essere più largo oppure anche solo “svasato” lì dove si legano le corde, per rendere più dolce l’angolo sul ponte. Credo anche che sarebbe un’ottima idea inciderlo l’attaccacorde, con qualche motivo floreale, un logo, non so… La verniciatura sul manico è, a mio parere, eccessiva. Penso ne sia sufficiente molto meno, magari solo della gommalacca o addirittura nulla. Il foro di accesso al bullone, sul tacco del manico, a mio parere andrebbe nascosto con una placca di legno, magari recante il logo del costruttore.
Il suono di questo strumento, nelle mie mani, è davvero squisito, immagino cosa potrebbe diventare tra le mani di qualcuno davvero capace a suonare…il banjolele si imbraccia molto comodamente e saldamente senza l’ausilio di nessuna cinghia. Ho abbassato il ponte di molto, perchè a me piace l’action bassa e la tastiera non ha evidenziato nessun problema rilevante, segno che i tasti sono stati posizionati con molta cura.
Che dire ancora di questo strumento? che potrebbe costare tranquillamente il doppio e che molti lo comprerebbero senza battere ciglio? Dico solo che mi piace molto, che mi durerà per sempre e che, accidenti, l’ho pagato davvero poco. Grazie Wim!