Arturia Beatstep
Ovviamente tutti sapete cos’è uno Step Sequencer, cari i miei 7 lettori e sapete anche che per portarsene a casa uno occorrono generalmente diverse centinaia di euro, tutti giustificati da un bel po’ di fattori quali la progettazione, la circuiteria quasi sempre analogica, i componenti di altissimo livello e così via. Il normale musicista senza grilli per la testa che ha però bisogno di un semplice Step Sequencer, si trova così a dover cercare alternative che gli consentano di risparmiare qualche soldo, alternative che scarseggiano perchè, diciamocelo, non è che ci sia sul mercato questa grande offerta di hardware di questo tipo essendocene già una sterminata e anche molto sofisticata in campo software, di conseguenza per avere tra le mani l’oggetto fisico è quasi sempre necessario munirsi di salvadanaio e del tempo necessario per riempirlo.
Poi è arrivato l’Arturia Beatstep, venduto a meno di cento euro, e le cose si sono fatte interessanti…
Il Beatstep riprende le linee di SparkLE, una delle drum machine di Arturia, con la quale si coordina bene a livello estetico, ed è una macchina potentissima, al di là dell’aspetto semplice e minimalista, come vedremo più avanti.
Lo strumento arriva in una scatola che contiene anche un cavo USB, un adattatore MIDI e un foglio con le informazioni per la registrazione del prodotto e qualche istruzione Quick Start, tutto il resto bisogna scaricarlo dal sito Arturia e cioè il manuale vero e proprio più il software utile per la configurazione, funzionante a partire da Windows 7 o MacOS 10.7 (anche se sarebbe stato meglio prevedere una compatibilità con sistemi più vecchi e comunque molto popolari). Come sapete benissimo io non sono un grande esperto di strumenti elettronici perdipiù avverso quella terminologia di settore piena di sigle astruse che piace tanto ai recensori standard, perchè li fa sentire “addetti ai lavori” (AAL), anche se questo è contro i principi base della divulgazione, quindi vi spiegherò in parole più che semplici quello che può fare questo bellissimo strumento, o almeno vi riferirò quello che ho capito.
L’Arturia Beatstep non è solo uno Step Sequencer, ma anche un potente controller MIDI (quello che gli AAL amano definire “superficie di controllo”) serve cioè a pilotare apparecchi midi o software di vario tipo e questo tramite la porta USB e/o quella MIDI OUT, situate sul suo lato sinistro. Vicino a queste due porte ce ne sono altre due denominate GATE OUT e CV OUT che a prima vista potrebbero risultarvi indifferenti ma che invece sono quelle che vi permetteranno di suonare i sintetizzatori muniti di GATE IN e CV IN cioè quelli degli anni ’60 e ’70 e anche molti di quelli contemporanei dotati di queste entrate. Riuscite a capire che con questo strumentino avete una serie infinita di possibilità?
Per una configurazione fine della macchina il software dedicato è indispensabile, ma in modalità standalone è già possibile fare moltissimo, soprattutto per quello che riguarda lo Step Sequencer e dunque con l’ausilio del tasto shift usato in congiunzione con i pad si può scegliere tra ben sette scale musicali all’interno del quale operare (c’è anche un’ottava scala personalizzabile via software), decidere in che modo la sequenza impostata deve essere suonata e determinare la grandezza/durata della nota. Inoltre, tramite una combinazione di tasti, si può facilmente variare la lunghezza della misura. La combinazione di tasto chan e pad consente di selezionare al volo il canale MIDI di trasmissione mentre i pulsanti recall e store, permettono di gestire le memorie disponibili, che sono 16 per ognuna della due modalità. Il tasto ext/sync serve per usare l’apparecchio come slave e cioè per comandarlo da un segnale esterno (tastiera, sequencer) e non più tramite i tasti play/pausa e stop, con i quali invece si avvia e ferma, normalmente la serie di note suonate. Con il tasto cntrl/seq si può selezionare le modalità operative del Beatstep.
Preparare una sequenza è semplicissimo, basta selezionare o deselezionare le note tramite i pad e determinarne l’altezza per mezzo dei controlli rotativi, lo si può fare sia al volo, mentre la sequenza sta girando oppure da fermo e in questo caso quando si gira un potenziometro viene prodotto anche il suono della nota in evidenza. Tramite il controllo rotativo più grande si può intervenire sul volume e sulla velocità della frase musicale. Facile, no? il software permette di settare qualche parametro addizionale in più e di comporre la sequenza direttamente sul pentagramma.
In modalità controller il Beatstep mette a disposizione i 16 pad e i 16 potenziometri per l’uso che il musicista ritiene più opportuno, la configurazione è possibile effettuarla solo tramite il software dedicato mentre in modalità standalone lo strumento tramette il messaggio di note on per mezzo dei pad (16 note di scala cromatica) mentre con i 16 potenziometri si inviano comandi di control change (tutta roba MIDI) prestabiliti di vario tipo.
Le mie impressioni sul campo sono entusiastiche, lasciatemelo dire e pensate che sono limitate all’uso live con i synth, trascurando tutta la parte utile al controllo di DAW e altri software molto in voga negli studi di registrazione moderni. La facilità d’uso è sconcertante e consente di presagire molte ore di puro divertimento. Io ho collegato direttamente il Beatstep a una porta MIDI IN del mio hub MIDI provando a vedere che cosa veniva fuori e quello che è venuto fuori è stato fantastico. Il sequencer fa esattamente tutto quello che promette e ogni funzione descritta sopra opera in modo perfetto. Ho anche scoperto che, tramite i pulsanti play e stop posso controllare e sincronizzare i sequencer interni dei synth in mio possesso e, pur non sapendo se può far lo stesso anche con altri strumenti, vi lascio immaginare le potenzialità di questa caratteristica. La parte controller praticamente mi mette a disposizione una tastiera aggiuntiva a 16 tasti, per mezzo dei pad sensibili al tocco, e l’accesso a diversi parametri MIDI dei synth tramite i controlli rotativi. Però stiamo parlando di MIDI, capite, è tutto può diventare una gradevole sorpresa, quando non è una sgradevole sorpresa, io ho per esempio collegato una drum machine del 1986, la BOSS DR-550, tramite cavo MIDI e quando l’ho accesa potevo suonarla tramite i pad del Beatstep, che sono più grandi, robusti e numerosi di quelli della DR-550 e potevo spaziare tra i suoni tramite i potenziometri. Tutto, on the fly, senza andare a sfruculiare tra i parametri della batteria elettronica questo mi ha permesso di impostare sequenza ritmiche direttamente dal Beatstep, con suoni eccellenti e la possibilità di sincronizzarle con le sequenze dei synth. Non ho testato la capacità di controllare e sincronizzare i pattern contenuti nella drum machine, ma sono sicuro che andando a intervenire nei parametri midi della stessa la cosa sia fattibile.
Un ultima cosa: lasciando partire una sequenza e poi tornando in modalità control si hanno, operativi al 100%, i vari parametri impostati nei pad e nei potenziometri con i quali si può intervenire sulla musica che continua a girare imperterrita, per la gioia degli smanettoni più incalliti e dei vari live performer.
Ve l’ho già detto che sono entusiasta dell’Arturia Beatstep?