Altamont
Quelli della mia generazione sono cresciuti con la convinzione che gli anni ’60 siano terminati il 6 dicembre 1969, giorno dell’Altamont Speedway Free Festival, dei Rolling Stones, tenuto nell’autodromo di Altamont. Il festival doveva essere una celebrazione del decennio della pace e dell’amore, un altro Woodstock, e invece si concluse in tragedia, con diverse persone morte. Una de queste persone fu accoltellata e picchiata selvaggiamente dagli Hells Angels.
Gli anni ’60, è bene ricordarlo per i più giovani, culturalmente non finirono affatto nel dicembre del ’69, durarono almeno fino al ’73-’74, e qui da noi quasi fino alla stagione del ’77, gruppi come i Genesis, gli Yes, i Gong, i Gentle Giant, per non parlare dei Grateful Dead e degli stessi Stones, erano espressione degli anni ’60, o dirette emanazioni, figli legittimi, riconosciuti e determinati a portarne avanti quella che certo non si poteva chiamare l’eredità essendone ancora parte attiva, anche se forse un po’ degenerata. Noi stessi eravamo emanazione degli anni ’60, con i nostri capelli lunghi, le frange, gli anelli e tutto il resto; ai concerti si andava per l’estasi della musica esattamente come i nostri fratelli maggiori avevano fatto anni prima: facevamo parte della stessa generazione, della stessa cultura, almeno finchè punk e lotte sociali non fermarono bruscamente ogni cosa e ci scaraventarono negli anni ’70 che iniziavano praticamente nella seconda parte della loro decade.
La colpa dell’inferno che si scatenò ad Altamont fu data per intero agli Hells Angels, senza alcuna mediazione, senza alcun ripensamento. I media ce li descrissero come barbari selvaggi e senza pietà e noi, poveri ragazzini figli degli anni ’60, proprio così cominciammo a immaginarli: spietati vichinghi senza alcuna umanità, conquistatori erranti simboleggianti il male assoluto, esseri orribili da evitare accuratamente a meno di non essere, stupidamente, a caccia di guai. Uno dei punti fermi, della nostra crescita culturale e della nostra educazione fu, quindi, che la colpa di Altamont era esclusivamente degli Hells Angels. Così ci dissero e noi ci credemmo. Perchè non avremmo dovuto farlo? perchè avrebbero dovuto raccontarci delle storie? Certo, eravamo ragazzi intelligenti e sapevamo benissimo che il tuo nemico può sventolarti davanti uno specchieto per le allodole e dirti che è quello specchietto il tuo vero nemico, in modo che tu, prendendotela con lo specchietto, non ti accorgi di tutto quello che lui fa alle tue spalle, ma non poteva essere questo il caso: in fondo si trattava solo di rock’n’roll e non ne valeva la pena. Sapevamo bene che Marty Balin, sceso dal palco per difendere un ragazzo, le aveva prese anche lui, avevamo letto che Keith Richards aveva gridato “Fottuti Hells Angels!”. Di quali ulteriori prove avevamo bisogno? Per quel che ci riguardava ogni responsabilità era da attribuire agli Hells Angels.
Approfondendo la conoscenza con il fenomeno Grateful Dead ho però scoperto che gli Hells Angels facevano spesso il servizio d’ordine ai loro concerti e i loro concerti erano la perfetta rappresentazione della cultura hippie: pace, amore, fantasia, LSD, danze, nudisti, cannabis, Hells Angels e nessuno che si faceva male, o che litigava. Un paradiso. Per i Deadheads1 gli Hells Angels erano “fratelli” e come potevano i fratelli dei Deadheads, mi chiedevo io, essere capaci di scatenare l’inferno ad Altamont? perchè gli Hells Angels che andarono ad Altamont erano gli stessi che seguivano i Grateful Dead, furono anzi gli stessi Deads a suggerire di ingaggiarli per fare il servizio d’ordine. La paga pattuita fu di 500 dollari in birra!
Io credo che il concerto di Altamont spiazzò tutti e nessuno, nell’analizzare quello che successe, utilizzò il buon senso: ci si scatenò anzi nella demagogia, nel sensazionalismo e nel pressapochismo, basti dire che gli Hells Angels furono definiti una gang e un associazione criminale mentre si trattava di un normale club di motociclisti. Qualche settimana dopo l’accaduto tutto era già leggenda e così nessuno ebbe più la voglia di rifletterci su, le leggende non si discutono, si tramandano e basta. Io vorrei dare una chiave di lettura appena un po’ differente di questi fatti accaduti nel lontano ’69, non pretendo certo che sia la chiave di lettura definitiva, probabilmente si tratta di una interpretazione completamente sbagliata ma è comunque un modo di non accettare passivamente il giudizio dei media, perfino quando il giudizio è istituzionalizzato come nel nostro caso, ma di provare a usare il proprio cervello per giudicare cose e fatti. Intendiamoci bene, Meredith Hunter fu ucciso da una scarica di calci e pugni da parte di alcuni Hells Angels e da cinque coltellate alla schiena infertegli da uno di loro, un certo Alan Passaro. Su questo non ci piove nè si può discutere. Ma vediamo come si arrivò a questo.
Gli Hells Angels avevano alcune affinità con gli hippies, ma non erano hippies, erano persone appassionate di motociclette e che per questo si vestivano di pelle. Amavano la birra quasi quanto scorrazzare in giro con le loro Harley-Davidson. Non era gente timida e riservata e non erano seguaci del movimento non-violento, esattamente come la maggior parte degli esseri umani e dei giornalisti che mentre appoggiavano la guerra in Vietnam si permettevano di dare giudizi morali su ragazzi che volevano solo andare in giro in motocicletta. Gli Hells Angels erano un famosissimo club di bikers nato in California e con sedi in ogni parte del mondo, anche in Italia, un club che negli anni ha avuto tra le sue fila moltissima brava gente e qualche delinquente che ha compiuto qualche crimine, esattamente come ogni altra organizzazione-partito-associazione esistente al mondo, e noi italiani sappiamo bene come i malviventi siano capaci di nascondersi perfino nelle fondazioni benefiche. Grazie al meticoloso lavoro di Media irresponsabili, superficiali e ignoranti sono stati spesso identificati come un cartello di malavitosi. Negli anni il loro motto è diventato: “Quando facciamo qualcosa di buono nessuno se lo ricorda, quando facciamo qualcosa di sbagliato nessuno se lo dimentica”.
I fan dei Rolling Stones non erano i fan dei Grateful Deads e neppure degli altri gruppi della West Coast, il movimento hippie predicava l’eguaglianza tra le persone (lo so, qui ci sarebbe da discutere a lungo) e anche i musicisti californiani che a causa del loro mestiere potevano facilmente diventare degli idoli, erano piuttosto riservati quando salivano sul palco: loro non facevano spettacolo, facevano musica. Perfino Janis Joplin, che apparentemente era differente in realtà non faceva differenza: lei era esattamente come gli hippie per cui cantava, si agitava in una trance musical-emotiva e fremeva al suono delle vibrazioni che lei stessa regalava al pubblico, facendosi trasportare in qualche universo parallelo dal quale spesso faceva molta fatica a rientrare. I fan dei Rollin Stones erano stregati, ammaliati e scombussolati dai ritmi viscerali e sensuali del loro gruppo preferito, schiavi dell’immagine del loro cantante che, ballando e agitandosi sul palco accentrava sulla sua figura tutta l’attenzione di occhi e telecamere, ergendosi a simbolo e punto di arrivo di ogni pensiero o desiderio. Un Deadhead era contento e appagato di potersi muovere e vorticare al suono della chitarra di Jerry Garcia, mentre un fan dei Rolling Stones voleva andare più vicino possibile a Mick Jagger, e se possibile salire sul palco per abbracciarlo, baciarlo, portarsi via una ciocca di capelli e magari anche un orecchio.
Gli Hells Angels si accorsero dell’errore appena arrivati ad Altamont. C’erano 300000 pazzi scatenati che aspettavano gli Stones, imbottiti di alcool e di qualunque sostanza allucinogena esistente al mondo, il palco era ridicolmente basso e senza alcuna protezione, al punto che anche un bambino avrebbe potuto facilmente salirci sopra e non esisteva alcuna zona di sicurezza tra i 300000 fan e gli Stones. Una organizzazione dissennata: come si poteva pensare di creare una situazione simile senza che nulla succedesse? Gli Hells Angels decisero di fare quello per cui erano stati ingaggiati: si misero sul palco per impedire agli esagitati di salirci su e tentarono di creare una zona di sicurezza occupando lo spazio davanti alla struttura con le loro moto. Forse a causa della droga e forse anche a causa del dannato palcoscenico troppo basso che non permetteva ai più lontani di vedere decentemente gli artisti, gli spettatori non rispettarono i ripetuti inviti a stare indietro e continuarono a riversarsi in avanti, mettendo potenzialmente in pericolo i musicisti e danneggiando le motociclette degli Angels motociclette che, non lo dimentichiamo, oltre ad avere per loro un alto valore affettivo, avevano anche un elevato valore economico e questo, in alcuni di loro, provocò un aumento del nervosismo. Nonostante questo i filmati di Gimme Shelter mostrano chiaramente che gli Angels cercarono di fare davvero il servizio d’ordine e di proteggere fisicamente gli Stones da 300000 fan drogati che, altrimenti, li avrebbero fatti a pezzi. Esattamente come fanno quasi tutti i servizi d’ordine al mondo (ci siamo dimenticati di Genova?) gli Angels ci misero una violenza eccessiva, almeno alcuni di loro, non accontentandosi di tenere a bada i facinorosi ma mettendoci qualche calcio e pugno di troppo, forse a causa dei danni causati alle loro moto o forse semplicemente perchè una folla spaventata la si può tenere più facilmente a bada di una folla felice, fiduciosa e spensierata.
L’organizzazione del concerto fu la causa di tutto quello che successe, una organizzazione frettolosa e superficiale e, nonostante le apparenze, neppure abbastanza competente da capire chi erano i Rolling Stones e che tipo di reazione potevano causare nella gente. Questa è la verità. La colpa di tutto non fu degli Hells Angels che furono trascinati lì e che si aspettavano di trascorrere una divertente giornata come ai concerti dei Deads, la responsabilità fu degli organizzatori, loro sarebbero dovuti andare sotto processo.
Meredith Hunter tirò fuori una pistola e gli Angels riuscirono a neutralizzarlo quasi all’istante, in Gimme Shelter è chiaramente visibile un Angels che cerca di fermare un Alan Passaro armato di coltello e decisamente fuori di sè dalla rabbia. Alan Passaro fu assolto perchè, disse il giudice, si trattava di legittima difesa, io credo che infliggere cinque coltellate a una persona ormai disarmata sia un eccesso di legittima difesa, considerando anche che, come ho detto, qualcuno lo stava addirittura trattenendo! Un eccesso di legittima difesa qui da noi può portare, nei casi più gravi a 15/20 anni di detenzione, lì negli Stati Uniti significò la libertà per Alan Passaro. Una sentenza scandalosa forse dovuta al fatto che il morto era di pelle nera e che aveva una ragazza bianca. Ma non dobbiamo neppure dimenticare che Meredith Hunter era sotto l’effetto di allucinogeni, che estrasse una pistola e che, secondo i testimoni, voleva sparare a qualcuno degli Stones. Se non fosse stato fermato dagli Angels forse ora saremmo qui a commemorare la morte prematura di Mick Jagger o Keith Richards.
Ad Altamont gli Angels si trovarono di fronte una situazione spaventosa e cercarono in qualche modo di porvi rimedio. Loro non erano poliziotti, non erano addestrati a fare gli agenti antisommossa e quindi si arrangiarono facendo molte cose buone delle quali nessuno si ricorda e alcune davvero brutte che nessuno dimentica, come il loro motto recita, gli fu addossata la colpa di tutto, ma forse senza di loro Altamont si poteva trasformare in una vera e propria ecatombe.
Io sono convinto che bisogna sempre cercare di vedere le cose per come sono veramente e non farsi influenzare troppo dalle opinioni altrui che a loro volta possono essere influenzate da molte altre cose, tra le quali il denaro. Il lavoro fatto dai cronisti di Altamont merita lo stesso giudizio espresso per gli organizzatori: fu incosciente e superficiale. Forse questi cronisti non erano abbastanza preparati e indipendenti per riuscire a capire e raccontare quel che successe allora e forse i cronisti attuali sono ancora meno preparati e indipendenti per capire quale è la loro missione e che cosa sia la verità.
Questo non è un giudizio definitivo e neppure autorevole, su un episodio che mi accompagna, come mito, fin dall’infanzia, si tratta di una semplice riflessione, di un differente angolo di vista, di un esercizio o di quello che volete, tanto la storia ha trovato i colpevoli, nessuno è finito in galera e i morti non torneranno a spiegarci quale è la verità. E neppure i vivi, se è per questo.
God Bless You (and forgive all of us…)
- i fan dei Grateful Dead [↩]