Amazing Journey
I can’t sleep and I lay and I think
The night is hot and black as ink
Woo Oh God I need a drink
Of cool cool rain
(Love, Reign o’er me)
Parliamoci chiaro: una canzone preferita, da qualche parte, c’è sempre.
Quando abbiamo di fronte artisti che ammiriamo per quello che sono realmente, per l’intera loro magnifica e immortale opera, ebbene, perfino allora c’è una canzone preferita, magari piccola, magari misconosciuta, magari incomprensibile a tutto il resto del mondo, magari inconsapevole e apparentemente trascurata. C’è. Inutile negarlo.
E’ un meccanismo sottile e perverso quello delle canzoni preferite che forse nasce dal nostro italico campanilismo, ereditato dai comuni, che ci impone di avere una squadra preferita alla quale perdonare tutto, un partito preferito del quale ignorare le malefatte, un conduttore televisivo preferito anche se passato di cottura, un attore preferito anche se di scuola canina, una religione preferita anche se palesemente ridicola e fasulla.

Marisa

Natalie
I miei preferiti li conoscete già perchè ve ne ho parlato in più di una occasione: per quanto riguarda il cinema al primo posto assoluto c’è Marisa Tomei pensate che ho deciso di ricomprare In The Bedroom anche se l’ho appena dato via e, credetemi sulla parola, se ho dato via un DVD con Marisa Tomei quel DVD essere qualcosa di veramente inguardabile. Parlando di lirica non posso fare a meno della voce di Natalie Dessay, anche se il suo nuovo corso attraverso i grandi classici drammatici, a mio parere, non le rende la giustizia che merita. Se l’avete vista ne La figlia del reggimento di Gaetano Donizetti sapete di che cosa sto parlando. Per il calcio tifo Inter da lontano e per la politica ho ideali piuttosto alti e inamovibili che tengo in profonda considerazione ogni volta che vado a votare, sperando naturalmente di non sbagliare.

Shania

Tanya
La musica è tutto un altro discorso e in genere il mio artista preferito è quello che sta suonando proprio ora, alla radio o su YouTube o sull’iPod o in televisione o per la strada, una canzone che mi piace. Inutile negare che ci sono i Beatles e gli Stones, loro sono tra i miei preferiti e cosa posso dire di Shania Twain se non che aspetto con ansia il prossimo disco? posso dimenticare Tanya Tucker? Zucchero? Bennato? Caputo? Guccini? sono tutti nel mio cuore e tutti hanno per me una canzone del cuore.

Francesco
Gli Who hanno inciso un bel po’ di cose memorabili ma io ne amo in particolare una piccolina, figlia di un primissimo tentativo abortito di scrivere un opera rock: I’m a boy. Non so perchè mi piace questo brano, di certo non ho mai avuto i problemi famigliari del protagonista, anche se a volte mia sorella tentava di fare esperimenti di make up su di me, probabilmente ho individuato nel testo qualcosa in cui identificarmi, il desiderio appartenente a ogni ragazzino di essere riconosciuto per quello che è o crede di essere, la voglia di andare oltre ciò che viene imposto dalle convenzioni, dalle tradizioni, dalle educazioni. Tagliarsi da soli per vedere il proprio sangue, insomma. E non trascurerei la musica, rabbiosamente dolce così come solo Pete Townshend poteva concepire.
Lo sapete che sono un fan sfegatato degli Who perchè vi ho già raccontato della prima torinese di Tommy alla quale mi recai, in mezzo a lucenti abiti da sera e stiratissimi smoking, indossando un giubbotto che aveva il loro nome scritto dietro, con le borchie e vi ho anche parlato di Quadrophenia, il film ispirato alla seconda vera opera rock che composero. Sapete già tutto e nonostante ciò siete arrivati a leggere fin qui, questo mi fa sinceramente sperare che anche voi siate fan degli Who perchè esserlo è bello, equivale a compiere una scelta artistica capace di superare il concetto di rock, pop, musica leggera, in favore di qualcosa di parecchio più alto, capace di comprendere tutto quanto. Non per niente una massa enorme di musicisti ha copiato i loro atteggiamenti, non avendo la capacità di copiare altro. Abbiamo avuto così tutta una serie di gente che bruciava chitarre, che le strofinava contro gli amplificatori, che cercava continui effetti Larsen, che mulinellava le braccia e completamente incapace di capire che gli Who erano molto di più. Gli Who sono stati i più autorevoli continuatori di quel che i Beatles avevano cominciato spingendosi in territori impossibili per i quattro di Liverpool e conducendo la musica a un livello superiore, quello della Pop Art e della Performing Art, aggredendo l’Opera Lirica con qualcosa che battezzarono Opera Rock. Immaginarono anche una diversa strumentazione, per la loro musica, spingendo Jim Marshall a inventare i suoi mitici amplificatori al fine di soddisfare le loro esigenze.
Amazing Journey è un documentario girato in quello stile che, ve l’ho già detto, non apprezzo molto, fatto di filmati d’epoca integrati da testimonianze recenti di vecchi protagonisti e da apprezzamenti e commenti da parte di musicisti contemporanei, però Amazing Journey è il classico esempio di come questo genere di documentario andrebbe assemblato, con gli inutili commenti ridotti al minimo, un grandissimo numero di immagini e filmati originali, una narrazione cronologicamente inappuntabile e il tentativo di affrontare anche ciò che di solito si tende a lasciar perdere: i litigi, le gelosie, i problemi.
Guardando questo film e confrontando gli Who con i loro contemporanei della fine dei ’60 si comprende subito quanto il discorso sulla performance artistica sia valido: i membri di altri gruppi, come i Jefferson Airplane per esempio, o i Santana, durante i concerti amavano guardarsi tra di loro, voltando a volte le spalle al pubblico, mentre i Who, al contrario, attaccavano gli spettatori frontalmente esibendo se stessi, i propri gesti e offrendo tutto come come un’unica forma d’arte perchè a chiunque fosse chiaro che gli Who erano anche musica, ma non solo. Altri, come Jimi Hendrix, cercavano di emulare i gesti, senza comprendere la citazione all’Opera Autodistruttiva di Gustav Metzger e Yoko Ono, senza avere la strafottenza da studente d’arte allievo di Malcom Cecil che aveva Pete Townshend e finendo per realizzarne solo una imitazione autistica, poco spontanea e fine a se stessa.
E se dal lato più genericamente culturale rappresentarono una grande novità nella musica pop/rock da quello strettamente musicale gli Who si proposero quasi immediatamente come la terza via tra Beatles e Stones, con i loro blues superaccelerati e pesanti degli esordi, con composizioni non ispirate alla musica afro-americana e con il loro desiderio di trovare una continuità narrativa tra le tracce di un Long Playing, cioè l’Opera Rock, cosa che ai due gruppi rivali non riuscì mai.
Nel film riviviamo la nascita di quella meravigliosa immagine dell’uomo uccello, impersonato da Townshend, che tanto colpì noi ragazzini di un tempo e la creazione della prima canzone degli Who, I can’t Explain, così beat e profonda da rendere difficile credere che sia davvero stata la prima e poi conosciamo finalmente i particolari del mitico litigio di Copenaghen, arricchiti da immagini tratte proprio da quel concerto, veniamo a conoscenza di varie versioni sull’origine della balbuzie in My Generation (balbuzie che ispirò quella dei Giganti in Mettete dei Fiori nei Vostri Cannoni) e poi scopriamo che tra i quattro componenti della band c’era una competizione forsennata, competizione non certo compositiva essendo Pete Townshend praticamente l’unico autore, ma quasi di spazi, di visibilità, di (ancora) performance. Sarà vero?
Il documentario affronta a viso aperto la morte di Keith Moon, quella di John Entwistle, e l’orribile tragedia di Cincinnati dove persero la vita 11 fan del gruppo, l’incontro-scontro con il punk, lo scioglimento e le riunioni. Il tutto con lucide e oneste testimonianze, quasi delle confessioni, dei due membri della band ancora in vita, Pete Townshend e Roger Daltrey.
Amazing Journey è qualcosa che va assolutamente visto, se si è appassionati di un certo tipo di musica appartenente a un determinato periodo storico, se poi si è anche fan degli Who allora l’acquisto del DVD è obbligatorio, in versione doppio disco, naturalmente, per via di contenuti speciali davvero strabilianti.
Da parte mia, cari i miei 7 lettori, non lo so se gli Who sono il mio gruppo preferito di sempre, lo sapete che per me, avendo tante cose per la testa, è difficile capirlo, ma se non lo sono ci vanno proprio vicinissimi.